martedì 30 marzo 2010

Scoramento, ma breve

È inutile negarlo: questa è per me una giornata tristissima, sia perché il governo Berlusconi per ora è rimasto saldamente in sella, sia, soprattutto, perché ha vinto la Lega. E, se la mancanza di solidarietà, di tensione etica, di rispetto per la legge mi spinge a oppormi a chi ha queste tre caratteristiche, il razzismo mi fa assolutamente orrore.
Però, anche se ammettiamo che queste elezioni regionali sono state un disastro (e a poco servono le consolatorie notizie che derivano da un'inversione di tendenza nel crollo del maggior partito del centrosinistra, o dalle sconfitte alla comunali di Brunetta e di Castelli), allo scoramento non possiamo dedicare più di una giornata.
Poi, per favore, torniamo a ragionare e a lavorare per continuare a tentare di uscire da questo disastro da cui non possiamo chiamarci fuori.

mercoledì 24 marzo 2010

L’assoluto può essere relativo

L’importante non è capire se davvero martedì il cardinal Bagnasco abbia dovuto rettificare la sua uscita elettorale di lunedì, oppure no. L’importante è annotare che la Cei, uno degli organismi più autorevoli e influenti del Vaticano, si sia sentita in dovere di puntualizzare cosa esattamente aveva detto il suo presidente.
Ebbene, la cosa è particolarmente rilevante in un momento in cui in quasi tutt’Italia, tranne che da noi e in qualche altra regione, si vota e mentre Berlusconi, dopo essere riuscito a far cancellare ogni dibattito televisivo, continua a imperversare con lunghissimi comizi telefonici, ovviamente senza il minimo contraddittorio e senza alcuna domanda scomoda, nelle mattinate Rai e Mediaset.
Il fatto che, a meno di ventiquattr’ore di distanza, la Cei ha sentito il bisogno di sottolineare che eticamente la difesa della vita vale come la difesa del lavoro. Probabilmente molti avrebbero fatto a meno di questa precisazione che mette in chiaro molte cose che potrebbero essere utilissime per i cattolici di sinistra e anche – e soprattutto – per quelli di destra.
Intanto, si ribadisce che per la Chiesa non esistono peccati di serie A e di serie B, ma soltanto mortali e veniali.
Poi ci si ricorda, anche se non lo si ripete esplicitamente, che la Chiesa, tra i quattro “peccati che gridano vendetta al cospetto di Dio” considera sia “l’oppressione dei poveri”, sia il “frodare la mercede agli operai”. Ed è una bella cosa che finalmente la Chiesa istituzione non parli soltanto dell’inizio della vita e della sua fine, nei momenti in cui – per chi ci crede – siamo figurativamente più vicini a Dio, ma si soffermi anche al relativamente lungo periodo che intercorre tra nascita e morte e la cui cura normalmente viene delegata ai preti
Sull’aborto il discorso è complicato, difficile, personalissimo e, pur avendo una mia idea, non mi sogno minimamente di sentenziare sul momento esatto in cui la vita diventa vita umana.
Sulla base di quanto è successo in questi giorni, però, mi sembra doveroso ricordare che anche l’assoluto è relativo. O, almeno, lo è quello che viene spacciato per assoluto e tale non è. Il Papa, infatti, parla ex cathedra, e quindi in maniera infallibile per chi ci credo, soltanto quando parla di dogmi.
E forse non sarebbe male ricordare che anche la Chiesa nel corso degli anni ha cambiato molti suoi punti di vista. Il limbo – quell’abominio in cui erano imprigionati spiriti senza colpa – non esiste ufficialmente più. Ed è utile anche ricordare che una volta era peccato il prestare denaro a interesse, cosa che oggi riveste lo status di reato – non so se anche di peccato – nel caso in cui il tasso di interesse applicato supera quello che è ritenuto di usura. Eppure questo ex peccato è stato una delle cause dell’odio per gli ebrei che, oltre a essere considerati “deicidi” prestavano denaro a interesse, appunto.
Ovviamente non ho alcuna autorità nel dire cosa sia peccato e cosa non lo sia, ma il mio credo etico mi fa dire che è una cosa indegna cercare di appropriarsi della benevolenza della Chiesa offrendo cose in cambio e millantando un rispetto della famiglia e della morale cristiana che la cronaca dimostra essere lontanissima da quel signore che dalla sedia della presidenza del Consiglio le incensa a parole.
E la capacità di indignarmi che ancora mi è rimasta, ma mi fa restare esterrefatto a pensare che in tanti possano farsi ancora affascinare da un baro che, come nel gioco delle tre carte, delle regole non sa che farsene.

