L’anno del
referendum non comincia certamente sotto i migliori auspici politici. E,
del resto, non c’era nulla che potesse far sperare che le cose
andassero in maniera diversa perché, in realtà, agli attuali leader dei
partiti italiani l’ultima cosa che davvero può interessare è lo spirito
che che dovrebbe animare la democrazia.
Lasciamo pur stare Salvini (e la
destra che lo segue in quasi totale e imbarazzato silenzio) che, con la
finezza di analisi che lo contraddistingue, continua a cavalcare la
paura e l’odio etnico e religioso scagliandosi contro l’abolizione della
legge che prevede l’assurdo e giuridicamente inutile reato di
clandestinità, e anche plaude al rogo, sul pignarûl epifanico, di un
fantoccio vestito da combattente dell’autoproclamato califfato e afferma
che chi sostiene che questo gesto non era da fare è complice dei
terroristi.
Grillo, dal canto suo – forse
inconsapevolmente, o per abitudine – si arrampica sugli specchi di un
umorismo che non fa ridere nessuno difendendo la giunta cinquestelle di
Quarto Flegreo e sostenendo che il sindaco Rosa Capuozzo non deve
dimettersi perché i voti portati al suo schieramento dalla camorra non
sono stati determinanti per l'elezione. Come se tutto potesse dipendere
soltanto da un calcolo aritmetico. In una specie di riedizione del
latino "Pecunia non olet" in "Suffragium non olet": a non puzzare non
sono soltanto i soldi ma anche i voti.
L’equilibrista Alfano, con l’ormai
tradizionale faccia imperturbabile, afferma che la legge sulla
clandestinità (che lui stesso aveva convintamente fatto diventare legge)
è sbagliata, ma che ora non la si può toccare perché «La gente non
capirebbe».
E Renzi è sulla stessa posizione, ma
più esplicitamente sostiene che, cambiando questa legge, il PD
finirebbe per perdere voti. Attenzione: dopo aver sostenuto la necessità
di cambiarla, non dice di non avere i numeri per far approvare il
cambiamento alla Camera e al Senato, ma afferma che finirebbe per
rischiare di più alle prossime elezioni amministrative che già per lui
non si presentano dappertutto sotto i migliori auspici. Anche per Renzi,
insomma, l’aritmetica viene prima dell’etica politica.
Per tutti, dunque, l’importante non è
cercare il giusto e l’utile per il popolo, ma soltanto considerare con
attenzione la quantità di voti che si potranno guadagnare o perdere (in
percentuale, ovviamente, perché in cifra assoluta è da anni che perdono
tutti) nei futuri appuntamenti elettorali.
E, allora, non può entusiasmare
molto il fatto che Renzi dica che a ottobre sul referendum «Decideranno
gli italiani». Non può entusiasmare perché, intanto, non si capisce
cos’altro avrebbe potuto dire. E poi in quanto, se il modo di fare dei
nostri cosiddetti leader politici è questo, è molto difficile
comprendere - nel valutare schieramenti e propagande per quel voto -
quanto a loro possa importare che la nostra democrazia, con il combinato
disposto della nuova legge elettorale, cambi, venga stravolta, o
addirittura sia drammaticamente ridotta. L’importante resta
esclusivamente quanti voti si potranno lucrare sia con le vecchie
regole, sia con quelle che speriamo non diventino mai le nuove. Perché
comunque "Suffragium non olet".
Tutti gli “Eppure…” li puoi trovare anche all’indirizzo http://g-carbonetto.blogspot.it/
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