martedì 1 maggio 2018

Difficile come camminare

Primo maggio, festa del lavoro e, quindi, dei lavoratori. Per festeggiarla degnamente tutti dovremmo fare qualcosa: al di là del decidersi a ottemperare alle leggi sulla sicurezza nei cantieri evitando, così, quella strage di lavoratori che funesta ogni giornata in questo Paese, gli imprenditori non dovrebbero costringere donne e uomini a lavorare anche in questa giornata; noi non dovremmo entrare nei negozi che restano aperti; il PD dovrebbe decidersi a scaricare quel suo “semplice senatore” che, con la solita faccia tosta, continua a vantarsi del «milione di posti di lavoro creati dal Jobs Act» proprio mentre i mezzi di informazione raccontano le storie di molti che vengono inconsapevolmente inseriti in questo milione di teorici non disoccupati perché hanno lavorato un paio di giorni al mese, o, addirittura, soltanto per una notte una tantum.
 
Ma la prima domanda che riguarda quel “semplice senatore”, che è anche ex presidente del Consiglio, che afferma anche di non essere più segretario del PD e che risponde al nome di Matteo Renzi, è a che titolo e da chi gli è stato regalato domenica un pulpito seguitissimo come “Che tempo che fa” dal quale ha dettato le regole con le quali il PD dovrebbe rapportarsi, o, meglio, non rapportarsi, con i 5stelle. Non intendo entrare nel merito di questa questione, ma, a prescindere da cosa se ne pensi, soltanto rilevare che già sarebbe intollerabile – e non soltanto per Martina – il fatto che il teorico ex segretario, approfittando della visibilità donatagli, parli da segretario in carica, ma ancor più inaccettabile è che approfitti della situazione per tentare di riproporre i cambiamenti della Costituzione già bocciati dal referendum del 4 dicembre 2016.

L'ineffabile pseudo–ex segretario pretende, come sempre, di impartire lezioni di comportamento politico e accusa tutti – tranne ovviamente se stesso – di prendere in giro gli elettori del 4 marzo 2018, visto che i vincitori non riescono a fare (o non vogliono) il nuovo governo. Ma non gli passa neppure lontanamente per la testa che la sua proposta di far rientrare dalla finestra la riforma costituzionale e quella elettorale è una colossale presa in giro per quel 60 per cento di italiani che poco più di un anno fa ha già bocciato senza incertezze le sue derive antidemocratiche.

A prima vista potrebbe sembrare che tutto questo c'entri ben poco con i risultati delle regionali del Friuli Venezia Giulia e con le comunali di Udine, ma così non è. Intanto sono proprio queste prese in giro, queste scelte di voler fare tutto quello che passa nella propria testa senza mai curarsi del fatto se passa, o meno, anche nella testa degli altri cittadini, che causano quel calo di affluenza alle urne che per la prima volta ha fatto rimanere a casa più della metà degli aventi diritto al voto di questa regione. Poi è stata la perdita di identità della sinistra, indotta da un PD renziano che, soprattutto in fatto di diritti sociali, ha scelto di scimmiottare le idee della destra (che, invece, la sua identità l’ha anzi riportata a livelli temibili) a togliere speranze e motivazioni a molti di coloro che votavano sempre pensando proprio ai diritti sociali, oltre che a quelli individuali. E non è stato indifferente neppure il fatto che a guidare per cinque anni il Friuli Venezia Giulia sia stata Debora Serracchiani, convintissima seguace di colui che dice di sé di essere «recordman del mondo in fatto di dimissioni», ma che è di certo anche l’ex più presente della storia.

Ma tutto questo non basta per spiegare la delusione per il risultato di SinistrAperta. Ci si può appigliare, è vero, a problemi oggettivi come una nascita troppo recente, una carenza economica e organizzativa, una litigiosità troppo alta tra componenti ancora troppo gelose delle proprie particolarità, alcune smanie di protagonismo che hanno illuminato più alcuni nomi che i principi politici della lista; ma questo non può bastare.

Il vero problema è costituito dal fatto che se si vuole riprendere a essere attrattivi, bisogna tornare ad apparire convinti e sinceri; occorre fare attente analisi e autocritiche, e, se si vuole che l’Associazione SinistrAperta non muoia prima di nascere, bisogna riparlare di ideali di sinistra, ma anche essere aperti, sia per chi è fuori e sinceramente vuole entrare, sia per chi è già dentro e decide di uscire un po’ se, con il confronto sulle cose che ci dividono e non su quelle che ci uniscono, si rende conto che il luogo più giusto per far incontrare, senza stravolgerli, i nostri ideali sarà un po’ fuori dal contenitore che in questo momento siamo abituati a immaginare.

In tutto anche in attesa che il PD – se non è già troppo tardi – possa liberarsi davvero del suo pseudo–ex segretario per tornare a essere quel partito di massa di cui il centrosinistra ha bisogno per fare da centro di gravità in un sistema di alleanza che non siano soltanto elettorali, ma che restino costantemente strette per il progresso della nostra società.

Sembra difficilissimo, ma in realtà non è più difficile del camminare, quando continuiamo a perdere l’equilibrio e cadere, passo dopo passo, ma sempre recuperando immediatamente l’equilibrio per poi rischiare di cadere ancora. Passo dopo passo. Ma senza mai rovinare a terra.

Tutti gli “Eppure…” li puoi trovare anche all’indirizzo http://g-carbonetto.blogspot.it/

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