mercoledì 29 aprile 2015

Il gioco d’azzardo

Sul cosiddetto Italicum, all’interno della minoranza del PD c’è chi dirà sì, pur essendo contrario, chi dirà no e chi uscirà dall’aula per non dire no, anche se il no è quello che pensa. E già qui ci sarebbe spazio per scrivere un trattato di psicologia su come la politica possa far attorcigliare i circuiti mentali di persone altrimenti normali, se non addirittura brillanti. Ma la cosa che mi colpisce di più sono le dichiarazioni di Roberto Speranza, capogruppo dimissionario che guida la cosiddetta “componente dem”, che più volte ha ripetuto che non voterà la fiducia sull'Italicum perché la ritiene una «forzatura inutile ed eccessiva». Ma ha escluso in modo netto ogni ombra di scissione dal Pd. 

Padrone di pensarla così, ma si è reso conto che c’è già una scissione in atto tra il PD e una parte considerevole di chi finora lo ha quasi sempre votato? Perché proprio di scissione si tratta: nessuno farà un nuovo gruppo parlamentare e probabilmente neppure un nuovo partito, ma certamente saranno molti coloro che alle prossime elezioni non riusciranno più a fare la croce sul simbolo del PD neppure turandosi il naso perché la puzza antidemocratica del partito di Renzi (scusate, ma non lo chiamerò più PD perché mi sembrerebbe di offendere le tante brave persone che lo hanno fondato) è ormai davvero troppo forte.

Ma non si tratta soltanto di distruzione della democrazia nata dalla Resistenza, che già sarebbe più che sufficiente per tranciare un giudizio di assoluta negatività. È in ballo anche il fatto che Renzi è un giocatore d’azzardo che, per suoi probabili vantaggi a breve termine, mette a repentaglio un’intera nazione a lungo termine.

A me interessa pochissimo il numero dei collegi e anche la mancanza di preferenze, pur se le vorrei, non mi fa troppa paura anche perché i prossimi nominati non potranno essere tanto peggio di coloro che li hanno preceduti senza neppure le primarie. Le cose che mi spaventano sono il premio di maggioranza e il ballottaggio. Soprattutto se combinate con la futura eliminazione del Senato.


Riguardo al primo, la famosa “legge truffa” sembra oggi una cosa più che ragionevole poiché proponeva di aumentare la maggioranza di chi aveva già superato il 51 per cento in un proporzionale puro: oggi la rappresentatività, tanto invocata dalla Corte Costituzionale, sarà una delle poche cose che Renzi sarà riuscito davvero ad “asfaltare”, come ama dire.

Ma vi invito a riflettere sul ballottaggio e a pensare cos’è accaduto a Parma dove il sindaco cinque stelle Pizzarotti ha battuto al ballottaggio il candidato del PD (largamente in vantaggio al primo turno) perché tutte le opposizioni si sono coalizzate pur di far perdere il PD. Pensate che questo non potrebbe succedere con Renzi tra i “ballottanti”? Pensate che non sarebbe una iattura per l’Italia se a vincere il ballottaggio fossero Grillo o Salvini? Pensate che, con tutte le leve del potere in mano, il vincente non farebbe ulteriori “ritocchi” alla democrazia?
Poi, ovviamente, per Renzi la colpa ricadrebbe su chi non vuole votarlo perché lo considera un sciagura per il nostro Paese e tutto si ridurrebbe alla scelta della sciagura minore. Ma non sempre il terrore funziona.
 
