venerdì 25 luglio 2025

Cara democrazia

Nel 2006 Ivano Fossati scriveva la canzone “Cara democrazia” nella quale, tra l’altro, cantava: «Cara, cara democrazia / sono stato al tuo gioco / anche quando il gioco / si era fatto pesante». Adesso, a quasi vent’anni di distanza, il gioco in Italia si è fatto davvero molto pesante. Alcuni potrebbero anche obbiettare che, davanti ai comportamenti disumani, autocratici e dispotici di gente come Netanyahu e Trump, solo per fermarci ai due più nominati in questo periodo, noi non dovremmo lamentarci più di tanto, ma la strada che abbiamo imboccato è una discesa nella quale, se non azioneremo in tempo i freni, saremo condannati a veder sfracellare la nostra democrazia e, quindi, noi stessi.

Per convincercene basta osservare nei dettagli la riforma costituzionale “della giustizia” nella quale ci si ferma soprattutto a considerare la separazione delle carriere tra magistratura inquirente e giudicante e a mettere in rilievo che questo era il progetto di Licio Gelli e della sua P2, il sogno di Berlusconi, un obbiettivo primario di quella destra che sta cancellando per legge molti reati dei cosiddetti “colletto bianchi”, mentre ne inventa di nuovi per tutti coloro che non sono d’accordo. Intanto la stragrande maggioranza della magistratura stessa la considera una mordacchia proprio contro i giudici: alla faccia della tanto sbandierata separazione dei poteri.

Secondo me, però, l’agonia della democrazia la si può ancor meglio contemplare in quello che è considerato un aspetto accessorio della riforma e che, invece, è una specie di cartina al tornasole della reale aderenza dell’attuale maggioranza allo spirito democratico. Mi riferisco al sistema di designazione dei membri del Consiglio Superiore della Magistratura, anzi dei due CSM che saranno necessari dopo l’approvazione di questa legge costituzionale che è stata scritta dal governo in carica, che, per sicurezza, ha addirittura impedito che il Parlamento, prima di votare, potesse presentare le proprie controproposte.

La designazione, infatti, secondo la nuova legge, sarà effettuata non per elezione, ma per sorteggio. Ora ripensate al primo comma dell’articolo 1 della nostra Costituzione: «L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro». Lasciamo per un momento perdere le considerazioni sul lavoro che, molto spesso, se c’è, non è né dignitoso, né in grado di fornire i mezzi per vivere dignitosamente, ma ditemi: cosa c’è di democratico in un sorteggio? E come può la politica abdicare alla propria natura che prevede obbiettivi, discussioni e scelte, per preferire il caso?

La risposta è semplice: perché in nessun’altra maniera, almeno per un congruo numero di anni, la destra potrebbe sperare, viste anche le sue leggi e i suoi condoni sempre assolutamente diretti verso una sola e ben identificata parte della popolazione, di raggiungere una maggioranza per via elettorale nel, o nei, CSM. Senza tener conto che è decisamente più facile pensar di taroccare un sorteggio che un’elezione.

Interessante, oltre che rivelatrice, è anche la motivazione con la quale si giustifica questa scelta: bisogna limitare lo strapotere delle correnti interne alla magistratura, come se le associazioni di persone che la pensano in maniera molto simile fosse un ostacolo alla democrazia. Vista la loro evidente insofferenza nei confronti di una Costituzione nata tenendo ben presente il drammatico e schifoso ventennio fascista in cui il pensiero unico era obbligatorio, sarebbe il caso di ricordare a Meloni e complici, di cui il ministro Nordio è soltanto quello più in vista, che l’artico 18 della nostra carta dice che «I cittadini hanno diritto di associarsi liberamente, senza autorizzazione, per fini che non sono vietati ai singoli dalla legge penale» e che l’articolo 49 addirittura precisa: «Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale».

Le cosiddette correnti, insomma, altro non sono che piccoli partiti di interesse settoriale che hanno il diritto di vivere e di comportarsi come i fratelli maggiori perché sono proprio loro le arterie che, tramite il concorso di tutti quelli che si impegnano in tal senso, portano il sangue politico che nutre la democrazia. Combattere le correnti equivale a combattere i partiti, proprio come avveniva nei vent’anni dominati da quel Mussolini di cui il presidente del Senato, seconda carica dello Stato, tiene orgogliosamente il busto nella propria abitazione.

Sarebbe interessante ascoltare la risposta che la destra darebbe, ora che è al potere, a un’assurda richiesta di sorteggio, al posto delle elezioni, per il Parlamento allo scopo di combattere lo strapotere dei partiti politici e delle loro segreterie.

