Di solito si
parla della forza del paragone, ma quando il raffronto è inadeguato e
ridicolo, allora la forza si tramuta in sforzo e i risultati sono
talmente miserandi che, per chi su quella strada ha voluto incamminarsi
sperando di fare bella figura, il risultato è quello di mettere in
mostra una specie di oscena ernia cerebrale.
A dire il vero questo commento
avrebbe dovuto uscire già il 18, nel giorno dell’ottantesimo
anniversario dell’annuncio, da parte di Mussolini a Trieste, delle leggi
razziste che discriminavano gli ebrei dagli altri italiani e dagli
altri esseri umani. Il ritardo – e anche un mancato intervento immediato
– è dovuto a un malinteso senso di rispetto per le istituzioni che mai,
però, deve superare il rispetto per la realtà dei fatti.
Martedì 18, davanti al monumento che
a Udine ricorda i deportati nei Lager nazisti, ha anche voluto prendere
la parola quello che la maggioranza degli udinesi votanti ha scelto
come loro sindaco: Pietro Fontanini. Il suo discorso non è durato molto,
ma in quello spazio di tempo è riuscito a dire due concetti degni di
nota.
Per prima cosa ha affermato che le
leggi razziali (lui preferisce definirle più morbidamente così) sono
state certamente una pessima cosa perché hanno finito per far portare
tanti ebrei a morire nei Lager nazisti; che, però, non bisogna
dimenticare che tanti italiani sono stati uccisi dagli slavo-comunisti
che li hanno gettati nelle foibe. Poi ha anche detto che la persecuzione
contro gli ebrei non è finita in quanto ci sono molti «arabi» (ma forse
voleva dire musulmani, visto che gli iraniani arabi non sono) che non
accettano l’esistenza dello Stato di Israele e che vorrebbero vederlo
sparire.
Partiamo da questo secondo punto
mettendo in evidenza che è difficile pensare che il concetto di Stato di
Israele possa essere considerato coincidente con quello di persona
ebrea, intesa – visto che il concetto di razza è un abominio scientifico
oltre che etico e sociale – come donna o uomo di religione ebraica.
Molti ebrei, pur convinti della loro religiosità, o forse proprio per
questo, non si riconoscono nella politica di Netanyahu, né nelle
cicliche stragi di palestinesi muniti di sassi che sono perpetrate da
soldati armati di fucili da guerra; come con si erano riconosciuti nella
ferocia messa in campo da Ariel Sharon a Beirut quando aveva permesso
le stragi di donne, vecchi e bambini a Sabra e Shatila. Non per questo
può essere accettato il terrorismo, ma quando si rifiuta per partito
preso qualsiasi ipotesi di pace per problemi di sovranità basati
soprattutto sulla lettura di una Bibbia che si riferisce a cose di
migliaia di anni fa, qualche problema diventa inevitabile.
Ancor più evidente è
l’inqualificabile sforzo di paragonare i Lager con le foibe. È evidente
che anche le seconde sono state un terribile esempio di inumana ferocia,
ma non si può dimenticare che le prime foibe sul Carso e in Istria non
risalgono alla fine della seconda guerra mondiale, ma a circa vent’anni
prima e che nella prima versione non erano gli slavi a far precipitare
nel baratro gli italiani, ma esattamente il contrario. Ma anche che il
1° marzo 1942 il generale Mario Roatta emise una circolare indirizzata
ai comandanti di corpo d’armata di occupazione che ordinava di
incendiare e demolire case e villaggi, uccidere ostaggi e internare
massicciamente la popolazione, mentre pochi mesi più tardi il generale
Mario Robotti, comandante dell’XI Corpo d’Armata italiano in Slovenia e
Croazia, si lamentava, sempre per iscritto, con i suoi sottoposti perché
«Non si ammazza abbastanza!».
Con tutto questo non voglio
assolutamente dire che la vendetta sia giustificabile; anzi. Ma intendo
soltanto sottolineare che anche senza queste considerazioni, anche dando
tutta la colpa all’immotivata ferocia degli slavo-comunisti, sia i
crimini nazisti, sia l’orrore delle leggi razziste fasciste, non
apparirebbero meno gravi nemmeno di una frazione infinitesima del loro
orrore.
Comprendo che quando si è alleati
con la destra estrema si è tentati di distogliere l’attenzione dai tanti
crimini che la destra di un tempo ha compiuto e che quella di oggi non
ha mai rinnegato, ma paragonare diversi orrori per tentar di stilare una
classifica dell’inaccettabile con cui seppellire l’orrore che più ci dà
fastidio sotto il mucchio di tanti altri orrori non è soltanto
un’operazione sciocca: è semplicemente criminale perché, pur a distanza
di tanti anni, ancora complice, di chi quegli orrori ha compiuto o
almeno connivente.
Potessi esprimere un desiderio, non
vorrei sentire un discorso di Pietro Fontanini, da altri eletto primo
sindaco di destra di Udine, città un cui sindaco è morto in un Lager, il
25 aprile in piazza Libertà. La Resistenza non è di tutti. E tantomeno è
di chi la disprezza tentando di travisare la storia e parificandone i
protagonisti e le vittime ai carnefici e a coloro che l’hanno resa
necessaria e benedetta.
Tutti gli “Eppure…” li puoi trovare anche all’indirizzo http://g-carbonetto.blogspot.it/
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