venerdì 27 settembre 2019

Dimmi con chi vai…

Tempi duri anche per i proverbi. Provate a pensare al classico «Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei» che non è, come si è inizialmente portati a pensare, un grano di saggezza che arriva da qualche vecchio sentenziante, ma porta addirittura la firma di Johann Wolfgang von Goethe. Pensateci e vedrete che nemmeno il grande letterato tedesco potrebbe più sostenere la stessa cosa guardando la politica italiana.
 
Ovviamente è chiaro che, se vai con Salvini e i suoi, sei identificabile con grande chiarezza, mentre se vai con Di Maio e compagnia, farai restare sempre tutti in dubbio non perché la mimetizzazione sia efficace e totale, ma perché neppure i capofila grillini sanno bene chi e cosa sono.

Ma provate a pensare di entrare nel PD: chi potrebbe collocarvi con sicurezza in una qualche casella politica identificativa?

Cerco di spiegarmi. Durante il periodo Renzi il partito ha perduto tanto le sue caratteristiche di sinistra da veder sparire una consistente parte del suo elettorato che non si sentiva più rappresentato da quel partito, mentre altri hanno continuato a essere iscritti, o almeno a votarlo, nella speranza di fargli nuovamente cambiare rotta.

Poi, quest’estate un nuovo grande tourbillon: i dem, su spinta di Renzi – a sentir lui, semplice senatore toscano – decidono di fare il governo assieme ai 5stelle dai quali fino a tre giorni prima sono stati sanguinosamente offesi e che, sempre fino a tre giorni prima, avevano ricambiato con la medesima moneta. E i malesseri di un essere umano di sinistra aumentano notevolmente, anche se la mossa è decisamente comprensibile e accettabile visto che il suo principale scopo è quello di allontanare al più presto possibile Salvini dai posti dove può fare più male a tutto il Paese.

Poi Renzi se ne va a fondare Italia viva e a quel punto scattano subito alcune migliaia di iscrizioni e reiscrizioni al PD da parte di persone che credono che il partito stia riorientandosi a sinistra. E questa sensazione diventa ancor più netta quando anche Laura Boldrini lascia LEU per entrare per la prima volta nel PD.

Finalmente un’identità politica che torna a essere chiara? No, perché a entrare nel PD è anche Beatrice Lorenzin, prima berlusconiana, poi alfaniana e anche ministro della Salute di impronta conservatrice.
 

Intendiamoci: è perfettamente lecito, anzi auspicabile , che tanti si pentano dei loro trascorsi di destra e vogliano impegnarsi a sinistra. Quello che mi appare meno lecito è che per l’ingresso della Lorenzin si faccia più rumore e più festa che per il rientro di tanti delusi e che, contemporaneamente, alcuni del PD storcano già il naso davanti alla prospettiva, non scontata, che a riprendere la tessera siano anche persone come Bersani e Prodi.

Altro che recupero di identità! Lo stesso Goethe ammetterebbe che per il PD il suo proverbio è inapplicabile e che molto più aderente alla realtà potrebbe essere quello coniato da Marcello Marchesi, sceneggiatore e umorista scomparso negli anni Settanta, che diceva: «Dimmi con chi vai e ti dirò se vengo anch’io».


Tutti gli “Eppure…” li puoi trovare anche all’indirizzo http://g-carbonetto.blogspot.it/

sabato 7 settembre 2019

Per gioire c’è tempo

Ci sono stati momenti di entusiasmo immotivato al termine del primo giorno del nuovo governo Conte, quando, in rapida successione, sono arrivate tre notizie.
 
La prima è stata che il governo Conte bis, nella sua riunione inaugurale, ha impugnato la legge del Friuli Venezia Giulia ritenuta discriminatoria nei confronti dei migranti, ma anche degli stessi italiani che non risiedono in questa regione da almeno cinque anni.

La seconda ha visto, da parte del tribunale di Locri, la revoca del divieto di dimora a Riace, il suo paese, per Mimmo Lucano, l’ex sindaco che lo aveva trasformato in un esempio di integrazione ammirato e studiato nel mondo.

La terza è stata costituita dal fatto che Salvini ora è indagato dopo la denuncia per diffamazione avanzata nei suoi confronti da Carola Rackete, la capitana di Sea Watch 3, che l’ex ministro degli Inferni aveva definito, tra l’altro, «fuorilegge» e «delinquente».

A prima vista potrebbe sembrare che l’era Salvini abbia cominciato a essere cancellata dalla realtà, dalla ragione e dalla giustizia; ma subito ci si rende conto che l’impugnazione della legge voluta dall’ipersalviniano Fedriga è arrivata dopo un’istruttoria condotta dal governo precedente, dall’avvocatura dello Stato e da altri organi competenti; che l’udienza nella quale è stato revocato il divieto di dimora a Mimmo Lucano era già fissata da tempo; e che anche la stessa Rackete aveva annunciato da tempo la denuncia per diffamazione.

Quindi l’esultanza è sicuramente immotivata e la speranza che questo nuovo governo abbia la capacità di impedire che la locomotiva sociale Italia riesca a evitare il deragliamento deve ancora assumere contorni di concretezza. Per ora, insomma, è la ragione ad aver vinto, non la politica. Se poi ci siamo stupiti dal fatto che la normalità della ragione riesca a farsi strada, questo dipende dal fatto che la politica ci ha abituato a essere troppo spesso incomprensibile perché era la ragione stessa a essere calpestata.

