giovedì 9 maggio 2019

Le vere differenze

Quando si sbaglia, si deve ammetterlo. Ho sempre stigmatizzato il comportamento di Di Maio al governo accusandolo di essere complice di Salvini nelle sue azioni più disumane per paura di dover rinunciare a una poltrona comoda e prestigiosa come quella di vicepresidente del Consiglio. Mi sbagliavo: Di Maio è complice di Salvini semplicemente perché è simile a lui.
 
Non ci credete? A Roma la sindaca Raggi è andata a Castel Bruciato, dove andava in scena la solita violenza di CasaPound e complici contro una famiglia Rom che voleva entrare in una casa popolare assegnatale secondo le graduatorie di legge e ha detto che «Questa famiglia risulta legittima assegnataria di un alloggio. Ha diritto di entrare e la legge si rispetta. Siamo andati a conoscerli e sono terrorizzati. Abbiamo avuto modo di far conoscere questa famiglia ad alcuni condomini. Chi insulta i bambini e minaccia di stuprare le donne forse dovrebbe farsi un esame di coscienza. Non è questa una società in cui si può continuare a vivere».

L’iniziativa della sindaca, accompagnata da alcuni vicini di casa e dal direttore della Caritas diocesana di Roma, è stata accolta da una raffica di insulti e offese sessiste da parte dei fascisti e di parte dei residenti, ma anche con esplicita irritazione da Di Maio che, in piena sintonia con Salvini, ha affermato che prima si aiutano i romani, poi gli italiani, poi tutti gli altri. Il capo politico dei 5stelle si è indispettito anche per la tempistica con cui la sindaca ha scelto di prendere questa sua iniziativa facendo così distrarre una parte dell’attenzione di coloro che tra poco andranno a votare dal licenziamento del sottosegretario leghista Siri dal governo.

D’altro canto, vista a posteriori, la presa di posizione di Di Maio non avrebbe dovuto stupire perché obbiettivamente, se non si fosse della stessa idea, o almeno se non la si accettasse, sarebbe difficile tollerare di restare nella medesima stanza dove si deve respirare la stessa aria di chi, per cinica propaganda e per inumana ferocia, si spinge a considerare le migliaia di morti annegati nel Mediterraneo un buon esempio, un deterrente per altri migranti pronti a partire per fuggire da guerre, torture, dittature, fame, malattie endemiche; insomma per chi coscientemente rischia la morte per sperare di vivere. Di chi considera la morte di un essere umano, anche se ladro, una pena esemplare per dissuadere altri dal seguire la stessa strada. Di chi vuole riportarci indietro di secoli quando la giustizia non dipendeva dalle leggi, ma soltanto dalla forza e dalle armi del più forte.

Noi siamo abituati da sempre a scrutare coloro che ci arrivano davanti e a cercar di individuare in cosa sono diversi da noi. E, invece, dovremmo rovesciare la prospettiva di questi contatti. Le differenze non vanno cercate tra coloro che vengono da noi per cercare accoglienza e aiuto: loro sono tutti resi uguali dalla sofferenza e dal bisogno. Le vere differenze sono tra noi: tra quelli che accolgono e quelli che respingono; tra coloro che credono che tutti siano uguali e i razzisti che credono che un italiano Rom, o di pelle un po’ più scura, abbia meno diritti di un italiano non Rom, o di pelle chiara.

In questa nostra società i travisamenti della realtà sono sempre tantissimi, ma questo è uno dei più importanti perché dura da secoli e ha causato milioni di immotivabili persecuzioni e di lutti.

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