Ivano Fossati concludeva cantando: «Cara democrazia, ritorna a casa che non è tardi». È vero, ma perché questo possa avvenire è necessario che le si aprano nuovamente le porte, parlando, scrivendo, manifestando e, alla fine, tornando ad andare a votare. In ballo c’è proprio la democrazia e, quindi, la libertà.

 

 

giovedì 17 luglio 2025

I pesi e le misure

E finalmente, dopo più di venti mesi di bombardamenti indiscriminati contro Gaza e i suoi abitanti, anche Giorgia Meloni ha detto qualcosa contro il comportamento di Israele e degli assassini comandati da Netanjahu.

La RAI ha definito “durissima” la reazione della presidente del Consiglio che ha dichiarato: «I raid israeliani su Gaza colpiscono anche la chiesa della Sacra Famiglia. Sono inaccettabili gli attacchi contro la popolazione civile che Israele sta dimostrando da mesi. Nessuna azione militare può giustificare un tale atteggiamento».

Già su quel “durissima” ci sarebbe da obbiettare, perché più che un giudizio negativo, mi sembra essere un puro appunto di cronaca. Ma la cosa che lascia esterrefatti è che è la prima volta che dalla orrenda e disumana strage compiuta da Hamas il 7 ottobre 2023 in cui sono stati uccisi oltre 1.200 israeliani e altri 247 sono stati presi in ostaggio e dalla altrettanto orrenda e disumana reazione israeliana che finora ha ucciso circa 100 mila arabi, che Giorgia Meloni sembra essersi accorta che Netanjahu sta lanciando quotidiani e spietati «attacchi contro la popolazione civile».

Potrebbe quasi sembrare – ma è evidente il mio malevolo atteggiamento contro la presidente del Consiglio – che a Giorgia Meloni non sia importato nulla dei circa centomila arabi ammazzati dalle bombe e dai proiettili israeliani, oltre che dalla fame, dalle sete, dalle malattie e dalle ferite che non si riescono a curare, e che altrettanto insensibile sia stata davanti alla morte di sei bambini, che l’altro giorno stavano andando a prendere l’acqua, per quello che è stato definito un «errore tecnico», che evidentemente per loro rientra nella logica delle cose. Ma una ferita alla gamba del parroco della Sacra Famiglia, don Gabriel Romanelli, ha avuto il potere di ridestarla – temporaneamente, mi sentirei di scommettere – e di prendere posizione contro un bombardamento che ha causato altri due morti e undici feriti. Questa volta si sarebbe trattato di «un errore di tiro». 

A darle man forte, poi, è accorso un altro che è stato capace, per tutti questi mesi, di voltarsi dall’altra parte pur di non disturbare Netanjahu, fedele alleato di quell’orrendo Trump che è il punto di riferimento inamovibile di ogni governo di destra. Mi riferisco al ministro degli Esteri Antonio Tajani che ha detto: «Gli attacchi dell'esercito israeliano contro la popolazione civile a Gaza non sono più ammissibili. Nel raid di questa mattina è stata colpita anche la Chiesa della Sacra Famiglia a Gaza, un atto grave contro un luogo di culto cristiano. Tutta la mia vicinanza a Padre Romanelli, rimasto ferito durante il raid. È tempo di fermarsi e trovare la pace». Prima della ferita alla gamba di padre Romanelli, a cui va la mia totale e assolutamente non ironica solidarietà, evidentemente per lui gli attacchi erano perfettamente ammissibili.

Anche Papa Leone XIV si è detto «profondamente addolorato nell'apprendere la perdita di vite e di feriti causati dall'attacco militare alla chiesa cattolica», ma lui ha parlato ogni giorno contro gli attacchi israeliani e non ha avuto bisogno che a essere ferito fosse, un cattolico, un bianco, un prete, per criticare Netanjahu e i suoi killer.

Anche questo dimostra che il discrimine nel giudizio delle persone e dei gruppi politici è dato dalla differenza tra chi si fa guidare dall’umanità e chi pratica la disumanità, una differenza che consiste soprattutto nel fatto che per i primi tutti gli esseri umani meritano lo stesso rispetto e la medesima pietà, mentre per i secondi le differenze tra gli uomini non soltanto sono profonde, ma dipendono esclusivamente dalle visioni e dalle convenienze di chi si sente in diritto di discriminare dando pesi e misure diverse a esseri che sono sempre persone con responsabilità individuali e non indistinguibili particelle di ammassi ipotetici di essesi intruppati sotto una medesima e assurda etichetta.

Dovrebbe bastare questo per decidere da che parte stare e per allontanare da sé coloro che sulle differenze basano la propria politica e il proprio comportamento.