Herman Melville
scrisse che «Il sorriso è il veicolo d’elezione per ogni ambiguità». La
mia prima impressione, quando l’avevo letta, era stata quella di
trovarmi davanti a una frase cinica e pessimistica, ma gli avvenimenti
più recenti l’hanno avvalorata abbondantemente confermando che non
raramente un apparente sorriso, in realtà è un sogghigno che
invariabilmente appare come tale quando le labbra si rilassano in quanto
il cervello, troppo impegnato su altre faccende, non riesce a mantenere
un decente controllo anche sui muscoli facciali.
Abbiamo tutti ben presente il
sorriso da imbonitore sfoggiato da Matteo Renzi ogniqualvolta voleva
convincere gli elettori della bontà delle sue scelte e – cosa ancor più
difficile – che quelle scelte erano di sinistra. Ma bastava che qualcuno
lo attaccasse sottolineando che Jobs Act, riforma costituzionale,
decreto salvabanche e molte altre cose erano decisamente più vicine ai
desideri del centrodestra che alle necessità di coloro che nella società
sono relegati nelle posizioni più scomode, perché il sorriso
scomparisse completamente lasciando spazio a una faccia decisamente
arrabbiata, se non addirittura furente. Un soprassalto di sincerità al
termine di un momento propagandistico non particolarmente efficace.
C’è poi il sorriso stereotipato, che
sembra quasi il frutto di una paralisi facciale: quello di Di Maio, per
intenderci. Immutabile, con tutti i denti, regolari e bianchissimi
sempre in vista, è usato per far concentrare l’attenzione del
telespettatore sul video e non sull’audio, puntando, appunto, a non far
percepire immediatamente bene il senso delle parole che spesso
nascondono realtà indigeribili, come quella del nuovo Def che
sicuramente farà aumentare il debito, e non solo del 2,4 per cento, ma
altrettanto sicuramente non farà raggiungere un incremento del Pil del 3
per cento. Poi, comunque, lo steso sorriso può essere utilizzato anche
per opere di distrazione di massa. Guardate, per esempio, il sorriso
smagliante con cui, per distrarre l’attenzione dal Def, tenta di
spostarla sulla nuova proposta di riforma costituzionale che, guarda
caso, insiste ancora sulla riduzione dei parlamentari perché – così
pensano i grillini – tanto con la piattaforma Rousseau diventano sempre
più inutili. Per far raggelare il sorriso di Di Maio e farlo
completamente sparire più che trasformarlo in un sogghigno, basta che
qualcuno gli ponga una domanda scomoda e ben argomentata: quei secondi –
a faccia teoricamente seria – che impiega a cercar di capire se può
cavarsela con il solito slogan, se è necessario tentare un’altra via, o
se è meglio far finta di non aver sentito, sono più rivelatori di mille
discorsi.
Nel caso di Salvini, invece, non è
il sogghigno a interrompere il sorriso, ma succede esattamente il
contrario. È stato di breve durata, infatti, il sorriso che ha
sostituito il cipiglio del ministro dell’odio e della paura, quando,
riferendosi all’arresto del sindaco di Riace, Mimmo Lucano, orribilmente
colpevole di solidarietà nei confronti dei poveri cristi che arrivano
in Italia da guerre, torture, malattie e fame, ha chiesto: «Chissà cosa
diranno adesso Saviano e tutti i buonisti che vorrebbero riempire
l’Italia di immigrati?». È durato poco perché probabilmente ha avvertito
distintamente che non soltanto Saviano e i buonisti, ma anche molti
altri italiani non particolarmente impegnati, gli avrebbero risposto che
semplicemente questa è una conferma che almeno uno dei due vicepremier è
razzista, xenofobo ed eterofobo. Niente paura, però, la sua faccia è
semplicemente tornata alla normalità.
Da ultimo, il sorriso subdolo di chi
pensa di fare qualcosa di scorretto senza che nessuno se ne accorga,
che si irrigidisce mentre, scoperto, tenta di escogitare velocemente una
giustificazione per la scorrettezza, e poi si sgretola quando si rende
conto che anche la scusa è talmente assurda da essere incredibile anche
per i più distratti. In tal caso il sorriso viene sostituito da un
sogghigno, ma talmente posticcio da durare poco anch’esso; non si sa se
più per la delusione di non essere riusciti a imbrogliare gli altri, o
per la delusione di essersi accorti di quanto incapaci, anche di
mentire, si è. È il caso della sindaca di Monfalcone, la leghista
Annamaria Cisint che ha tagliato gli abbonamenti per la biblioteca
civica comunale ai quotidiani Il Manifesto e Avvenire, guarda caso un
feroce avversario politico della Lega e il quotidiano dei vescovi che ha
fatto campagne convinte contro la pretesa di Salvini di far passare per
cristianesimo l’assenza di umanità e di solidarietà. Il sorriso della
Cisint c’era ancora quando ha affermato: «Nessuna censura, ma
razionalizzazione delle spese». Il sorriso è scomparso, però, quando,
dopo che i frequentatori della biblioteca hanno fatto una colletta per
finanziare i due abbonamenti, ha proibito ancora l’ingresso dei due
giornali colpevoli di non essere leghisti e li ha dirottati nella casa
di riposo. In questo caso anche il sogghigno non è riuscito tanto bene
perché nulla come il ridicolo riesce a distruggere la protervia.
È vero che nella vecchia politica si
sorrideva poco perché a dominare il quadro era la seriosità ancor più
che la serietà e che frequenti erano le arrabbiature esplicite. Ma,
tutto sommato, si trattava ancora più di politica che di pubblicità.
Esattamente il contrario di quello che accade oggi.
Tutti gli “Eppure…” li puoi trovare anche all’indirizzo http://g-carbonetto.blogspot.it/
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