lunedì 22 marzo 2010

Ricominciare dall’inizio

Ricominciare dall’inizio. Detto così potrebbe sembrare una vuota ovvietà e, invece, è cosa fondamentale se per inizio intendiamo l’articolo 1 della nostra Costituzione: «L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione».
La cosa è apparsa evidente nella giornata inaugurale del congresso regionale della Cgil del Friuli Venezia Giulia.
Sabato avevo ascoltato il discorso di Berlusconi che aveva materializzato un’atmosfera mefitica, crepuscolare e infestata di veleni, anche se lui cerca di farsi passare come piazzista dell’amore. Poco dopo avevo ascoltato le reazioni di Bersani, decisamente più dignitose e degne, ma obbligatoriamente impoverite dal fatto di essere obbligate a reagire agli attacchi di piazza San Giovanni. Ieri, finalmente, ascoltando don Pierluigi Di Piazza prima, e Franco Belci dopo, ho respirato nuovamente quell’aria pulita che soltanto la politica vera sa offrire, quella politica che si occupa del bene della gente molto prima che del risultato delle elezioni. Da un prete e da un sindacalista ho sentito parlare nuovamente di lavoro e di diritti, di democrazia e di solidarietà, di modelli economici e di conseguenze sociali, di crisi istituzionali e di decadenza etica.
Ho finalmente sentito parlare di nuovo di politica vera, insomma. Di quella stessa politica in nome della quale Barak Obama è riuscito a donare agli Stati Uniti d’America il suo primo vero welfare. Parziale, magari, ma preziosissimo come sono preziosissimi tutti i primi passi sulla strada del vero progresso. Una politica per la quale il potentissimo Presidente degli Stati Uniti ha ritenuto giusto mettere a rischio la sua presidenza; ha ritenuto di mettere fortemente a repentaglio fin da oggi la sua possibile futura rielezione.
E lo ha fatto perché lui non ha dimenticato mai la Costituzione del suo Paese, quella costituzione che pone tra i suoi principi fondamentali anche il diritto alla ricerca della felicità. Lo ha fatto anche se lui, come del resto quasi tutti noi, non è capace di definire esattamente cos’è la felicità. Ma sa benissimo cos’è l’infelicità e ha fatto di tutto per portare un altro fuscello sulla diga che speriamo possa servire a evitarla a noi e ai nostri simili.
Obama, quella parte del sindacato italiano che rifiuta di rinunciare ai diritti di tutti sperando ai poter accettare il meno peggio, quella parte della Chiesa che non dimentica l’incredibile potenza rivoluzionaria del Vangelo sulla strada dell’uguaglianza e della pari dignità, ci hanno indicato ancora una volta la strada per uscire dalla palude nella quale ci siamo cacciati per neghittosità. È un insegnamento facile e contemporaneamente difficilissimo: non aver paura di sognare un mondo diverso e più giusto. E soprattutto non aver paura di fare di tutto pur di tentare di realizzarlo.

