giovedì 20 settembre 2018

Lo sforzo del paragone

Di solito si parla della forza del paragone, ma quando il raffronto è inadeguato e ridicolo, allora la forza si tramuta in sforzo e i risultati sono talmente miserandi che, per chi su quella strada ha voluto incamminarsi sperando di fare bella figura, il risultato è quello di mettere in mostra una specie di oscena ernia cerebrale.
 
A dire il vero questo commento avrebbe dovuto uscire già il 18, nel giorno dell’ottantesimo anniversario dell’annuncio, da parte di Mussolini a Trieste, delle leggi razziste che discriminavano gli ebrei dagli altri italiani e dagli altri esseri umani. Il ritardo – e anche un mancato intervento immediato – è dovuto a un malinteso senso di rispetto per le istituzioni che mai, però, deve superare il rispetto per la realtà dei fatti.

Martedì 18, davanti al monumento che a Udine ricorda i deportati nei Lager nazisti, ha anche voluto prendere la parola quello che la maggioranza degli udinesi votanti ha scelto come loro sindaco: Pietro Fontanini. Il suo discorso non è durato molto, ma in quello spazio di tempo è riuscito a dire due concetti degni di nota.

Per prima cosa ha affermato che le leggi razziali (lui preferisce definirle più morbidamente così) sono state certamente una pessima cosa perché hanno finito per far portare tanti ebrei a morire nei Lager nazisti; che, però, non bisogna dimenticare che tanti italiani sono stati uccisi dagli slavo-comunisti che li hanno gettati nelle foibe. Poi ha anche detto che la persecuzione contro gli ebrei non è finita in quanto ci sono molti «arabi» (ma forse voleva dire musulmani, visto che gli iraniani arabi non sono) che non accettano l’esistenza dello Stato di Israele e che vorrebbero vederlo sparire.

Partiamo da questo secondo punto mettendo in evidenza che è difficile pensare che il concetto di Stato di Israele possa essere considerato coincidente con quello di persona ebrea, intesa – visto che il concetto di razza è un abominio scientifico oltre che etico e sociale – come donna o uomo di religione ebraica. Molti ebrei, pur convinti della loro religiosità, o forse proprio per questo, non si riconoscono nella politica di Netanyahu, né nelle cicliche stragi di palestinesi muniti di sassi che sono perpetrate da soldati armati di fucili da guerra; come con si erano riconosciuti nella ferocia messa in campo da Ariel Sharon a Beirut quando aveva permesso le stragi di donne, vecchi e bambini a Sabra e Shatila. Non per questo può essere accettato il terrorismo, ma quando si rifiuta per partito preso qualsiasi ipotesi di pace per problemi di sovranità basati soprattutto sulla lettura di una Bibbia che si riferisce a cose di migliaia di anni fa, qualche problema diventa inevitabile.

Ancor più evidente è l’inqualificabile sforzo di paragonare i Lager con le foibe. È evidente che anche le seconde sono state un terribile esempio di inumana ferocia, ma non si può dimenticare che le prime foibe sul Carso e in Istria non risalgono alla fine della seconda guerra mondiale, ma a circa vent’anni prima e che nella prima versione non erano gli slavi a far precipitare nel baratro gli italiani, ma esattamente il contrario. Ma anche che il 1° marzo 1942 il generale Mario Roatta emise una circolare indirizzata ai comandanti di corpo d’armata di occupazione che ordinava di incendiare e demolire case e villaggi, uccidere ostaggi e internare massicciamente la popolazione, mentre pochi mesi più tardi il generale Mario Robotti, comandante dell’XI Corpo d’Armata italiano in Slovenia e Croazia, si lamentava, sempre per iscritto, con i suoi sottoposti perché «Non si ammazza abbastanza!».

Con tutto questo non voglio assolutamente dire che la vendetta sia giustificabile; anzi. Ma intendo soltanto sottolineare che anche senza queste considerazioni, anche dando tutta la colpa all’immotivata ferocia degli slavo-comunisti, sia i crimini nazisti, sia l’orrore delle leggi razziste fasciste, non apparirebbero meno gravi nemmeno di una frazione infinitesima del loro orrore.

Comprendo che quando si è alleati con la destra estrema si è tentati di distogliere l’attenzione dai tanti crimini che la destra di un tempo ha compiuto e che quella di oggi non ha mai rinnegato, ma paragonare diversi orrori per tentar di stilare una classifica dell’inaccettabile con cui seppellire l’orrore che più ci dà fastidio sotto il mucchio di tanti altri orrori non è soltanto un’operazione sciocca: è semplicemente criminale perché, pur a distanza di tanti anni, ancora complice, di chi quegli orrori ha compiuto o almeno connivente.

Potessi esprimere un desiderio, non vorrei sentire un discorso di Pietro Fontanini, da altri eletto primo sindaco di destra di Udine, città un cui sindaco è morto in un Lager, il 25 aprile in piazza Libertà. La Resistenza non è di tutti. E tantomeno è di chi la disprezza tentando di travisare la storia e parificandone i protagonisti e le vittime ai carnefici e a coloro che l’hanno resa necessaria e benedetta.

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