È certo che il
segretario della Conferenza Episcopale Italiana, Nunzio Galantino,
sull’esempio di Papa Francesco, non usa giri di parole quando si trova
ad affrontare temi che hanno a che fare con la dottrina sociale della
Chiesa. Dopo l’intemerata contro Salvini e Grillo che ancora una volta
si erano scagliati violentemente contro i profughi e che sono stati da
lui definiti «piazzisti da quattro soldi che, pur di raccattare qualche
voto, dicono cose straordinariamente insulse» e dopo aver sottolineato
che «è il governo che è completamente assente sul tema
dell’immigrazione», ha deciso di concludere - almeno per il momento - la
polemica non partecipando a Pieve Tesino a un incontro su Alcide De
Gasperi, ma mandando comunque il testo della sua lectio magistralis
nella quale si legge che, a differenza dei tempi del politico trentino,
oggi la politica è «un puzzle di ambizioni personali all’interno di un
piccolo harem di cooptati e di furbi» e che «i populismi sono un crimine
di lesa maestà di pochi capi spregiudicati nei confronti di un popolo
che freme e che chiede di essere portato a comprendere meglio la
complessità dei passaggi della storia».
Alcune reazioni sono scontate:
Salvini usa il consueto turpiloquio per attaccare chi lo critica; i
grillini tentano di negare che monsignor Galantino intendesse riferirsi
anche a Grillo che pure era stato estremamente esplicito nel suo blog;
quelli di Forza Italia sono un po’ smarriti davanti a prelati che
criticano i politici, mentre fino a non molto tempo fa tanti prelati
erano ossequienti, mentre monsignor Fisichella, davanti a una bestemmia
di Berlusconi, nel tentativo di non fargli perdere voti cattolici,
diceva che, evidentemente soltanto per lui, la bestemmia andava
“contestualizzata”; gli alfaniani guardano con sommo disinteresse il
problema dei migranti, ma fanno finta di indignarsi a essere definiti
“cooptati”.
Da valutare con attenzione sono,
invece, le reazioni degli esponenti del PD obbligati a esporsi in prima
persona per consentire al cattolico Renzi di mantenersi defilato in una
questione che, con la Chiesa in campo, può diventare spinosa. Dal punto
di vista dei voti che si rischia di perdere, ovviamente, visto che la
politica non si occupa più di valori e men che meno di ideologie, ma
quasi esclusivamente di campagne elettorali. Ebbene, questi i portavoce
del segretario del PD non fanno una piega e, anzi, annuiscono sorridendo
quando le accuse sono indirizzate a Salvini e a Grillo. Però quando le
critiche si rivolgono al governo l’atteggiamento cambia e dal
vicesegretario Serracchiani, per esempio, viene detto che le parole di
Galantino sono «ingenerose». E già questa parola la dice lunga sulla
difficoltà di barcamenarsi tra la necessità di difendersi e quella di
non negare una verità troppo evidente. Infatti è vero che il PD non può
usare l’aggettivo «false», ma è anche vero che non si capisce il
significato di «ingenerose»: forse si intende dire che Galantino ha
ragione, ma che avrebbe potuto fare finta di niente per, diciamo così,
“vicinanza politica”?
Molto più interessanti, però, sono
le parole dette da Graziano Delrio, altro cattolico fortemente a
disagio, dopo la lectio magistralis. Abbastanza scontato è il fatto che
il ministro dichiari che bisogna stare «attenti alle analisi sulla
politica animate dalla nostalgia dei tempi andati. La politica è fatta
di ricambi. E questo è stato il tempo del ricambio e del cambiamento».
Sulla qualità dei ricambi e dei cambiamenti, ovviamente, nemmeno una
parola.
Più spericolate sono le affermazioni
con le quali sostiene che Galantino alimenta l’antipolitica e che non
si può dire che tutti i politici sono uguali. È possibile che a Delrio
non venga in mente che l’antipolitica è creata proprio da coloro che mal
si comportano nelle stanze in cui si decide e non da coloro che li
criticano? Ed è possibile che non si accorga che ormai è diventato ben
difficile distinguere tra i protagonisti della politica se tutti fanno
praticamente le medesime cose, magari stringendo patti tra loro pur di
riuscire ad arrivare dove vogliono? E che la scelta degli elettori – di
quelli che continuano ad andare a votare – non è più tra “bene” e
“male”, ma soltanto quella del “male minore”.
Il fatto è che le affermazioni di
monsignor Galantino sono, in realtà, domande alle quali è difficilissimo
rispondere in maniera credibile. Come si fa a dirsi cristiani se non si
pratica la solidarietà e se tutto viene asservito alla logica del
guadagno e della comodità? Come si fa a dirsi democratici se il demos
non ha più nemmeno il diritto di eleggere direttamente i propri
rappresentanti e se la cosa più importante diventa la governabilità che,
per la sua stessa natura, aborrisce il dibattito e il confronto di
idee? Come si fa a dirsi di sinistra quando si firmano e si accettano – e
non soltanto in tema di lavoro - riforme praticamente uguali a quelle
che erano state proposte dalla destra?
Sono domande che richiedono risposte
che, se fossero date sinceramente dai fedeli e dai laici, cambierebbero
profondamente il panorama sociale e politico di questo nostro Paese.
Tutti gli “Eppure…” li puoi trovare anche all’indirizzo http://g-carbonetto.blogspot.it/
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