Ho sperato a lungo che questo rischio non si concretizzasse, ma ci sarebbe voluto un altro PD, quello delle origini, talvolta perdente alle elezioni, ma mai disposto a rinunciare ai suoi valori fondanti. Un PD che, a livello locale, fosse almeno disposto a difendere con forza il sindaco di Udine, Furio Honsell, che è accusato dal centrodestra di aver partecipato a una manifestazione antifascista e antirazzista, cioè di aver difeso i dettati della Costituzione, con la fascia tricolore. Non ho né la forza, né l’autorevolezza di un partito, ma almeno io desidero ringraziarlo anche per il suo discorso del 25 aprile. Mi fa piacere poter dire anche un solo grazie a chi fa politica.

sabato 25 aprile 2015

Il diritto e il dovere

Prima se ne renderanno conto tutti e meglio sarà: del PD e della sua vocazione di centrosinistra è rimasto soltanto il nome. Ci siamo arrabbiati per il Jobs Act, per la legge elettorale, per la riforma costituzionale, per il combinato delle due novità che rischia di far sparire la democrazia italiana nata dalla Resistenza, per il patto del Nazareno che ha portato Renzi a privilegiare gli accordi con un pregiudicato rispetto al dibattito con chi del suo partito aveva opinioni diverse, per la sempre più marcata mancanza di democrazia sostanziale all’interno del partito, per la sostituzione forzata di dieci deputati non obbedienti nella Commissione Affari costituzionali, per il mancato invito, poi corretto con un’unica eccezione, per i dissidenti alla Festa dell’Unità di Bologna, per la rottamazione a prescindere in favore dell’obbedienza a prescindere, e per tutta una serie di orrori che sarebbe troppo lungo riassumere.
Ma adesso credo che davvero si sia passato il segno. Che Renzi presenti come un successo l’abominio fissato dalla UE nel Vertice straordinario sui migranti chiesto dallo stesso Renzi è una cosa che indigna perché dimostra che all’Europa – e se Renzi lo definisce un successo, anche a Renzi stesso – non interessa minimamente della tragedia delle migrazioni, ma soltanto della propria tranquillità interna, soprattutto se c’è un’elezione vicina, e del non spendere troppo perché i soldi, quelli sì, sono importanti. 

Ma cosa vogliono bombardare? Tutti i gommoni e i battelli che vedono senza neppure sapere se porteranno migranti, o se sono di pescatori? Chi garantisce che non resteranno uccise anche le persone vicine? Come si può essere così deficienti da pensare che, anche se fossero distrutti tutti i battelli, il problema dei migranti in fuga da conflitti, persecuzioni e miseria si fermerebbe e non continuerebbe via terra? Come si fa a non capire che da sempre e per sempre quando ci sono guerra, dittature, terrorismo e miseria ci sono anche i profughi. Come si può trascurare che adottare una simile opzione di guerra finisce per legittimare molte altre guerre e per minare quel poco di autorità morale e politica ancora rimasta a chi governa Paesi che su principi di solidarietà sono nati? Come non si capisce che in questo modo si accetta il ritorno di quei nazionalismi che sono stati la causa di decine di milioni di morti e per combattere i quali proprio l’Europa è nata?

Una volta, parlando con Loris Mazzetti al Festival dell’inchiesta di Pordenone, ho detto che il partigiano Enzo Biagi sui monti dell’Appennino emiliano aveva compreso l’enorme valore del “diritto di resistenza” e ne aveva fatto tesoro tanto da elaborarlo in “dovere di resistenza” in ogni giornata della sua vita personale e professionale. Sarebbe ora che questa convinzione finalmente davvero toccasse tutti noi.

Buon 25 aprile. Ma soltanto a coloro che ci credono davvero.

