venerdì 2 luglio 2021

La neutralità non esiste

Quando sentite qualcuno dire «Non faccio politica; non sono né di destra, né di sinistra», dovete stare attenti: o sta cercando di fregarvi, o vi ha già fregato, oppure è un “minus habens” che non sa quello che sta dicendo. La neutralità non esiste, o, dovesse esistere, sarebbe da condannare con decisione.

Il concetto della truffa è stato ben condensato nella pubblicità che ha accompagnato la nascita, ben più di mezzo secolo fa, di un quotidiano che ha avuto momenti di gloria: “Il Giorno”. Lo slogan era «I fatti separati dalle opinioni». Ma era uno slogan coniato dai pubblicitari e mai condiviso da nessuno dei giornalisti che vi hanno lavorato tra i quali ho avuto l’orgoglio di essere per un po’ di anni corrispondente regionale. «Noi raccontiamo i fatti – si diceva – ma non tagliamo i sentimenti, i valori, le convinzioni: non faremmo giornalismo. E non perché il giornalismo nasca per educare, ma perché se non educa finisce inevitabilmente per diseducare».

A riportare in primo piano questa realtà è stato il calcio, o per essere più precisi, la nostra nazionale di calcio che, non riuscendo a mettersi d’accordo sull’inchinarsi, o meno, contro il razzismo prima del fischio d’inizio delle partite, ha curiosamente deciso di seguire quello che fa la squadra contro cui gioca, «per rispetto dell’avversario».

Lasciamo pur perdere che la nostra nazionale di basket, invece, si inginocchia comunque a prescindere dai pensieri dell’avversario, ma la motivazione dei calciatori appare decisamente curiosa. Il pensiero dell’avversario è più importante del proprio? Si può essere neutrali davanti a una realtà come quella del razzismo? Non è forse lecito che ognuno, come Costituzione prescrive, possa esprimere il proprio parere senza doverlo sottoporre al giudizio della maggioranza della squadra?

Per non fare polemiche prima della partita contro il Belgio si è preferito mettere la sordina alla questione, ma a riportarla in primo piano sono stati i ragazzi neofascisti del “Blocco studentesco”, movimento giovanile di Casapound, che hanno copiato il murale di Harry Greb che aveva raffigurato un giocatore della nazionale italiana in versione Subbuteo inginocchiato e con il pugno chiuso e alzato in omaggio al movimento “Black lives matter” (le vite nere meritano) e lo hanno affiancato a un loro disegno in puro stile ventennio, con tanto di saluto romano e affiancato alla scritta «Resta in piedi».

Non fosse bastata la dichiarazione di Salvini che incitava gli azzurri a non inginocchiarsi, ora i fascisti fanno ben capire che l’inginocchiarsi, o il non inginocchiarsi hanno significati etici ancor prima che politici ben definiti.

Probabilmente i calciatori pensano che, a seconda del loro atteggiamento, perderanno il tifo di qualche fascista, o di qualche antifascista e quasi sicuramente hanno ragione. Ma sta di fatto che lo sport è da apprezzare se fa parte del mondo e, quindi, se partecipa alle sue gioie e alle sue disgrazie, ai suoi pregi e ai suoi difetti. Altrimenti diventa un qualcosa di staccato dalla realtà, una specie di videogioco nel quale riesce difficile pensare di fare il tifo per qualche figurina elettronica che si muove sullo schermo senza sentimenti.

Prendere parte, essere partigiani, porta con sé sempre qualche rischio, piccolo o grande che sia. Ma è la stessa vita a essere rischiosa. La neutralità non soltanto non esiste: non è nemmeno umana.

Tutti gli “Eppure…” li puoi trovare anche all’indirizzo http://g-carbonetto.blogspot.it/

Nessun commento:

Posta un commento