lunedì 30 marzo 2015

Velocità e democrazia

Quando Landini dice che Renzi è peggio di Berlusconi, ha torto e ragione assieme.
 
Torto perché di suo, pur assommando ed esaltando alcune delle caratteristiche peggiori dei vecchi democristiani di destra, Renzi non può riuscire a superare il vecchio maestro che, tra l'altro, ritiene di essere ancora tale.

Ragione, in quanto è riuscito a dare realtà ad alcuni tra i sogni berlusconiani da lui non realizzati; e ci è riuscito in quanto ha la possibilità di sfruttare al massimo contemporaneamente sia la cupidigia di servilismo e di adulazione del suo popolo che, ricordando molto da vicino quello di Nerone-Petrolini, è pronto ad applaudire addirittura prima che il capo abbia finito di parlare, sia in quanto può contare sul pur riluttante, ma ripetuto assenso di chi crede ancora che chi si oppone al governo Renzi, si oppone a un governo di sinistra.

Ma così non è e sarebbe il caso di dirlo ripetutamente e a voce alta, cominciando, per esempio, da quella sbandierata velocità che può sembrare un punto di forza, ma è anche di debolezza.

Pensiamoci: se la democrazia è scelta e se la scelta è figlia della conoscenza, allora ne deriva in maniera inconfutabile che la velocità è contraria alla democrazia perché non permette la conoscenza e, quindi la scelta. Tutto questo appare ancora più chiaramente se si considera che una persona può passare tutto il tempo che gli serve a pianificare un proprio progetto e poi pretende che la risposta – ovviamente affermativa – arrivi in tempi ristretti non lasciando agli altri il tempo per riflettere sulla risposta che, man mano che il tempo passa, ha maggiori probabilità di essere almeno parzialmente negativa in quanto un’attenta riflessione può mettere in luce quelle crepe che a una prima, veloce occhiata, non appaiono evidenti.

Quello della velocità è un modo di fare che può andare bene nell'economia e nella finanza, ma non nella democrazia e, quindi, nella politica. Perché nell'economia e nella finanza nella concorrenza si cerca il disequilibrio, mentre nella democrazia si dovrebbe cercare l’equilibrio.

L'importante, insomma, non è fare riforme, ma farle bene. L'Europa non ha mai chiesto a nessuno, tanto per dare un esempio, di eliminare, o di stravolgere il Senato, né di impostare una legge elettorale fortemente maggioritaria.

Sicuramente la parte buona dell'Europa sarebbe molto più interessata a una buona legge anticorruzione. Fare riforme non è un merito a prescindere dal risultato che si ottiene e con l'uso strumentale e ricattatorio del concetto di velocità le probabilità di fare errori cresce in maniera esponenziale.

Se si combinano le nuove leggi costituzionali con la nuova legge elettorale fortemente maggioritaria e senza predisporre i necessari contrappesi istituzionali, per esempio, non è difficile immaginare cosa potrebbe succedere se a vincere il ballottaggio fosse un esponente politico della destra peggiore, magari con tendenze all'autoritarismo e con tutte le leve del potere in mano. E allora la velocità di oggi sarebbe la causa del disastro di domani.

E anche di questo dobbiamo continuare a parlare spesso e a voce alta.

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