La domanda,
assolutamente semplice, è: «Chi collabora con coloro che hanno nostalgia
del fascismo può celebrare degnamente la Resistenza?». La risposta,
altrettanto semplice, è: «No». E, allora, come può essere che i palchi
delle manifestazioni del 25 aprile siano infestati da personaggi che
finora, se mai hanno parlato della Resistenza, lo hanno fatto non per
ringraziare coloro che hanno messo a repentaglio la propria vita, o
addirittura l’hanno sacrificata, per regalarci democrazia e libertà, ma
per sottolinearne i pochissimi momenti bui, inevitabili in una guerra.
Dai palchi sentiremo parlare molti
di coloro che giustamente dicono che la Resistenza è stata fatta da
tutti gli antifascisti, dai monarchici ai comunisti, ma che,
contemporaneamente affermano incredibilmente anche che quelli di
sinistra sono gli unici che non hanno più diritto di parlarne. O quelli
che, ogni volta che si parla di fascismo, di nazismo, di leggi razziste,
di deportazioni e di genocidi, continuano a passare subito al ricordo
delle foibe titine, come se prima di queste con ci fossero state anche
quelle fasciste e come se un orrore potesse cancellarne un altro. O,
ancora, coloro che continuano a sostenere che ormai i concetti di destra
e sinistra non esistono più perché politicamente loro conviene tentare
di creare un caos indistinto nel quale poter seppellire ogni valore
ideale sul quale sarebbero quantomeno carenti per privilegiare, invece,
le facili promesse, l’abilità oratoria, la capacità di creare paure
sulle quali poi lucrare per accumulare voti e potere. E poi ci sono
anche quelli che il potere l’hanno raggiunto e che, per timore di
perderlo, sono stati a lungo ben attenti a non disturbare i loro
compagni di strada che il fascismo non l’hanno mai considerato un reato
quale in realtà è.
Si dice che non bisogna disturbare
la sacralità della celebrazione della Resistenza e della Liberazione. Si
dice che non bisogna cadere nelle loro provocazioni. Ebbene, io credo
che sia il silenzio davanti a impudenze di fascisti e assimilati a
contaminare la sacralità del 25 aprile. La Resistenza non è stata, non è
e non sarà mai di tutti.
Dicono che è una ricorrenza
divisiva? Hanno ragione ed era una benedizione perché divideva
nettamente i fascisti dagli antifascisti. E non è che, perché oggi i
fascisti e i razzisti sono aumentati, il compito del 25 aprile sia
cambiato. Anzi: è il momento in cui questa divisione sulla quale si è
fondata la nostra Repubblica dovrebbe essere valorizzata, sia per
segnare sempre nettamente la differenza incolmabile tra queste due
categorie dell’essere, sia perché sia chiaro anche ai giovani i quali, a
sentirsi dire che Mussolini ha fatto soltanto alcuni sbagli, potrebbero
anche pensare che sia così, mentre in realtà il suo peccato originale è
proprio la costruzione del fascismo e l’instaurazione di una dittatura,
due ambiti all’interno dei quali nulla può essere giusto o utile.
La Resistenza non è di tutti e,
quindi, il mio “Buon 25 aprile” va soltanto a coloro che davvero sanno
quello che questa data significa davvero.
Tutti gli “Eppure…” li puoi trovare anche all’indirizzo http://g-carbonetto.blogspot.it/
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