Potremo dire che qualcosa sta cambiando soltanto quando sarà tolto il divieto di accesso nelle acque italiane alla nave Alan Kurdi che non può realizzare “l’invasione” di ben 13 naufraghi e quando il Parlamento darà l’autorizzazione a procedere contro Salvini.

Per ora possiamo soltanto essere certi di due altre cose. Una è che la magistratura continua a essere indipendente. L’altra riguarda l’impugnazione della legge di Fedriga e dimostra che né Di Maio, né Salvini (il vero «traditore», per usare le parole dello stesso Fedriga) sapevano quello che stava accadendo dentro il loro governo. Il primo probabilmente perché incapace di capire quello che nel suo ministero gli dicevano, quasi si trattasse di una di quelle lingue straniere che ora – purtroppo per noi – dovrà ascoltare quasi ogni giorno, sempre con difficoltà a capire anche la traduzione; il secondo probabilmente impossibilitato a sapere cosa stava accadendo perché praticamente mai presente nel suo ministero, o a palazzo Chigi perché troppo occupato a gonfiare in giro per l’Italia i suoi sogni di gloria.

Ma se il secondo è scoppiato e se ne è andato, il primo è ancora là e già nel secondo giorno di governo ha dato prova di quanto tenga a se stesso e quanto poco a un programma per l’Italia. Il neo-ministro delle lingue incomprensibili, Luigi Di Maio ha convocato alla Farnesina, sede del suo ministero, gli altri nove ministri 5stelle. E lo ha fatto sapere alle agenzie di stampa per sottolineare che è convinto di essere ancora il “capo politico” del suo partito e che Conte deve accettare in silenzio perché, anche se in sede di trattativa per i posti è stato negato, è sempre in quota grillina.

Probabilmente non passerà molto tempo prima che i raziocinanti dei 5stelle gli facciano fare la fine di Toninelli, ma prima di allora di motivi per gioire non ce ne saranno molti.

Tutti gli “Eppure…” li puoi trovare anche all’indirizzo http://g-carbonetto.blogspot.it/

mercoledì 4 settembre 2019

Il presente e il futuro interiore

È stato sicuramente giusto approfittare del momento di megalomania di Salvini per sfilargli da sotto quel governo che, con la determinante complicità dei 5stelle, gli permetteva di fare strame di umanità, solidarietà, Costituzione e democrazia. E di farlo con azioni che avevano come base fondante una propaganda che, nelle sue intenzioni, avrebbe dovuto dare anche a lui quei «pieni poteri» che già nel secolo scorso gli italiani sono stati così vergognosamente scemi o interessati da dare a un personaggio che ha ridotto il nostro Paese in macerie morali e materiali.

È stato anche giusto fare il possibile per disinnescare il pericolo dell’aumento dell’IVA e per non restare isolati dall’Europa nel momento in cui si stavano scegliendo i componenti la Commissione.

Ma le affermazioni si fermano qui. Poi cominciano le domande.

È stato giusto diventare soci di coloro che sono stati complici attivi (con voti, fiducie, firme e dichiarazioni) dell’ex ministro degli Inferni nelle scelte più disumane e fasciste che si siano viste in Italia dal 1945 in poi? È stato giusto legarsi le mani in una situazione politica che continuerà inevitabilmente ad annacquare quei valori e quei principi che già sono stati nascosti dalle contrapposizioni interne di un PD che non ha mai appianato – forse perché davvero inconciliabili, se non momentaneamente e per alleanze – le differenze tra le sue due anime principali? È stato giusto accettare di sostenere uno spot come la riduzione dei parlamentari che indebolirà ulteriormente la rappresentanza? È stato giusto esporsi a rischi di ulteriore ripulsa, da parte di quelli che hanno ancora lo stomaco forte per andare a votare, assumendosi la responsabilità di sottoscrivere una finanziaria di contenuti inevitabilmente drammatici e probabilmente dovendo accettare che le cancellazioni degli orrori salviniani non siano immediate e clamorose perché quegli orrori sono anche grillini?

Le domande potrebbero essere ancora tante, ma mi fermo perché già queste possono bastare in abbondanza per guardare al governo che nascerà oggi con una preoccupazione che non cancella completamente la gioia di non sentire più Salvini che impartisce ordini disumani, ma che non si dissolve se si comincia a pensare a dove questa strada potrà portarci.

Ancora una volta si è deciso si privilegiare la tattica rispetto alla strategia, di impegnarsi sul presente rispetto al divenire complessivo che, in definitiva, è per noi costituito da quelle speranze, da quelle utopie non ancora realizzate che Michela Murgia ha magnificamente descritto in un suo libro con la locuzione “futuro interiore”.

Abbiamo molto bisogno di auguri. Ma soprattutto di ricordare che non siamo spettatori di quello che succede: ne siamo responsabili e che limitarsi a esistere nel momento del voto, o addirittura rifiutare anche quello, è il modo più efficace per lasciar crescere i Salvini, i Di Maio e tutti figuranti che li hanno sostenuti in quest’ultimo anno abbondante. Per indebolire ulteriormente, insomma, la democrazia.


Tutti gli “Eppure…” li puoi trovare anche all’indirizzo http://g-carbonetto.blogspot.it/