domenica 21 marzo 2010

La piazza e le tv

Se dovessimo dare retta alle immagini prese dall’alto su piazza San Giovanni durante la manifestazione indetta da Berlusconi a sostegno di se stesso, dovremmo cominciare a essere un po’ meno angosciati: un palco enorme, gli spazi marginali della piazza quasi totalmente vuoti come le vie vicine, e anche qualche buco dove la folla doveva essere più fitta, testimoniano abbondantemente che la stella berlusconiana appare in declino.
Ma, come ho già detto, sbaglieremmo a preoccuparci soltanto di un vecchio politico egocentrico e dei suoi servitori. A preoccupare di più siamo noi, con il nostro immobilismo, con le nostre rassegnazioni che vengono incrinate soltanto da sterili mugugni e imprecazioni, quasi avessimo la convinzione di vivere un brutto sogno che prima o dopo dovrà pur finire. E pensandola così dimentichiamo che la seconda generazione di un regime è sempre addirittura peggiore della prima.
Eppure la raffica di scandali dovrebbe scuotere tutti. Pensate a quanto costano agli italiani, tangenti, benefit, automobili, escort eccetera. Pensate a quanto costerebbero di meno sanità e opere pubbliche. Pensate a come Berlusconi nega che ci sia una nuova tangentopoli esattamente come nega che ci sia la crisi. Qui non si tratta nemmeno soltanto di destra e sinistra, ma soprattutto di chi mangia e di chi paga.
Gli inglesi dicono che ogni nazione ha il governo che si merita, ma si sa che gli inglesi non ci apprezzano per niente.
E allora bisogna riprendere a darsi da fare e non pensare soltanto alle ormai imminenti elezioni regionali: speriamo vadano bene per il Pd e alleati, ma il problema vero è quello di riuscire a far sì che questa sia l’ultima legislatura con Berlusconi al comando; anzi, che possibilmente questo governo imploda prima della scadenza naturale.
Il Pd faccia quello che rientra nelle sue responsabilità, gli altri partiti di centrosinistra e di sinistra rinfoderino almeno per un po’ le loro velleità individualistiche, tutti i cittadini tornino a manifestare apertamente le loro idee, sia con le parole, sia con la partecipazione alle varie iniziative soprattutto di piazza.
Berlusconi, pur tra tante polemiche, è riuscito nel suo intento di far tacere la Rai e, d’altro canto, con tutta la fatica che ha fatto per bloccare i processi che lo riguardano nelle aule dei tribunali, non poteva accettare che le accuse fossero ripetute da, politici, giornalisti e gente comune attraverso le televisione. Sono la piazza e la parola diretta la chiave per scardinare un regime che altrimenti non lascia più dissentire pubblicamente. In attesa di qualche altra buona idea capace di far pensare anche chi si nutre soltanto di telegiornali.

lunedì 15 marzo 2010

Le leggi e l’etica

A riguardare le immagini della manifestazione di piazza del Popolo, viene sollievo e rabbia. Sollievo perché davvero sembra che finalmente tutti riescano a capire contemporaneamente che prima di raggiungere l’ottimo bisogna eliminare il pessimo. Rabbia perché questa sensazione l’abbiamo provata già in altri momenti e temiamo che anche questa volta, puntualmente, l’unione delle opposizioni all’attuale regime vada in frantumi non appena le varie parti si renderanno conto che ognuno deve rinunciare a una piccola fetta della propria visibilità se vuole sperare che davvero questo periodo nero per il nostro Paese si stia avviando alla fine.
Quello che impressiona – o almeno che mi impressiona - è che ogni volta, per ricreare il miracolo dell’unità tra le mille parti del centrosinistra e della sinistra, lo stimolo – o, per capirci meglio, il sopruso berlusconiano del momento – deve essere più forte. Una volta bastava l’infrangere una regola per destare indignazione e risposta civile. Oggi deve essere messo in pericolo non una regola, ma il concetto stesso di regole per farci scattare.
E questo vale dappertutto. Tanto che i dipendenti di Berlusconi, davanti a ogni malefatta scoperta grazie alle intercettazioni, si affrettano – dopo aver precisato che la cosa più criminale sono le intercettazioni stesse – a dire che non ci sono reati perseguibili.
D’accordo: forse nessun articolo del codice stabilisce che un presidente del consiglio non possa dettare l’editoriale al direttore di un telegiornale pubblico e forse neppure è vietato imporre la cacciata dei giornalisti scomodi sempre dalla tv di Stato. Ma ci siamo davvero dimenticati che etica e legge non sempre coincidono? Eppure dovremmo sapere bene che ci sono cose eticamente riprovevoli che non porteranno mai a una condanna, ma che non dovrebbero portare neppure a Palazzo Chigi.

