Che
Renzi non sia il mio ideale di uomo politico credo non sia un mistero
e, ogniqualvolta ragiono su una sua azione politica, temo sempre di
essere prevenuto nei suoi confronti. Ma non credo ci possano essere
dubbi sul commentare il suo comportamento nella vicenda del fallimento
delle iniziative parlamentari per assicurare le cosiddette “quote rosa”:
ha dimostrato una mentalità da satrapo che è molto lontana da quella di
un leader di un Paese democratico.
Non
mi riferisco al pur vituperabile accordo con quel Berlusconi che è
stato il suo primo e determinante interlocutore nel disegnare la
proposta di legge elettorale. E non parlo neppure soltanto della
drammatica considerazione che abbia dato importanza a un pregiudicato
togliendo importanza alle istituzioni e alla magistratura.
Sono
entrambe azioni inqualificabili, ma il comportamento che considero
peggiore di tutti è quello che ha tenuto parlando con deputati del PD
per sollecitarli ad approvare una legge che per moltissimi è indigesta e
che per molti costituzionalisti è incostituzionale. Nel corso
dell'assemblea del gruppo, Renzi ha assicurato che sulle quote rosa per
il Pd la parità di genere è già, di fatto, una pratica. In parole
povere, ha sostenuto che i parlamentari PD possono votare
tranquillamente una legge che non prevede la parità di genere – tra
l’altro prescritta dalla Costituzione – perché tanto loro ce l’hanno
già.
Forse
sono legato a stereotipi antichi, ma ho sempre ritenuto – e continuo a
ritenere – che uno statista debba cercare il bene di tutti e non
soltanto di coloro che già ne godono. Insomma, in soldoni, il suo
compito sarebbe di battersi anche per il bene delle donne del partito di
Berlusconi che avversa fortemente questa riforma; invece le lascia
affogare nelle loro sabbie mobili pur di non mettere in dubbio l’accordo
sottoscritto con l’uomo di Arcore.
Poi
dice anche che sulla legge elettorale «non c'è da mantenere un patto
con Berlusconi, ma un impegno che come partito abbiamo preso profondo,
netto, chiaro». Sembra vero, ma in realtà quell’impegno è stato preso
proprio sull’accordo con il capo di Forza Italia impedendo, in sede di
consiglio nazionale, qualsiasi variazione su soglie di sbarramento,
preferenze e quote rosa perché l’impegno con Berlusconi non si poteva
toccare. Vedete un po’ se questo può essere considerato un impegno di
partito, o se non assomiglia a un ricatto.
Renzi
ha anche ammonito, in maniera satrapesca, i deputati del PD dicendo:
«Chi farà mancare il proprio voto oggi poi lo vada a spiegare fuori».
Noi, fuori, stiamo aspettando che sia lui a spiegare in maniera
credibile i suoi comportamenti in questo frangente.
E
ci piacerebbe anche che spiegasse cosa intende quando afferma che non
pensa ai sindacati, ma alle famiglie: forse ritiene che per far restare
il lavoro e i diritti fuori dalla vita di una persona – e quindi della
sua famiglia – basti inserire in busta paga qualche decina di euro in
più?
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