lunedì 7 gennaio 2019

Tra bugie e bluff

Probabilmente pensano davvero – anzi, ne sono convinti – che il popolo italiano sia composto, per la stragrande maggioranza, da ignoranti, distratti e creduloni. Ma davanti a questa convinzione dei due vice presidenti del Consiglio, a prescindere dal fatto che possano avere ragione oppure no, è obbligatorio ribattere con tutta la forza possibile perché, in assenza di un pur minimo contraddittorio, anche le bugie più irreali, i bluff più evidenti, possono assumere fantomatici contorni di plausibilità. Per capirlo, basta prendere in esame le ultime frasi alle quali Salvini e Di Maio hanno deciso di far dare più risalto possibile ai più obbedienti tra giornali, tv, radio e siti web.

Salvini, cercando di difendersi dalle accuse di razzismo e disumanità riportate in primo piano dalla rivolta dei sindaci contro il sedicente “Decreto sicurezza”, dopo aver accusato i sindaci stessi di “tradimento”, ha detto: «È una legge che si deve applicare perché pienamente costituzionale: è stata firmata dal Presidente della Repubblica». Il sistema è collaudato: per infinocchiare i distratti basta dire una cosa reale e infarcirla e coprirla di falsità, oppure ricordarne soltanto una parte cancellando e nascondendo tutto quello che non fa comodo perché finirebbe per sgretolare le certezze che si vogliono trasmettere.

In questo la frase di Salvini è un esempio chiarissimo: è vero che Mattarella ha firmato la legge, ma è altrettanto vero che il ministro della paura ha taciuto molte altre realtà. Intanto che il Presidente può rifiutarsi di firmare soltanto se ci sono incontrovertibili elementi di incostituzionalità; se, invece, ci sono dei dubbi, per quanto forti e fondati, l’obbligo, anche per rispetto della diversità e separazione dei ruoli, è quello di permettere che la legge entri in vigore, lasciando poi alla Corte Costituzionale il compito di risolvere i dubbi di congruenza con la Carta fondamentale.

Salvini tace anche il fatto che l’iter di questa legge è stato molto tormentato con un testo che ha fatto avanti e indietro tra il Quirinale e il Viminale, per un numero di volte talmente alto che si è finito per perderne il conto, sempre con richieste, da parte di Mattarella, di correzioni di passaggi costituzionalmente inaccettabili e, di ritorno, con correzioni, sempre insufficienti, da parte di Salvini che, a denti stretti, cercava di ottenere una firma a qualsiasi costo.

E, ovviamente, il ministro degli Interni – che almeno per una volta potrebbe travestirsi con una felpa del Ministero degli Interni – non fa notare che la bocciatura di una legge da parte della Consulta non corrisponderebbe in alcun modo a una sconfessione dell’autorità presidenziale. Tant’è vero che nella vita della Repubblica sono state tantissime le leggi dichiarate parzialmente o totalmente incostituzionali, ma nessuno si è mai sognato di chiedere, per questo, le dimissioni del Presidente.

Sullo stesso tema dei migranti, e nella fattispecie sul rifiuto di far approdare le navi con a bordo 49 naufraghi nei porti italiani, è la dichiarazione di Di Maio che, pur di non dover lasciare quel posto comodo su cui si è assiso è dispostissimo a tradire tutto quello che aveva affermato in campagna elettorale. Questa volta, non sapendo cosa dire di intelligente, ha preferito ripararsi nell’assurdo. Sulla vicenda dei naufraghi che non possono scendere a terra, ha detto: «Abbiamo dato una lezione all’Europa» lasciando ai più abili decifratori e solutori di rebus il compito di capire di quale lezione stia parlando.

La prima ipotesi potrebbe essere quella di riferirsi a una lezione di inumana intransigenza salviniana, ma questa ipotesi non è molto accreditata, visto che Di Maio ha proposto di far sbarcare le donne e i bambini. Allora potrebbe essere una lezione di insensibile disumanità un po’ diversa, stante il fatto che propone di dividere famiglie già sofferenti e indebolite dal fatto di aver dovuto abbandonare la propria terra e di aver corso rischi altissimi pur di fuggire insieme per, sempre insieme, costruire una nuova vita. Ma anche questa ipotesi appare difficilmente sostenibile, visto che sia i diretti interessati, sia tutte le organizzazioni umanitarie, sia la Chiesa, sia i normali cittadini non obnubilati, hanno subito obiettato che non si può indebolire ulteriormente i soggetti deboli di una famiglia togliendo loro quello che, almeno teoricamente, dovrebbe essere il sostegno maggiore.

Altre ipotesi sono difficili da individuare, pur addentrandosi nei meandri dei ragionamenti di Di Maio, forse un po’ rilassato dalla vacanza in stazioni sciistiche dove soggiorna con Di Battista e da dove tuona contro i privilegiati che soggiornano nelle stazioni sciistiche. L’unica via d’uscita è rappresentata proprio dall’assurdo. Come, del resto, è assurdo che dall’Italia intera non si alzi un coro di pernacchie, davanti a tentativi di falso e a sciocchezze simili.

Forse per alcuni le pernacchie non posseggono quel grado di finezza necessario per interloquire con gentiluomini come Salvini e Di Maio, ma almeno una serie di palesi ed espliciti disaccordi sarebbero necessari per cominciare a uscire da questa nuova maledetta notte della Repubblica.

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