sabato 13 marzo 2010

Il ladro e la privacy

I fatti sono noti a tutti: la Procura di Trani sta indagando il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, il commissario dell'Agcom Giancarlo Innocenzi e il direttore del Tg1 Augusto Minzolini per concussione. Le intercettazioni telefoniche attestano che il nostro purtroppo presidente del Consiglio ha chiesto a Innocenzi di bloccare alcune trasmissioni televisive, come "Annozero" di Michele Santoro in occasione delle puntate sulla testimonianza di Spatuzza e sul processo Mills, e come le puntate di "Parla con me" di Serena Dandini quando gli ospiti erano Eugenio Scalfari ed Ezio Mauro, rispettivamente fondatore e direttore di "Repubblica".
Altrettanto nota è la reazione di Berlusconi e di tutti i suoi portavoce: nessun commento sulle conversazioni contro la libertà di stampa e di espressione e un secco e ripetuto: «Bisogna bloccare le intercettazioni».
A me questo atteggiamento ricorda molto quello di quel ladro che, scoperto perché registrato dalle telecamere di sorveglianza, imprecava contro chi aveva trascurato il suo diritto alla privacy.
D'altro canto, bisogna pur capirli, Berlusconi e i suoi: dopo tutta la fatica fatta per mettere i vari Fede, Giordano, Liguori e Minzolini a controllare che tutte le notizie da dare in pasto al pubblico siano attentamente premasticate e depurate da ogni possibile particolare fastidioso, è per loro davvero intollerabile che la verità ogni tanto riesca ad arrivare alla gente senza alcun filtro che distorca la realtà.
Ma come si fa a votare per lui? Ma come si fa a non trovare un accordo tra tutte le opposizioni - votanti e non votanti - per salvare l'Italia e la sua Costituzione da queste violenze e da queste prepotenze?

mercoledì 10 marzo 2010

Il peccato più grave

Più passano i giorni, più aumentano gli atteggiamenti scomposti di Berlusconi e dei suoi sgherrani più vicini, tanto da inventare "verità" alternative e da diventare sempre più violenti e minacciosi. Tanto da creare decreti che sanano gli errori compiuto dal Pdl, ma non da altri partiti che sono rimasti esclusi in altre zone d'Italia. Ma sempre più cresce anche un dubbio che da tempo mi porto dentro e che oggi sta diventando quasi certezza.
Mentre tutt'Europa si interroga, tra l'ironico e il preoccupato, sulla deriva autoritaria e antidemocratica di questo Paese e su un presidente del Consiglio che si agita moltissimo per gli affari suoi, mentre resta praticamente immobile davanti a tutti i problemi che stanno sgretolando l'Italia, gli italiani per la maggior parte se ne stanno a guardare preoccupati soprattutto di capire se da quello che sta accadendo deriverà qualche fastidio per loro, ma non per l'intera nazione; e tantomeno si impegnano a cercar di far cambiare rotta prima di arrivare all'inevitabile disastro.
Ebbene, il dubbio è semplice: non è forse che questa insensibilità e indifferenza a una continua erosione della democrazia e della libertà dipenda dal fatto che democrazia e libertà non sono percepiti soprattutto dai più giovani come un bene primario e che, non sentendolo tale, ora non ne sentono la mancanza?
E non si tratta di un dubbio di maniera perché dobbiamo renderci conto che il male maggiore non è Berlusconi, ma il berlusconismo e che quando Berlusconi non ci sarà più il pericolo non scomparirà con lui se non riusciremo a recuperare quei valori che ci hanno traghettato da una dittatura a una democrazia che avrà avuto tanti difetti, ma che ora amaramente rimpiangiamo.
Quindi, sarà stucchevole ripeterlo, ma è necessario che ci si metta in testa tutti che starsene in silenzio è un peccato di omissione, anche in democrazia il peccato più grave di tutti. Non si può starsene in silenzio a sentire Berlusconi e i suoi che ribaltano la realtà con un tale supremo disprezzo di tutto e di tutti, da cambiare diametralmente le cose che loro stessi avevano detto pochi giorni fa. E forse si sbaglia anche a continuare a essere educati mentre gli altri non fanno certamente altrettanto.