martedì 21 aprile 2015

I sostituiti e i sostituti

Nel momento in cui nel Mediterraneo si muore più ancora che in altri momenti, forse non si dovrebbero mettere in primo piano altre vicende, ma la pericolosità di quello che sta accadendo nel nostro Parlamento è talmente alta da non poter tacere. Sarebbe impossibile, infatti, lasciar passare sotto silenzio quello che ha fatto Matteo Renzi nella commissione Affari costituzionali sostituendo dieci esponenti della minoranza PD - tra i quali Bersani, Cuperlo, Rosy Bindi, D'Attorre, Barbara Pollastrini - per non consentire modifiche al testo dell'Italicum dopo che nell’assemblea dei deputati PD aveva ottenuto la maggioranza, ma si era trovato con oltre il 38 per cento degli aventi diritto a rifiutarsi di dargli ragione. Da notare che si tratta di una sostituzione ad hoc, valida soltanto per l'esame dell'Italicum e che poi i cacciati potranno rientrare.
E allora la prima domanda non può che essere: ma quale dignità hanno i sostituti che sanno di essere mandati esplicitamente in commissione, a tempo, soltanto per ripetere ciò che vuole Renzi? E la seconda è: ma i sostituiti potranno mai accettare di rientrare dopo questa cacciata a tempo senza rinunciare alla loro dignità?
Ma se queste domande riguardato sostituiti e sostituti, più importanti sono le domande da rivolgere a Renzi e a noi stessi.

L’attuale presidente del Consiglio conosce quel passo dell’articolo 67 della Costituzione che parla di assenza di vincolo di mandato? Sembra a chi non è mai stato scelto dai cittadini per il posto dove ora si trova, che la democrazia rappresentativa possa esprimersi come una serie di successivi tagli delle minoranze per portare avanti un’idea unica, quasi ci si trovasse a disputare un torneo sportivo a eliminazione diretta? Si rende conto che la vergognosa proposta fatta a suo tempo da Berlusconi di limitare al massimo i lavori parlamentari e di effettuare le votazioni soltanto tra i capigruppo che avrebbero dovuto portare con sé il peso numerico dei propri parlamentari oggi appare quasi come un esempio di democrazia illuminata?

E per noi, per i sostituiti e per i parlamentari che ai sostituiti si sentono vicini, la domanda non può che essere: fino a quando continueremo a pensare al PD come quel partito che era e che non è più? Fino a quando accetteremo che l’Italia non abbia più un’espressione politica di sinistra? E non perché la sinistra abbia perso (Bersani aveva vinto di poco quelle elezioni, ma le aveva vinte), ma perché si è consegnata, mani e piedi legati, a uno che, oltre a non avere alcuna parentela con la sinistra, travisa anche il significato di democrazia? A uno che, o crede gli esponenti del PD incapaci di pensare da soli, o non gli importa dell’eventuale spaccatura e dissoluzione del PD stesso?

Renzi sta portando avanti, a colpi di mano, due riforme, una elettorale e una istituzionale che, prese una per una, sarebbero già orrende, ma che, se combinate, possono diventare mortifere per la nostra democrazia. Ed è questo, ben al di là della crisi economica, il rischio maggiore per questo nostro disgraziato Paese.

Tutti gli “Eppure…” li puoi trovare anche all’indirizzo http://g-carbonetto.blogspot.it/

lunedì 20 aprile 2015

Il vero falso buonismo

Al di là del dolore e dell’indignazione per la morte di altri almeno 700 disperati nel Canale di Sicilia, nell’ascoltare le reazioni alla terribile notizia, la vera domanda che dobbiamo porci non è come sia possibile che persone come Matteo Salvini e Daniela Santanchè possano dire scemenze simili, ma come sia accettabile che noi – tutti noi – possiamo lasciarli pronunciare bestialità così repellenti senza denunciarli alla magistratura per apologia di reato, o per istigazione a delinquere.
Salvini chiede un «blocco navale internazionale subito, davanti alle coste libiche, e Guardia Costiera e Marina Militare a difendere i nostri confini». A lui si aggiunge Maurizio Gasparri che ripete più o meno le stesse parole, ma la Santanchè va ancora oltre e afferma che «L'unica soluzione che si deve mettere in campo subito è che l'aeronautica italiana e la marina militare si attrezzino subito ad affondare i barconi pronti a partire».

