venerdì 28 dicembre 2012

I consigli politici della Chiesa

Alla “salita in politica” di Mario Monti corrisponde un’immediata nuova “discesa in campo” della Chiesa che interviene immediatamente in appoggio al presidente del Consiglio uscente, con una prontezza che fa capire senza sforzi che qualunque cosa può andar bene pur di mettere i bastoni tra le ruote di un centrosinistra troppo laico per i gusti di Oltretevere.
Dal Vaticano e dai suoi organi di stampa ci si aspetterebbe un più che lecito intervento in politica, se per politica si intendono i principi ai quali la politica dovrebbero uniformarsi, magari seguendo le parole del Vangelo e non i desideri dei prelati di turno; quello che sembra assolutamente fuori luogo è la discesa in “partitica” che corrisponde a uno sposalizio aprioristico - e per molti improprio oltre che sgradevole - con uno schieramento.
Non serve andare all’atteggiamento vaticano nei confronti dei fascisti dopo i Patti Lateranensi, ma già soltanto l’esperienza fatta sostenendo a spada tratta Berlusconi in questi ultimi due decenni dovrebbe essere stata sufficiente: i compromessi accettati da molti prelati pur di non andare contro Berlusconi e i suoi ha tolto molta autorevolezza e credibilità purtroppo al corpo completo della Chiesa e non soltanto a coloro che avevano sostenuto Berlusconi. Sono in gran parte gli stessi che oggi sostengono Monti.

giovedì 27 dicembre 2012

Riformatori e conservatori? No, progressisti e restauratori

Quando questo Paese comincerà a ridare il giusto peso al significato delle parole allora molti dei suoi problemi potranno cominciare a essere risolti. In realtà dovremmo essere già abbondantemente vaccinati contro la manomissione e l’usurpazione delle parole e, invece, nella maggior parte dei casi stiamo lì come allocchi a lasciare che con le parole il potente di turno – o aspirante tale – ci prenda in giro, ci avviluppi fino a strangolare la nostra coscienza rendendola non insensibile, ma incapace di intendere.
Eppure basterebbe ricordare come tutte le dittature – e molti partiti politici – si siano fregiati impunemente dell’aggettivo “democratico” senza mai dare la parola al demos, al popolo, oppure limitandone la scelta a un’unica opzione; come si sia stati ad ascoltare senza reagire a stupidaggini come “guerra umanitaria”. E, per venire a questioni che ci riguardano molto da vicino e che si rifanno alla recente politica italiana, come con leggerezza abbiano tentato di parificare la parola “prescrizione” con “assoluzione”, e di camuffare il concetto di “arbitrio” con quello di “libertà”, di “schiavitù” con “liberismo”, di “socialità” con “comunismo”. Fino ad arrivare alle vere e proprie truffe palesi come l’utilizzo della parola “lodo” che indica una transazione, o un compromesso, per definire, invece, una furbata, un’imposizione della maggioranza alla minoranza che poi fortunatamente è stata cassata dalla Corte Costituzionale e non per motivi linguistici. E si potrebbe continuare a lungo.
Adesso ci riprovano tentando non soltanto di rendere indifferenziati i significati dei termini “riformatore” e “conservatore”, ma addirittura di invertirne il significato asserendo che riformatore è colui che cambia l’esistente, mentre conservatore è quello che si oppone al suo cambiamento. È vero, ma soltanto in minima parte.
Per fare un esempio semplice e chiaro, secondo questi imbroglioni linguistici si potrebbe dire che chi si oppone a una nuova legalizzazione della schiavitù è un conservatore, mentre chi ne chiede la reintroduzione è un riformista. Esempio assurdo? Sì, ma mica tanto, visto che sono i supposti conservatori quelli che oggi si impegnano a difendere i diritti dei lavoratori, delle donne, dei deboli, degli immigrati, dei poveri, degli ultimi. Mentre sono i cosiddetti riformatori a pensare a come tagliare questi diritti per dare maggiori poteri e maggiore ricchezza a chi già ne ha. Per capirci, pur con grande rispetto per la libertà delle sue idee, Ichino a me sembra un conservatore della più bell’acqua.
Il fatto è che invece di parlare di riformatori e conservatori, in questo momento storico dovremmo parlare di progressisti e di restauratori, laddove per progresso si intende davvero il progredire verso condizioni migliori per tutti con una prospettiva che non si fermi soltanto alle necessità contingenti, ma sconfini almeno un po’ nell’utopia.

mercoledì 12 dicembre 2012

Lo sprezzo del ridicolo

È incredibile come in Italia siano in tanti ad agire con sommo sprezzo del ridicolo.
Cito, solo per parlare degli ultimissimi giorni, Beppe Grillo che dice: «Se mi accusate di non essere democratico, vi caccio fuori dal partito». E lo fa, anche se sono tantissimi dei suoi a ribellarsi per questo diktat antidemocratico.
Oppure Berlusconi che afferma che lo spread è un imbroglio di cui non merita parlare. Che sia un imbroglio tra i tanti creati dalla finanza per portare via soldi agli altri, siamo d’accordo. Sul non parlare dello spred e delle cause che lo hanno fatto inalzare di tanto, decisamente no, visto che ogni variazione di spread comporta maggiori o minori esborsi per interessi dell’ordine di milioni di euro.
E ancora: i berlusconiani dicono che Berlusconi è un fervente europeista. Tanto europeista da dire che l’Europa non esiste se non per obbedire agli ordini della Germania e che bisognerebbe uscire dall’euro per stampare nuova carta moneta.
Mi fermo qui, ma si potrebbe andare avanti a lungo.
La cosa strana è che nel resto del mondo queste cose sarebbero sepolte immediatamente da immensi cumuli di risate. In Italia, invece, ci si preoccupa dei risultati che queste incredibili portatori di faccia tosta potrebbero ottenere alle elezioni.

sabato 1 dicembre 2012

La regola delle regole

In un paio di precedenti blog avevo già dichiarato esplicitamente la mia contrarietà all’ipotesi che Matteo Renzi potesse diventare il candidato premier del centrosinistra argomentando la mia scelta soprattutto con l’idea che non si sarebbe più trattato di quel centrosinistra in cui credo e spero io.
Gli ultimi giorni mi hanno rafforzato nelle mie idee che ritengo doveroso esprimere: la voglia di cambiare le regole per il voto alle primarie nasconde, non troppo bene, l'intenzione di tentare di vincere facendo aumentare la quantità di persone, non della parte politica alla quale mi sento vicino, intenzionate a inquinare le scelte dell’elettorato che poi tornerà davvero a votare per il centrosinistra nel momento in cui si sceglierà il nuovo Parlamento.
Ma non è tanto il timore dell’inquinamento esterno a farmi paura: è quello dell’inquinamento ideale interno. Perché se anche da noi dovesse passare il concetto che le regole valgono fin quando fanno comodo e che poi, in corso d’opera e non democraticamente, possono essere cambiate a piacere, allora davvero cadrebbe una delle differenze più marcate con il centrodestra berlusconiano; allora davvero la parola “rigore” non significherebbe onestà di comportamento e rispetto dei patti, ma soltanto tagli economici indiscriminati e soprattutto sempre a carico di chi non ha il potere, appunto, di cambiare le regole che lo affamano.