lunedì 8 marzo 2010

Il problema siamo noi

Non si può non tornare sul “pasticciaccio brutto” delle liste elettorali del Pdl in Lazio e in Lombardia e sul decreto “interpretativo” che ha permesso il loro reinserimento, ma non quello di altre liste che, per errori simili, se non uguali sono rimaste escluse. Non si può non farlo perché questo appare come un punto di non ritorno in una democrazia come quella italiana che da molti è stata definita fragile e che oggi può essere definita "infranta".
Romano Prodi, con la sua solita disincantata lucidità politica, dice: «Questa volta c’è proprio da avere paura». E le sue parole vanno riferite non soltanto al fatto che le regole sono state calpestate, ma anche al comportamento di Berlusconi e dei papaveri del Pdl che non ammettono assolutamente le proprie colpe, ma pretendono con forza («Se ci impediranno di correre siamo pronti a tutto», aveva detto La Russa) di partecipare e probabilmente anche di vincere.
E anche per questo mi convinco sempre di più che la scelta di Napolitano di firmare il decreto sia stata una scelta sbagliata. Forse inevitabile, anche perché la situazione era praticamente senza vie d'uscita, ma sicuramente sbagliata. Per me resta certo, infatti, che sarebbe stato meglio distruggere un momento democratico (una tornata elettorale) che l'intera democrazia (le regole della convivenza civile).
Ora il problema non è rappresentato da Napolitano, che comunque ha agito in buona fede e in una situazione difficilissima, e neppure da Berlusconi e dai suoi sodali, dai quali certamente non possiamo aspettarci un soprassalto di sensibilità democratica. Il problema continuiamo a essere noi, laddove con la prima persona plurale intendo indicare tutti coloro che credono nel valore della democrazia, delle leggi, della legalità. Abbiamo colorazioni politiche e partitiche diverse? Sicuramente, ma le avevano anche coloro che hanno dato vita a quella Resistenza che ha posto le basi della nostra Repubblica.
Vi prego: stiamo insieme a ripulire la sozzeria che ha invaso il nostro Paese. Per ridividerci siu cose importanti, ma rispetto a queste non fondamentali, ci sarà sicuramente tempo dopo.

sabato 6 marzo 2010

La scelta sbagliata

D’ora in poi sarà impossibile accusare chiunque di “sfascismo” perché nessuno può più sfasciare ciò che è già stato completamente sfasciato come questa nostra povera Repubblica italiana.
Era evidente fin dal primo momento che la gravissima, ma non seria, vicenda dei pasticci commessi dai delegati berlusconiani in fase di presentazione delle liste elettorali e delle firme di supporto avrebbe portato a disastri terribili perché le uniche due strade perseguibili erano entrambe dei vicoli ciechi. Il primo, con la conferma delle esclusioni, avrebbe portato due regioni importanti come il Lazio e la Lombardia a un voto monco e quindi – prima, durante e dopo – contestabile come scarsamente indicativo della reale volontà degli aventi diritto al voto. Il secondo, con qualche aggiustamento legato a cavilli da legulei che non vanno troppo per il sottile, avrebbe inferto – prima, durante e dopo – un colpo definitivo e ferale al già più che traballante concetto di legalità in Italia. E puntuale è arrivata la conferma che il disastro era inevitabile.
Personalmente non avrei avuto dubbi nello scegliere la prima soluzione: non perché considero Berlusconi e i suoi quanto di peggio possa essere toccato all’Italia, ma in quanto da un vulnus a un’occasione elettorale si può uscire (e questo è già successo una trentina abbondante di anni fa in questa regione quando a restare fuori completamente – e senza imprecare più di tanto, se non contro se stessi – furono i socialisti), mentre quando al livello più alto si distrugge il rispetto delle leggi non c’è più alcuna speranza che senza rivolgimenti traumatici questo rispetto possa essere riconquistato né dall’alto, né dal basso. Insomma è stata fatta la scelta più sbagliata possibile.
Il mio è un dissenso profondo con Napolitano? Assolutamente sì; rispettoso, ma totale. Neppure il Papa, anche per chi ci crede, gode dell’infallibilità, se non quando, sempre per chi ci crede, parla di dogmi. Figuriamoci se il concetto di infallibilità può essere applicato a un laicissimo presidente della Repubblica. Era in una posizione difficilissima - e da questo ilmio rispetto - ma ribadisco che, secondo me, scegliendo la cancellazione sostanziale e temporanea di una legge, ha scelto la strada peggiore possibile.
Cosa succederà adesso? Perché, se questa legge ha potuto essere stravolta, altre dovranno restare intangibili? Perché ha consentito che la politica valga più del diritto? Quali pressioni sono state fatte perché decidesse di seguire questa strada?
So di un’azienda leader nel suo settore che circa un anno fa ha partecipato a un concorso di appalto pubblico e che ne è stata esclusa perché chi ha presentato le carte necessarie ha commesso due errori formali. L’esclusione dall’appalto ha comportato la perdita di un lavoro che ha fatto mettere in cassa integrazione e poi in mobilità 107 dipendenti. Qualcuno ha seguito una “via politica” per salvare quelle 107 famiglie? Ovviamente no, anche perché non sarebbe stato giusto. Ma qualcuno ha seguito, invece, una “via politica” per salvare Berlusconi e i suoi che minacciavano sfracelli in caso contrario.
Posso sperare soltanto che quelli del Pdl siano stati così machiavellici da aver previsto fin dall’inizio tutto ciò che sarebbe successo in modo tale da poter dare una spallata definitiva al concetto di legalità in Italia. Ma francamente mi sembrerebbe un piano eccessivamente geniale.
Comunque, sia che abbiamo a che fare con geniali destabilizzatori, sia con torpidi ritardatari e faciloni, adesso davvero non resta che dare corpo a una resistenza che non ci faccia mai più stare zitti davanti a tutte le cose che non vanno. Perché altrimenti tra un po’ rischieremo che lo starsene zitti non sia più una discutibile scelta, ma una necessità imposta.