Addirittura Fabrizio Cicchitto non può non dire: «Rispetto a fenomeni di questa portata Salvini con la sua polemica dimostra purtroppo di essere soltanto uno sciacallo». E appare evidente lo sgomento del cardinale Severino Poletto, arcivescovo emerito di Torino che sbotta: «Basta con le sciocchezze di Salvini».

Ora, lasciando pur momentaneamente da parte il fatto che le parole di Salvini e Santanché, strenui difensori della famiglia, non hanno nulla di cristiano, ma neppure di umano, sarebbe il caso di ricordare che l’Italia è già stata condannata all'unanimità dalla Corte europea dei diritti umani di Strasburgo per i respingimenti verso la Libia messi in atto dall’allora ministro degli Interni Maroni in applicazione della sciagurata legge Bossi Fini. E bisognerebbe anche tener presente che il soccorso in mare non è un opzione, ma un obbligo, per tutte le legislazioni nazionali e internazionali.

Ora appare evidente che chi sollecita di rifare azioni disprezzabili che hanno già meritato una condanna giurisprudenziale, non fanno altro che esaltare e difendere pubblicamente un reato e, addirittura, indurre a ripetere quelle azioni inqualificabili.

E allora si vede che il vero falso buonismo non è quello di cui Salvini e Santanché accusano chi sente di dovere solidarietà ad altri esseri umani costretti a rischiare la morte per scappare dalla morte, ma quello di tutti noi che, per un malinteso senso di buona educazione e di cavalleria politica evitiamo di denunciare, per apologia di reato, o per istigazione a delinquere, coloro che stanno commettendo un reato assolutamente non discutibile.

Poi la Giunta parlamentare delle autorizzazioni a procedere magari non sarà d’accordo, ma rinunciare a priori a difendere la legge e l’umanità è una colpa tutta nostra.

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sabato 18 aprile 2015

Il venditore di auto

Vi ricordate di quando , sotto una foto di Berlusconi, girava la scritta «Comprereste un’auto usata da questo signore?». Francamente oggi al posto dell’immagine dell’ex cavaliere ci vedrei bene quella dell’attuale presidente del Consiglio, dopo il non grande successo dell’Assemblea dei deputati PD sulla nuova legge elettorale (120 su 310 che non votano sì) e dopo le sue proposte, subito rimangiate, di cambiamento delle riforme istituzionali in cambio del passaggio della legge elettorale, appunto.
 
A parte il fatto che i costituzionalisti dicono che per cambiare la nuova legge sul Senato bisognerebbe ripartire da zero con una perdita (ma, più giustamente, guadagno) di tempo decisamente superiore a quella già rifiutata dal capo del governo, immediatamente dopo Renzi ha fatto marcia indietro e nello stesso modo si sono – ovviamente – comportati i suoi fedelissimi. È evidente che lo hanno fatto per mettere qualche altro cuneo nelle crepe di una minoranza che non riesce ad andare perfettamente d’accordo neppure quando è in ballo la stessa democrazia, ma sta di fatto che l’impressione che se ne trae è esattamente quella di un venditore smaliziato che, davanti a un possibile cliente facile da imbonire, decanta la cromatura dell’automobile per distrarre l’attenzione dalle magagne del motore.


Ma davvero i trucchetti di Berlusconi, pur riveduti e un po' ammodernati, non ci sono ancora bastati?

giovedì 16 aprile 2015

Il governo e il partito

Dopo l’assemblea dei deputati PD nella quale 120 dei 310 aventi diritto (più di un terzo) non ha votato sì alle richieste del segretario, e nella quale le dimissioni del capogruppo Speranza sono state accolte con la stessa attenzione che si può dedicare a quattro gocce di pioggia in primavera, credo che meriti soffermarsi per un momento per analizzare bene la frase con cui Renzi ha detto che all'Italicum «questo governo è totalmente legato nel bene e nel male».
È una frase esatta, nel senso che a essere legato a questa legge elettorale è il governo Renzi, non il PD che, anzi, finalmente sembra aver cominciato a riprendere in mano la propria coscienza fondativa democratica e di centrosinistra. Lo dico perché di Renzi poca gente avvertirà il rimpianto, una volta che finalmente non sarà più il despota che si sente in possesso di tutte le verità, mentre il PD, se riscoprirà se stesso, resterà ancora come possibile punto di attrazione gravitazionale e di aggregazione per quell’Italia che spera ancora di poter riuscire a vivere in un Paese in cui ci sia finalmente una democrazia matura con i suoi non trascurabili corollari di giustizia, uguaglianza, solidarietà, trasparenza, libertà e rispetto.

