Quando si tratta di decidere tra il non uccidere e il non lasciar uccidere le difficoltà etiche che ci si trova di fronte sono enormi, laceranti, quasi insuperabili e i dubbi di coscienza di ognuno sono degni di rispetto. Ma anche in questo, davanti alla situazione della Libia, l’Italia riesce a fare una miserevole eccezione.
Anche gli Stati Uniti, questa volta, si pongono il problema e con Obama rispondono: «Gheddafi uccide gli innocenti, la guerra non è una nostra scelta». Da noi in questo senso si alza la voce di Napolitano che approva la guerra e cerca di giustificare l’aggiramento della prima parte dell’articolo 11 della nostra Carta costituzionale (“L’Italia ripudia la guerra...”) portando in primo piano le stragi che Gheddafi sta commettendo contro la propria gente. E su questa traccia si inserisce anche la gran parte del centro-sinistra.
Nel centro-destra, invece, i ragionamenti sono diversi. Berlusconi, con la partecipazione italiana tenta disperatamente di far dimenticare i baciamano al tiranno libico e le sue indecisioni davanti alle prime mosse della rivolta quando ricordata il “trattato di amicizia” che assicurava all’Italia tanti idrocarburi e tanti lucrosi contratti di armi e di costruzioni, ma resta fuori dal summit vero tra Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti, e non nasconde la sua irritazione. Bossi, invece, si schiera apertamente contro la guerra, ma certamente non per motivi etici, bensì perché teme che arrivino troppo pochi barili di petrolio e troppi immigrati.
Nei loro ragionamenti – e la cosa non può stupire minimamente perché è perfettamente coerente con la loro politica – manca del tutto qualsiasi angoscia etica.
È evidente che si può sbagliare nella scelta tra i due corni del dilemma etico che ho citato all'inizio, ma per comprendere con chi si ha a che fare in certi casi il dubbio da cui si parte è più importante della scelta che si finisce per prendere.
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