giovedì 21 ottobre 2021

Abbondanza o carenza?

Honsell In questi giorni l’attenzione generale è stata assorbita dall’assalto alla CGIL di Roma e dai tentati blocchi dei porti, soprattutto di quello di Trieste, da parte di coloro che vengono chiamati no-vax, o no-pass, ma che, in realtà, dovrebbero essere definiti “no-lib” visto che attentano pesantemente ai diritti altrui tra i quali è il primo e quello sottolineato dall’articolo 32 della nostra Costituzione: «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività».

Ed è forse per questo che è passato quasi sotto silenzio, tranne che per una lodevole interrogazione del consigliere regionale Furio Honsell, il fatto che la casa editrice Kappavu sia stata depennata dal novero degli editori presenti al Salone del libro di Torino nello stand della Regione Friuli Venezia Giulia.

Perché? È stata la stessa assessora Gibelli a confermare il fatto e a lanciarsi in acrobazie dialettiche per giustificare una decisione inqualificabile e in netto contrasto con il dettato della Costituzione che, nell’articolo 21, afferma: «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure».

Il tema del contendere è sempre quello rappresentato dalla raccapricciante storia delle foibe e dal tentativo delle destre di usarla come contraltare della Shoah, come se fosse possibile che due negatività si annullino a vicenda, mentre, in realtà, finiscono per assommarsi nel cumulo di disumanità di cui è zeppa la storia. Quello che all’assessora non va giù non è che ci sia un negazionismo che nessuno si sogna di sostenere, ma che si pubblichino lavori di storici che, con documentazioni, come per tutte le altre stragi, cerchino di dare contorni numerici definiti alla realtà e che retrocedano nel tempo per ricordare anche i motivi per i quali molti slavi odiassero i fascisti che altre stragi avevano perpetrato durante l’occupazione di gran parte dell’attuale Slovenia e della Croazia. Solo per ricordare un episodio: il 4 agosto 1942 il generale Mario Robotti ha trasmesso per iscritto, in un fonogramma, a margine di un ordine impartito dal generale Roatta, una sua conclusione: «Si ammazza troppo poco!». Intendiamoci: la vendetta, soprattutto quella cruenta, non è mai lecita, come è assolutamente inaccettabile l’idea di pensare che ogni italiano fosse un fascista, ma questo può far capire come si sia arrivati a simili livelli di odio reciproco e di barbarie.

Nella sua risposta l’assessora curiosamente afferma di essere contro il pensiero unico; quello altrui, naturalmente. E facendo ciò ricorda da vicino, pur se su altri temi, quelli che affermano: «Non sono razzista, ma…». Poi elenca una serie di titoli editi dalla Kappavu dei quali, come lei stessa fa capire, ha letto soltanto le brevi note di presentazione e annovera tra quelli che lei chiama «ladri di verità» vari storici di cui alcuni scrivono anche per il Mulino, una delle case editrici più serie e rispettate a livello internazionale, nel campo della saggistica.

A contraltare quelli che scrivono di storia pone il cantautore (o l’artista, come preferisce chiamarlo lei) Simone Cristicchi, che viene portato a esempio di difensore della verità perché ha avuto molto successo nei suoi spettacoli dedicati all’esodo e, quindi, anche alle foibe. Nessuno mette in dubbio la buona fede con cui Cristicchi ha scritto e portato sul palco “Magazzino 18”, ma se l’unico metro di giudizio per Tiziana Gibelli è dato dal successo di pubblico, immagino che il suo riferimento filosofico attuale sia quello dei pur musicalmente bravissimi e pluripremiati Måneskin.

Da applausi è, poi, la veronica con la quale tenta di annacquare le più che giustificate accuse: dapprima chiama a correo Pordenonelegge che, visto come si è sempre comportato, non posso assolutamente pensare sia complice di una simile censura, e poi se ne esce con dei distinguo davanti ai quali l’Azzeccagarbugli manzoniano appare come un piccolo dilettante: «La Kappavu non è stata esclusa dal Salone del libro di Torino», ma il suo nome non compare nell’elenco degli editori presenti nello stand della Regione». E poi, ancora più virtuosistica: «Non ho impedito loro di partecipare; semplicemente non li ho accettati», e, specificando, «ho impedito loro, non abbiamo consentito di esporre il loro catalogo», cancellando così circa trecento titoli che, tra l’altro, con la storia delle foibe non hanno neppure il più piccolo aggancio.

Davanti a simili atteggiamenti di un’assessora regionale e al terribile silenzio che ha accompagnato questa censura è difficile non tentar di far ricordare a tutti che la ragione dell’ascesa al potere di Mussolini non è stata una sovrabbondanza di fascisti, bensì una drammatica carenza di democratici.

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