venerdì 12 maggio 2023

Gli alberi e la foresta

È sicuramente vero che fa più rumore un albero che cade rispetto a una foresta che cresce, ma è altrettanto incontestabile che di quell’albero, alla lunga, non si ricorderà più nessuno, mentre la foresta, a meno di interventi umani vandalici, continuerà a vivere per lunghissimi periodi. E questo è esattamente quello che sembra stia succedendo nel PD dopo le primarie che hanno consegnato a Elly Schlein la segreteria del partito. Gli alberi che cadono sono i dirigenti che se ne sono andati perché non accettano la spinta verso sinistra promessa e impressa dalla Schlein. La crescita della foresta è costituita sia dalle migliaia di nuovi tesserati, sia dai sondaggi – per quello che possono valere – che hanno visto la nuova segretaria prendere il partito al 15 per cento di gennaio e portarlo fino al 21 per cento l’8 maggio, prima di una leggera flessione dello 0,3. Quindi il PD perde parlamentari, ma contemporaneamente cresce nei sondaggi.

A ben pensarci tutto questo è coerente con il fatto che proprio le primarie hanno sottolineato come ci siano pochi contatti tra i dirigenti del PD e i simpatizzanti del medesimo partito. La netta vittoria di Elly Schlein ai gazebo, infatti, ha ribaltato la netta vittoria di Stefano Bonaccini nei circoli degli iscritti, sottolineando che i votanti si aspettano dal PD cose molto diverse da quelle realizzate dai dirigenti negli ultimi anni, o, forse, decenni. Da questo è derivato quasi naturalmente il riavvicinamento alle tessere e l’aumento delle intenzioni di voto andando a recuperare consensi tra i 5stelle, quelli di sinistra e soprattutto tra coloro che ormai non andavano alle urne perché sulle schede non trovavano più un partito che potesse dare garanzie di volere solidarietà sociale, giustizia, determinazione in difesa della democrazia molto prima di dedicarsi alla cura delle alchimie elettorali interne ed esterne. Un’immagine emblematica di questa tendenza è quella dell’operaio che dona alla segretaria una tuta blu a sottolineare che finalmente la vecchia classe operaia, e in genere la sterminata categoria di poveri e nuovi poveri, spera di essere di nuovo rappresentata nelle proprie necessità e speranze anche a livello politico.

Le uscite, ovviamente fanno più rumore. Beppe Fioroni, ex Margherita ed ex ministro in un governo Prodi, è il primo ad andarsene per fondare nuovo soggetto politico cattolico denominato Piattaforma Popolare - Tempi nuovi. Lo segue il senatore Andrea Marcucci, capogruppo del PD al Senato, quando alla segreteria del partito c’è Renzi; a sorpresa non lo segue in Italia Viva, ma adesso mette riparo a un equivoco evidente. Sempre di origini democristiane è Enrico Borghi che definisce il Pd della Schlein «troppo estremista» e se ne va da Renzi, portando però con sé anche il seggio al Copasir che resta senza alcun rappresentante del PD. Più netto il salto di Caterina Chinnici, figlia del magistrato Rocco, ucciso dalla mafia, che va a militare in un partito (Forza Italia) che ha al suo interno illustri condannati per concorso esterno in associazione mafiosa.

Un capitolo a parte lo merita il quinto dimissionario: Carlo Cottarelli, liberale dichiarato, ma anche, sul piano della solidarietà sociale, del fisco, della giustizia, e delle regole democratiche, lontanissimo dall’attuale destra. Lui non cambia casacca, ma, in maniera eticamente ineccepibile, se ne va dal Parlamento e lascia il suo posto alla prima dei non eletti, Cristina Tajani che considera la Schlein coerente con il mandato ricevuto dalle primarie.

Ci sono poi quelli che, pur della parte sconfitta alle primarie, sono rimasti nel partito e il cui comportamento influirà in maniera determinante sul futuro del centrosinistra. Se gli insoddisfatti parteciperanno al cambiamento, il PD potrebbe finalmente mostrare una faccia riconoscibile e non camuffabile per ogni apparente necessità elettorale. Se, invece, se ne andranno, il mascheramento politico comunque non avrebbe seguito e la missione del partito cesserebbe di essere quella di cercare alleanze a tutti i costi, e diventerebbe quella che gli elettori delle primarie hanno chiesto con forza: lottare contro le disuguaglianze per inseguire il bene di tutti, difendendo sanità, istruzione pubblica ed equità fiscale, facendo, come già altre volte ho detto, opposizione in Parlamento, e resistenza, come espressione del dissenso, nella vita di ogni giorno. Impegnando, cioè, com’era una volta, sia i parlamentari, sia la gente comune, cioè noi stessi.

E, come primo impegno, ci sarebbe proprio quello di difendere la Costituzione che è evidentemente sotto assedio da parte di una destra che ne vuole cancellare quell’antifascismo che è la sua forza vitale necessaria e inalienabile. Qualcuno ha il dubbio che l’attacco alla Costituzione non ci sia? Gli esempi che lo attestano sono tanti, ma voglio farvene uno solo, tra l’altro tra quelli che hanno attirato minori attenzioni: alla notizia che la Corte dei Conti ha cominciato a esaminare molte procedure del PNRR, il ministro Fitto si è scandalizzato e ha affermato, nell’assordante silenzio della Meloni e dei suoi colleghi ministri, che l’intervento della suprema magistratura economica, che ha funzioni di controllo e vigilanza su entrate e spese pubbliche all'interno del bilancio dello Stato è «un’invasione di campo».

Capito? Non disturbate il manovratore, come se questo avesse tutti i diritti e nessun dovere nei confronti delle leggi per servire le quali, fino a quando sono in vigore, è stato eletto. Ma a questo punto si rischia che anche le leggi fastidiose possano essere cambiate, pur contraddicendo spirito e lettera costituzionali.  

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2 commenti:

  1. Abituato a FB, non avevo capito che bisogna firmare: sono Ugo Poli di Trieste

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  2. Gianpaolo Carbonetto29 maggio 2023 alle ore 05:49

    Probabilmente hai ragione sui delusi di sinistra, ma credo che non si debbe lasciare intentato nulla perché in molti casi l'indignazione può risvegliare dal sonno.

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