sabato 9 marzo 2013

La deplorazione del fair play

Il fatto che non si vedano possibili vie d’uscita razionali dalla situazione creata dai risultati del voto sta assorbendo la quasi totalità delle energie di chi (il centrosinistra) da una scomoda situazione di quasi maggioranza cerca di trovare strade ragionevoli per approfittare temporaneamente del risultato del voto per mettere a posto alcune cose che devono comunque essere messe a posto prima di tornare alla urne; di chi (il centrodestra) cerca di approfittare della situazione per dare ulteriori vantaggi al suo leader sempre meno legalmente difendibile; di chi (il M5S) vuole lucrare sull’insoddisfazione generale per farla aumentare ancora in parallelo con la sua già cospicua percentuale.
Invece, per capire questa Italia, al di là delle strategie di Bersani e del Pd, di Berlusconi, di Grillo e del suo ventriloquo Casaleggio, credo sia ancora da dare un’occhiata al voto di due settimane fa. E credo sia il caso di farlo partendo dai grandi concetti che una volta sembravano essere alla base del giudizio degli elettori. Perché è il caso di chiederci, innanzitutto, che fine abbia fatto la parola “onestà” e la sua cugina “legalità”?
Me lo chiedo perché, fino a quando non riuscirò a capirlo, non sarò in grado di darmi una ragione del risultato elettorale per la Regione Lombardia: il fatto che, dopo la quantità di scandali che ha sommerso PDL e Lega a Milano e dintorni, Maroni, PDL e Lega abbiano sconfitto Umberto Ambrosoli, vero e proprio simbolo di onestà e legalità (scelto proprio per ammettere e cancellare la vergogna Penati) significa che di queste qualità a buona parte dell’elettorato non gliene può importare di meno. Anzi, le vede come un vero e proprio pericolo.
Che poi l’elettorato sia sovrano è indiscutibile, ma altrettanto indiscutibile è il fatto che restare zitti davanti a un elettorato pronto a farsi imbrogliare per l’ennesima volta con false promesse, o pronto ad accettare la falsità che “tanto sono tutti uguali”, è un peccato gravissimo. Il fair play sarà probabilmente un pregio nello sport: nel vivere democratico è soltanto un’idiozia autolesionistica.

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