sabato 4 maggio 2019

Disordine e indisciplina

Matteo Salvini (scusate se comincio ancora una volta con queste parole) sta tenendo una serie infinita di comizi nella sua eterna campagna elettorale e questo tra l’altro ci fa sorgere la domanda se è lecito pagare come ministro con i soldi di tutti un personaggio che si dà da fare in maniera quasi esclusiva per un partito che, guarda caso, porta anche il suo nome. Ma se questo potrebbe essere un argomento da Corte dei conti, a noi interessa molto di più la quantità inverosimile di cose che è costretto a dire per non essere troppo ripetitivo e che, alla fine, rivelano di lui molto di più dei suoi pochi, ma sempre pessimi, atti ufficiali.

A San Giuliano Terme, in provincia di Pisa, per esempio, ha affermato: «Abbiamo appena reintrodotto l’educazione civica a scuola e vorrei che tornasse anche il grembiule per evitare che vi sia il bambino con la felpa da 700 euro e quello che ce l’ha di terza mano perché non può permettersela. Ma sento già chi griderà allo scandalo ed evocherà il duce, ma un Paese migliore si costruisce anche con ordine e disciplina».

Per una volta ha proprio ragione, ma con un piccolo distinguo: ci fa avvertire la puzza di fascismo non perché parli del grembiule a scuola, ma in quanto questa uscita non fa che confermare quel miasma che già avvertiamo da tempo e che è confermato anche dalla frase successiva: «In Italia c’è la democrazia, ma questo non deve impedire di avere non solo diritti, ma anche doveri. Ed è soprattutto sui bambini che dobbiamo investire in educazione per non avere ragazzi che a vent’anni sono solo dei casinisti».

Appuntate la vostra attenzione su due particolari. Il primo: Salvini è convinto che la maggior parte dell’Italia – quella che, cioè, non la pensa come lui – non senta i propri doveri, ma reclami soltanto tanti diritti. E forse è per evitare tentazioni che il ministro della paura e della propaganda sta già operando per fare strame di tanti diritti civili e individuali. Il secondo riguarda il terrore di avere ragazzi “casinisti” perché evidentemente per lui la contestazione, se non è la sua, è cosa comunque abominevole e, anzi, se è rivolta contro di lui è da reprimere, come è stato visto fare a Modena con forza dalla polizia che dal ministero degli Interni dipende, quando alcuni “giovani casinisti”, ma anche vecchi seri e composti, hanno avuto l’impudenza di contestarlo cantando la divisivissima “Bella ciao”.

Lascerei perdere alcune ovvie contestazioni, magari sul fatto che, per quanto riguarda la scuola italiana, prima di occuparsi dei grembiuli, sarebbe il caso di preoccuparsi di soffitti che crollano, di edifici in cui le norme antisismiche sono totalmente assenti, come invece di prendere le impronte digitali ai presidi, sarebbe il caso di migliorare le condizioni degli insegnanti.

Ma torniamo alla puzza di fascismo e al significato di «ordine e disciplina» che, ovviamente non si riferiscono ai casi in cui studenti e/o genitori aggrediscono i professori rei di avere dato un’insufficienza, o di aver deciso una sospensione, perché in questi casi non di disordine e di indisciplina di tratta, ma di veri e propri reati.

Ma provate a pensare al valore simbolico del 7 in condotta, valutazione che, guarda caso, risale al ventennio fascista e che è stato fissato nel Regio decreto del 24 giugno 1924, il primo della Riforma Gentile, che, all’articolo 82, contiene questa affermazione che poi non sarà toccata: «La promozione è conferita agli alunni che nello scrutinio finale abbiano ottenuto voti non inferiori a 6 decimi in ciascuna materia, o complessivamente in ciascun gruppo di materie affini, e 8 decimi in condotta».

L’8 è generalmente un voto alto rispetto agli altri della pagella, ma nella condotta si pretendeva la perfezione del 10, o quasi: il 9 era accettato ma con malcelato disappunto, l’8 ti faceva guardare come un potenziale piccolo delinquente, il 7 era tanto basso da farti andare a ottobre (quella volta gli esami di riparazione esistevano ancora) in tutte le materie: da condannarti, insomma a tre mesi (quella volta le vacanze duravano più o meno così) da passare sui libri, o addirittura alla perdita di un anno.

E questo perché? Perché forse il saper comportarsi bene fosse più importante del conoscere l’italiano, la matematica, una lingua straniera? Assolutamente no. E, infatti, non si potrebbe capire il perché di una simile severità se si pensasse che la buona condotta è sinonimo di buona educazione. Diventa, invece, platealmente comprensibile se si capisce che buona condotta è sinonimo di disciplina. E la differenza tra disciplina ed educazione è enorme. La disciplina è il rigoroso rispetto delle regole. L’educazione, invece, è il rispetto delle persone e delle regole del vivere socialmente e solidalmente. La differenza è fondamentale perché l’educazione è un modo di porsi davanti agli altri, mentre la disciplina è il rispetto di dettami che non tengono conto del valore delle persone che quelle regole in qualche modo dovrebbero governare. Per capirci: non c’è dubbio che gli eserciti nazisti fossero rispettosi delle regole che si erano dati, ma non c’è nemmeno dubbio che erano disumani.

E durante tutto il ventennio le aule scolastiche furono utilizzate come luogo privilegiato di propaganda fascista: una palestra di obbedienza, disciplina ed efficienza. I bambini dovevano essere pronti in ogni occasione a servire il duce e la patria, senza mettere in discussione l’autorità e il potere. La figura ideale dello scolaro era delineata soprattutto in base alle sue attitudini fisiche e alla disponibilità a eseguire ordini e disposizioni di insegnanti che un po’ alla volta persero la loro autonomia educativa per diventare, in moltissimi casi, acritiche, se non addirittura entusiaste cinghie di trasmissione dei voleri del duce. E infatti al fascismo faceva gioco equivocare sul termine “educazione”, tanto che nel 1929 il ministero dell’Istruzione assunse il nome di ministero dell’Educazione nazionale, in cui il termine educazione voleva indicare l’intero processo formativo che la scuola doveva garantire. Non a caso, nel 1925 Mussolini aveva proclamato: «La disciplina dal basso all’alto non deve essere formale, ma sostanziale, e tipicamente religiosa, cioè assoluta».

Insomma, l’assoluto contrario del ragionamento, dell’obiezione sostanziale, della convinzione che l’uomo non è necessariamente in balia del destino, ma che è il destino a essere creato dall’uomo con la sua dignità, il suo libero arbitrio, la capacità di indignarsi e di dire «No», quel “No” che, in definitiva, è sempre stato il fondamento di ogni progresso sociale, ma anche scientifico, perché è l’insoddisfazione, il disaccordo di ragione o di coscienza e essere il motore più potente per cercare nuove strade che portino in posizioni migliori e più avanzate.


Salvini preferirebbe «ordine e disciplina», una locuzione che, presa nel suo insieme, non ha altro significato che “obbedienza”. Quando, alla fine del 1931, Mussolini impose ai docenti universitari di iscriversi al Partito Nazionale Fascista, pena l’automatica cacciata dai quadri dell’insegnamento, a dire «No» furono soltanto 12 professori su oltre 1.250. Ma sono quei 12, soltanto quei 12, disordinati e indisciplinati, a meritarsi la nostra ammirazione e soprattutto la nostra gratitudine.

Tutti gli “Eppure…” li puoi trovare anche all’indirizzo http://g-carbonetto.blogspot.it/

Nessun commento:

Posta un commento