giovedì 4 marzo 2010

Libertà e arbitrio

Gli avvenimenti politici in Italia sono raramente seri, ma quasi sempre molto istruttivi.
Nel Lazio e in Lombardia il Pdl sbaglia, per firme e per orari, nella presentazione di liste e listini e rischia seriamente di essere escluso – in tutto o in parte – dalle prossime elezioni regionali. Le reazioni, dopo un breve momento di sconcertata autocritica, sono illuminanti: pressante richiesta di intervento a un Presidente della Repubblica che, ovviamente non ha alcuna autorità in materia; manifestazione in piazza contro non si sa bene chi, visto che le colpe sono sicuramente da ascrivere a qualcuno della stessa fazione che scende in piazza; richieste pressanti di cambiare velocemente le leggi; improperi ormai abituali contro una magistratura che ha il gravissimo difetto di applicare le leggi; minaccia di passare alle vie di fatto se le liste escluse per legge non saranno riammesse d’autorità.
Nel Friuli Venezia Giulia la giunta Tondo decide di non fare caso al fatto che addirittura il governo Berlusconi (stessa parte politica di Tondo) abbia dovuto rigettare la legge sul welfare perché lede i diritti sanciti da ben quattro articoli della nostra Costituzione.
In Italia, in omaggio al fatto che i cittadini, per poter scegliere, devono prima conoscere, si bloccano tutti i talk-show che danno la parola ai politici,. Ma la si lascia assolutamente libera ai telegiornali dove i Minzolini di turno danno notizie false, ma politicamente influenti, come quella di una supposta e assolutamente non reale assoluzione dell’avvocato Mills.
Intanto il Pdl applaude un senatore – del Pdl, ovviamente – che dà le dimissioni, ma che non doveva neppure essere eletto perché non aveva i requisiti per candidarsi.
Verrebbe voglia di scherzarci sopra liquidando il tutto con una battuta: non conoscono l’italiano e parlano di Popolo della libertà, mentre dovrebbero parlare di Popolo dell’arbitrio. Ma la cosa sta diventando sempre più seria e preoccupante. Parliamone a tutti e costantemente: per troppo tempo hanno prosperato approfittando del silenzio e delle divisioni del centrosinistra. Almeno per un po’ non si può più stare zitti, né si può arzigogolare su particolari che dividono, mentre grandi argomenti – la difesa della vera libertà e non dell’arbitrio, tanto per citarne uno soltanto – dovrebbero unirci.