È una frase esatta anche perché parla esplicitamente del bene (pochissimo) e del male (davvero incommensurabile) che questa legge provocherebbe. Ora se ne sta discutendo sempre più spesso e in sempre più posti, ma è già da mesi che su questo blog si sta parlando dei terribili pericoli per la democrazia che deriverebbero dal combinato disposto di una legge elettorale con un forte premio maggioritario e di una variazione costituzionale che vuole ridurre in pratica a una le Camere del Parlamento italiano. Con un simile cambiamento sarebbe la democrazia stessa a essere messa a rischio: sarebbe un frutto avvelenato troppo pericoloso da accettare per soddisfare le bramosie di lasciare tracce nella storia da parte di una persona che privilegia la velocità al pensiero e che considera soltanto cosa potrebbe succedere alle prossime elezioni che lo vedevano favoritissimo, disinteressandosi completamente di quanto potrebbe accadere in un futuro leggermente più lontano.

Ma ora, forse, potrebbe già cominciare a ripensare alle prossime elezioni.

venerdì 10 aprile 2015

Gli azionisti e i picchiati

La decisione di Renzi di esprimere palesemente che «Confermiamo la fiducia nei vertici di Finmeccanica» anche dopo la sentenza di condanna per l’Italia da parte della Corte di Giustizia europea di Strasburgo con riferimento alla mattanza del G8 di Genova già di per sé meriterebbe un approfondito commento di desolazione e ci farebbe attendere altri commenti - che quasi certamente non arriveranno mai - da parte di Matteo Orfini che chiedeva l’allontanamento da Finmeccanica del presidente De Gennaro, allora capo della Polizia, e di Debora Serracchiani che si affidava alla sua presunta coscienza.
Ma ancora di più mi sembra utile soffermarmi sulla frase con cui Renzi ha accompagnato la sua dichiarazione principale: «Vorrei si parlasse di responsabilità della politica, talvolta: è facile parlare della responsabilità delle forze dell'ordine, dei manifestanti. Ma oggi sarebbe assurdo e inutile aprire una discussione del genere. Per il rispetto che dobbiamo a Finmeccanica, agli azionisti e a chi ha fiducia in questa società sui mercati, diciamo che il governo non ha alcun dubbio su De Gennaro».

La prima parte è ineccepibile: finalmente qualcuno che non sia all’opposizione punta il dito contro le responsabilità della politica in tutti gli scontri sociali e soprattutto per quello che non soltanto ha tollerato, ma ha addirittura indotto a Genova. La maggior parte di noi non ha minimamente dimenticato quello che hanno fatto Scajola e Fini nella sala comando del cosiddetto ordine pubblico per il G8. E nessuno ha mai dubitato che eseguissero - anche se più che volentieri - gli ordini di Silvio Berlusconi che, sacerdote dell’apparenza, voleva dare al mondo l’idea che tutta l’Italia fosse disciplinatamente con lui e con i suoi sogni di disparità sociale. E, a rincarare la dose, nessuno può dimenticare che tutto il centrodestra di allora, Lega compresa, si è schierata compatta in difesa dei picchiatori e contro i picchiati. Esattamente come sta ripetendo adesso.

