Ma quando la finiremo di sentire
Renzi dire cavolate restando zitti e lasciando che finisca di
distruggere quel poco che resta della sinistra nel nostro Paese. E
quando il PD la finirà di permettere di farsi cambiare i connotati (a
meno che la mutazione non sia già avvenuta) da una persona per la quale
l’unico apparente valore è quello di una velocità che permetta di dire
«Ho fatto in poco tempo quello che altri non sono riusciti a fare in
tanti anni?».
Ma quando qualcuno gli risponderà
che lui non sta facendo in poco tempo cose che altri non sono riusciti a
fare in tanti anni perché, in realtà, sta facendo tutt’altro? Sul
superamento del bicameralismo perfetto, per esempio, tutti a sinistra
sono d’accordo, ma pur con compiti diversi, due camere sono considerate
essenziali per un ruolo di garanzia in tutte le maggiori democrazie del
mondo. Cancellarne una soltanto per risparmiare teoricamente un po’ più
di trecento stipendi non è soltanto populismo: è pericolosa propaganda.
E Renzi è lo stesso che, aprendo la
campagna elettorale per Chiamparino a Torino dice: «Circondatevi di
persone che vi sappiano dire di no», evidentemente per la soddisfazione
di dire poi: «Non siete d’accordo con noi? Beh, state sereni e fatevene
una ragione perché noi andiamo avanti lo stesso, senza cambiare nulla».
E, quando dice: «Nei prossimi mesi non perdiamo tempo a litigare tra
noi: c’è tanto da fare, dobbiamo andare pancia a terra per cambiare
l’Italia», in pratica invita a lasciar perdere ogni ipotesi diversa
dalla sua.
Ma la frase che più colpisce è
quella pronunciata rispondendo alla considerazione di Gianni Cuperlo che
ha affermato che «Le norme della destra non diventano giuste se a
proporle siamo noi». Renzi ha risposto: «La sinistra che non cambia
diventa destra». Non è sempre vero perché la sinistra potrebbe e può
cambiare anche e soprattutto facendo cose di sinistra. È per la
delusione di aver visto che la sinistra non faceva più cose di sinistra
che milioni di cittadini che la votavano hanno deciso di provare altre
deludenti esperienze elettorali, o addirittura di non andare più a
votare.
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