Una
frattura può impedire di scrivere, ma non di vedere, pensare, parlare. E
vedere quello che sta risalendo a galla in Italia impone di pensare e
parlare.
In questo periodo sono accadute
tantissime cose, alcune di una gravità che è riuscita a essere un
gradino più in alto rispetto a quella gravità che pensavamo già essere
un record. Ma questa volta, almeno per una volta, si deve guardare a
quello che è successo di buono e mi riferisco al fenomeno delle
cosiddette Sardine, tanto vituperate e tanto temute dalla destra, tanto
lodate e tanto temute da certa sinistra.
Era da così tanto tempo che non
vedevamo più una realtà che una volta respiravamo quotidianamente in maniera
praticamente automatica, che non ci stiamo quasi rendendo conto che
stiamo vedendo rinascere quello che è sempre stata la base, il DNA della
democrazia rappresentativa: il sentire comune di gruppi di persone; il
desiderio di far arrivare il proprio pensiero là dove si può decidere e
operare senza necessariamente doverci andare di persona; l’avere una
serie di valori irrinunciabili ed essere convinti che quei valori non
possono in nessun caso essere messi in ombra, scavalcati, conculcati da
un leader, capo politico, capitano, dittatore, comandante, uomo
carismatico (altri sinonimi metteteceli pure voi) che sia. E dai suoi
interessi, confusioni, o umori del momento.
Accusano le Sardine di essere contro
e di non fare proposte politiche. Ma chiediamocelo: l’essere contro
qualcosa, il non volerlo, non sarebbe una scelta? Altro che se lo è. Se
gli antifascisti avessero urlato quotidianamente e a voce altissima il
loro no, il fascismo non sarebbe mai cresciuto. E la stessa cosa, pur se
la satrapia portava nomi diversi, è accaduta in moltissimi Paesi del
mondo.
Perché il maggiore nemico della
democrazia è sempre il silenzio. E il silenzio non va inteso soltanto
come assenza di parole: deve essere anche assenza di rumore. E nelle
circa cento piazze d’Italia riempite da queste riunioni improvvise e
improvvisate, ma coscienti e determinate, il rumore è stato assicurato
da impianti di amplificazione inadeguati, da canti che hanno fatto
uscire dalla bocca anche migliaia di voci stonate. Il rumore è stato
assicurato dalle parole che si è scambiati gli uni con gli altri, dallo
stupore e dal piacere di trovarsi vicini a qualcuno che si conosceva già,
ma che non si sapeva che la pensasse più o meno come noi.
Accusano le Sardine di essere contro
e di non fare proposte politiche. Ma vi sembra davvero politicamente
poco trovarsi e stare insieme perché si è tutti contro quello che si è
convinti essere il male. E se si è contro quello che si è convinti
essere il male, si è inevitabilmente a favore di quello che si è
convinti essere il bene. Quel bene che poi, comunque, continuerà ad
avere le sue mille sfumature.
In quelle piazze, guardando il
vicino ci si rende conto di non sapere per quale partito, o per quale
candidato egli voterà, ma si è già certi che esprimerà il suo suffragio
in maniera tale da far allontanare il populismo, il sovranismo, il
razzismo. E anche il protagonismo di chi, soprattutto a destra, ma anche
in altre parti politiche, crede di poter essere l’unico uomo al
comando, l’unico capace di pensare, l’unico a possedere la verità.
Mentre la democrazia investe tutto il popolo della responsabilità e del
potere di portare il proprio mattone per la costruzione del bene comune.
E questo vi sembra poco? E questo non dovrebbe già essere una gran
cosa?
Le Sardine non possono, né devono
diventare un partito, ma sono già la promessa di qualcosa di ancora più
importante: sono il concepimento di quella che speriamo sia la rinascita
dei cosiddetti “corpi intermedi”, di quelle libere associazioni di
cittadini che non avevano come scopo quello di indirizzare i voti degli
aderenti verso un unico partito politico ben determinato, ma si
impegnavano a indirizzarlo verso aree politiche, quelle sì, socialmente
ben determinate.
La nascita delle Sardine mi appare
come il primo vagito di un neonato che, a guardarlo bene, assomiglia
molto alla reincarnazione della prima democrazia rappresentativa, quella
che era davvero rappresentativa e che, soprattutto era davvero
politica.
A vedere le piazze così piene, nel
freddo, sotto la pioggia, sembra di assistere a un benedetto ritorno al
futuro nel quale ci si volge indietro per recuperare tutto quello di
buono che abbiamo perduto, o distrutto, per strada e ci si spinge in
avanti per riportare a galla quella democrazia solidale che è l’unica
che può far schiarire l’orizzonte per far finire questa maledetta notte
che è durata davvero troppo.
Tutti gli “Eppure…” li puoi trovare anche all’indirizzo http://g-carbonetto.blogspot.it/
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