Ma allora la domanda è inevitabile: come fa Renzi, autoproclamatosi uomo democratico e di sinistra, a mettersi d’accordo per “cambiare” l’Italia con Berlusconi e con coloro che sono responsabili di uno dei peggiori atti antidemocratici che si siano mai visti in questo Paese? Dire che De Gennaro non è responsabile del comportamento della polizia al G8 di Genova equivarrebbe a dire che Berlusconi non è stato responsabile dello sfascio anche etico a cui ha portato l’Italia perché la colpa è stata dei suoi ministri. Perché nominare un capo in un organismo gerarchicamente organizzato se non per dare ordini e per controllare costantemente che i suoi ordini siano eseguiti, proprio perché anche politicamente importanti?

«Aprire oggi una discussione del genere», non mi sembra per niente assurdo. O, quantomeno, mi sembra meno assurdo che dichiarare che un ex capo della Polizia è la persona più adatta per sedere ai vertici della più grande industria pubblica italiana.
Ma l’abisso di pochezza renziana si spalanca con la franse in cui tenta di giustificare la sua decisione con «il rispetto che dobbiamo a Finmeccanica, agli azionisti e a chi ha fiducia in questa società sui mercati». E non si deve rispetto a chi è stato picchiato, ferito, storpiato dai poliziotti con il casco in testa? Non lo si deve alla memoria di Carlo Giuliani?

Non so se è vero che - come diceva Andreotti - il potere logora chi non ce l’ha. Ma so per certo che al potere è arrivato uno che ha ben presente che preferisce logorare chi è già molto logorato e lasciare in pace chi già dispone di altri poteri.

giovedì 9 aprile 2015

Il lusso di pensare

La vicenda Di Gennaro - Finmeccanica mi appare estremamente utile per chiarire come funziona – o, meglio, come dovrebbe funzionare – un partito che dice di essere di centrosinistra. Il PD, infatti, adesso si scaglia, in parte, contro quello che era a capo della polizia quando si sono verificati i vergognosi fatti del G8 di Genova con le violenze praticate dagli uomini in divisa nelle strade, nella scuola Diaz, nella caserma di Bolzaneto. Oggi Matteo Orfini, presidente del PD, dice che «è vergognoso che De Gennaro sia a capo di Finmeccanica» confermando di essere ormai molto più turco, che parla da una posizione di potere tanto quanto era silenzioso quando potere non ne aveva, che giovane. Il segretario Renzi, che aveva confermato De Gennaro ai vertici del primo gruppo industriale pubblico italiano, sta rigorosamente zitto, come sempre gli succede quando non può nemmeno tentare di gettare le colpe su altri, mentre il vicesegretario Debora Serracchiani spera di trovare una via di mezzo appellandosi alla presunta coscienza dello stesso Di Gennaro, coscienza che evidentemente non ha dato alcun segno di vita durante la “macelleria” di Genova, ma neppure dopo.
 
Ma la vera domanda è: serviva una sentenza di condanna della Corte europea perché un partito di centrosinistra si rendesse conto della vergogna gettata su tutto il Paese dagli allora ministri Scajola e Fini e dall’allora capo della polizia De Gennaro? E anche la dizione “rendersi conto” è inesatta perché il vero centrosinistra di quella volta, - l’Ulivo di cui il partito di Renzi sostiene, con evidente millantato credito, di essere erede - era stato inflessibile nelle accuse a chi aveva gestito quella mattanza che peserà per sempre come una vergogna su uno Stato che si picca di essere democratico. Quindi non di “rendersi conto” si tratta, ma di aver tradito l’opera e il pensiero che di, soltanto quando comoda, è indicato come ispiratore e che in 101 hanno preferito impallinare quando l’Italia avrebbe ancora potuto evitare le distorsioni che sta vivendo.

Serviva che la Corte di Strasburgo dicesse ufficialmente che alla Diaz si verificarono vere e proprie torture e che i colpevoli sono rimasti impuniti perché Orfini si sentisse indignato per la posizione di De Gennaro e perché Renzi dicesse che bisogna spicciarsi a infilare nel codice anche il reato di tortura? Ma il Pd crede davvero che per dimostrare davvero di essere almeno di centro, basti ora stigmatizzare quello che accadde a Genova, mentre la destra continua a incensare i suoi “eroi” della violenza eletta a sistema di Stato?

