Ogni tanto, a
vedere lo sfascio, anche economico, ma soprattutto etico e sociale, che
Salvini, il suo complice Di Maio e il loro ossequiente portavoce Conte,
stanno facendo dell’Italia, il nostro Paese, ti viene il pensiero di
riavvicinarti al PD. Non di iscriversi, per carità, ma di avvicinarsi
sì.
Questi i pensieri che si agitano
nella mente che cerca ogni possibile via d’uscita, per quanto
improbabile possa essere. Bene o male, almeno è un partito che ha
ancora, stando ai sondaggi, un 18 per cento di consensi e, quindi, non
si deve ripartire da zero. Bene o male, almeno è un partito che era nato
a sinistra e, quindi, nel DNA qualcosa dei geni originali deve essergli
rimasto. Bene o male, almeno è un partito che ancora candida alcune
persone non del tutto ignoranti e non del tutto prive di pudore. Bene o
male, almeno sembra che Renzi non ci sia più. E così via.
Poi, per fortuna, arriva Dario
Corallo, rampante trentenne candidato alla segreteria del partito, e
rimette subito le cose a posto.
L’ambizioso Corallo, infatti, un po’
per convinzione, un po’ per far parlare e scrivere di sé, dal pulpito
dell’Assemblea PD attacca Burioni, medico virologo al quale dobbiamo,
almeno in parte, il fatto che, contrariamente ai desideri dei “no vax”
siamo ancora abbastanza protetti contro le malattie infettive, quelle
che un secolo fa mietevano migliaia di vittime e che, prima dei colpi di
genio degli antivaccini, avevano quasi cancellato dalla faccia della
terra alcuni di quei terribili morbi. E la reazione dei compagni (non so
se si può dire ancora così) di partito è stata ancora più sconcertante
della sua uscita, visto che una parte non irrilevante del PD si è
schierata al suo fianco, o, almeno, non lo ha sconfessato.
La cosa che colpisce non è
l’affermazione implicita che, tutto sommato, questi vaccini non sono
proprio necessari, ma il modo in cui Burioni è stato accusato di
«bullismo verbale». Corallo ha detto che questa è «una sinistra
arrogante» e poi ha spiegato che, sul piano scientifico, con il virologo
«il 99 per cento delle persone non può competere e noi ci siamo
limitati a raccontare l’un per cento del popolo, mentre l’altro 99 per
cento lo abbiamo umiliato, come un Burioni qualsiasi».
Ancora una volta il PD, o almeno una
sua parte, non ha una propria linea, ma si mette a copiare chi in
questo momento sembra avere successo. Dopo che Minniti si è ispirato a
Salvini per affrontare la questione dei migranti, questa volta ci
troviamo davanti all’applicazione classica di quell’“uno vale uno” che è
stata la parte fondamentale dell’ascesa dei grillini che ora, però,
dimostrano abbondantemente che, quando si tratta di cose tangibili, di
conoscenze applicative, non siamo assolutamente tutti uguali. E,
infatti, non accusavamo il maestro di averci umiliati se, dopo avergli
detto che 2 più 2 fa 5, ci vedevamo appioppare un pessimo voto; e, se
stiamo male, andiamo a farci visitare da un medico e non dal primo
passante che incontriamo per strada.
L’uno vale uno, come mirabilmente spiega Michela Murgia nel suoironico e corrosivo “Istruzioni per diventare fascisti”,
è il metodo più sicuro per cancellare la possibilità che una voce
particolarmente ispirata, razionale e credibile, riesca a far pensare
gli elettori, ottenga di farli andare alle urne non seguendo la rabbia
della delusione, ma i propri principi e il ragionamento.
«Se l’ostacolo che la
contemporaneità mette allo svi¬luppo del fascismo – scrive la Murgia – è
che adesso, in democrazia, tutti, e non solo il capo, hanno un modo per
far sentire la propria voce, forse la soluzione più fascista è proprio
quella di farli parlare. Ma sem¬pre, però. Tutti. Contemporaneamente. Su
tutto. Sen¬za la minima gerarchia di autorevolezza tra opinioni. Se
milioni di persone che prima avevano la televisione e i giornali come
punti di riferimento oggi stanno sui social network di continuo e
commentano, condivido¬no, apprezzano o dissentono, non c'è alcuna
ragione per impedirglielo, perché è proprio il fatto che lo facciano
tutti a rendere la voce di ciascuno indistinguibile dalle altre e in
definitiva ininfluente».
E continua: «Se convinciamo tutti
che uno vale uno, alla fine nessuno varrà più di un altro e ogni cosa,
idee e persone, sarà perfettamente in¬tercambiabile, come se la si
estraesse a caso da un maz¬zo di carte identiche. Occorre minare ogni
principio di autorevolezza tra i pareri, dunque, affinché vero e falso
non siano più distinguibili in base a chi li afferma, ma per farlo sarà
essenziale demolire le figure pubbliche che hanno un’autorità morale o
scientifica, cioè quelli che pensano di saperne più degli altri». E che
magari lo sanno davvero.
Ancora una volta appare evidente che
resistere passivamente ormai non basta più. Occorre davvero ribellarsi
dicendo no a chi sta distruggendo ogni residuo di democrazia vera perché
cosciente.
Tutti gli “Eppure…” li puoi trovare anche all’indirizzo http://g-carbonetto.blogspot.it/
Nessun commento:
Posta un commento