Un vero partito di centrosinistra avrebbe continuato a credere sempre che la violenza di Stato non abbia diritto di cittadinanza in uno Stato di diritto, avrebbe continuato a condannare quei fatti e i suoi protagonisti anche prima di una sentenza ufficiale e oggi non continuerebbe a esibirsi in equilibrismi dialettici che non riescono a nascondere il tonfo etico avvenuto in questi anni.

Si difendono sostenendo che la Costituzione dice che nessuno è colpevole fino a quando una sua condanna non diventa definitiva. D’accordo: anche davanti a obbrobri come quelli di Genova non si può condannare, ma un minimo di etica civile afferma che almeno non bisognerebbe promuovere, o mantenere in posizioni di spicco, i responsabili dello scempio. Ma per fare ciò si sarebbe dovuto anche pensare, cosa che in tempi di velocità obbligata, è evidentemente un lusso per molti insostenibile. Molto più comodo lasciare l’incombenza del pensiero ad altri, come la Corte di Strasburgo.

giovedì 2 aprile 2015

Regole uguali per tutti

Sono perfettamente d'accordo con Michele Serra quando scrive che nessuno «saprebbe spiegare a un iraniano, o a un qualunque altro abitante del pianeta Terra che vive in un Paese sprovvisto di energia nucleare, perché solo un ristretto gruppo di nazioni è autorizzato a farne uso, anche militare, senza che questa prerogativa possa essere considerato "minacciosa" per altri popoli e altre nazioni. In punta di diritto e di buon senso è un ragionamento così iniquo e così illogico da non essere spendibile». Sono perfettamente d'accordo - dicevo - e non pensando alla conseguenza pratica che tutti possano realizzare per sé un arsenale atomico, ma, sempre in un quadro di equità e di parità, alla speranza che anche gli arsenali esistenti siano progressivamente smantellati.
Perché parlare dell'Iran in questa sede? Intanto perché è una questione che riguarda il mondo intero, e quindi pure noi, ma anche in quanto il senso di potere che fa consentire a se stessi quello che si vuole proibire agli altri è molto diffuso in tutti i campi e a tutti i livelli.

Scendiamo molto di livello e prendiamo, per esempio, la vicenda del PD siciliano in cui il presidente regionale, Mario Zambuto, si è dimesso, su sollecitazione di esponenti vicinissimi a Renzi, tra cui il vicesegretario nazionale Lorenzo Guerini, che hanno ritenuto del tutto inopportuno il suo incontro con Berlusconi per scegliere assieme la candidatura di Silvio Alessi, vicinissimo a Forza Italia, alle primarie del centrosinistra; primarie da Alessi vinte e poi annullate per la protesta montante degli elettori davvero di centrosinistra.

Sono perfettamente d’accordo sul fatto che Zambuto doveva andarsene, perché la colpa di tradire il centrosinistra con Berlusconi non è certamente veniale; ma come mai lo stesso Guerini dimentica che è stato Renzi a dare l’esempio, andando a resuscitare politicamente Berlusconi e fissando con lui quel “patto del Nazareno” che ha dato tantissimi frutti avvelenati tra cui quella legge elettorale che, oltre a spaccare il PD e ad allontanare tanti altri elettori, mette a serio rischio la tenuta della stessa democrazia italiana?

Sono perfettamente d'accordo - dicevo - e non pensando alla conseguenza pratica che tutti potrebbero continuare a sporcare ulteriormente il centrosinistra andando a trattare di posti e poltrone con Berlusconi, ma, sempre in un quadro di equità e di parità, alla speranza che anche chi ritiene di essere superiore a qualsiasi regola di morale politica si decida ad accettarla.