domenica 30 settembre 2018

L’abolizione del consumismo

Quando Di Maio, mentre dal balcone di palazzo Chigi i maggiorenti grillini salutavano con i segni di vittoria i loro deputati che li inneggiavano, ha cominciato a snocciolare con aria trionfante i numeri che avrebbero dovuto dimostrare la mirabolante “abolizione della povertà”, la prima reazione è stata quella di dire: «Ma chi vuoi prendere – diciamo così – in giro?». Poi, visto che sono convinto che non si possa mai dire «Non accetto lezioni da nessuno», ho preferito attendere che cifre e intendimenti fossero confermati anche da altri e poi mettere su carta alcune semplici operazioni fatte già subito a mente in pochi istanti. Adesso, però, a più di ventiquattr’ore di distanza, la mia domanda resta la stessa ed è, eventualmente affiancata da un altro quesito: «Ma davvero non c’è limite alla creduloneria anche se l’evidenza del contrario è così immediata?».

Ricapitoliamo in breve le frasi dette dall’immaginifico Di Maio che ha cominciato con: «Ci sono 10 miliardi per il reddito di cittadinanza» , una misura con la quale «restituiamo un futuro a 6,5 milioni di persone». E poi ha aggiunto che «Nessuno in Italia potrà guadagnare meno, o avere una pensione minima sotto i 780 euro».

La prima cosa che viene immediatamente da fare è dividere i 10 miliardi per i 6 milioni e mezzo di persone per capire quanto toccherebbe mediamente a testa a ognuno dei beneficiati e il risultato parla di un po’ più di 1.500 euro l’anno a persona che, divisi in dodici mensilità, sono 128 euro e qualche centesimo al mese. È ovvio che queste cifre per molti sarebbero a integrazione di pensioni minime, o di emolumenti e stipendi vergognosamente bassi che adesso riescono a mettere insieme, ma la cifra mi sembra comunque inadeguata, tenuto conto che in Italia, secondo gli ultimi dati Istat, ci sono circa 5 milioni di persone che versano nella povertà assoluta e sono oltre un milione le famiglie totalmente senza reddito. Inoltre bisognerebbe sapere se questi 128 euro saranno netti, o saranno soggetti a una pur piccola tassazione, e se il passaggio a un reddito di 780 euro mensili non porterà alla cancellazione di agevolazioni ed esenzioni già esistenti per i redditi più bassi o inesistenti.

Ma è comunque innegabile che aiutare chi non ha nulla non è assolutamente una cosa riprovevole; anzi. E – aspetto assolutamente non secondario – che tutti i beneficiati proveranno una qualche gratitudine che, almeno in parte, si tradurrà in voti elettorali. Quello che colpisce, invece, è l’improntitudine di Di Maio quando afferma che «Dobbiamo far ripartire i consumi aiutando quei 10 milioni di italiani che oggi vivono sotto la soglia di povertà: se diamo un reddito di cittadinanza a queste persone, loro faranno ripartire i consumi e aiuteranno il mercato e la domanda interna» aggiungendo che, anche con l’aumento dei consumi, questa «manovra del popolo», come l’ha ribattezzata, sarà «il più grande piano di investimenti della storia italiana».

Ma davvero Di Maio non sa che la maggior parte di quei 128 euro medi non si trasferiranno nelle tasche di commercianti e produttori facendo aumentare la domanda interna, ma andranno inevitabilmente a tappare, per prima cosa i buchi di debito che si creano con gli affitti e con le bollette di acqua, luce e gas? In realtà soltanto una piccola parte sarà destinata al vitto, al vestiario e a qualche altra necessità primaria, come il curarsi, e, quindi, più che favorire i consumi e creare, conseguentemente, produzione e crescita di posti di lavoro, questi redditi e pensioni di cittadinanza, finiranno soprattutto per ridurre i crediti di persone ed enti che affittano case e di Enel, Eni e altre aziende distributrici di energia.

Viene il dubbio che Di Maio, illudendosi di assestare un colpo mortale alla povertà, abbia semplicemente inferto un altro fendente al consumismo. Poi si potrà dire – e con molte ragioni – che anche il consumismo andrebbe abolito visto che ha portato con sé nuove e più profonde disuguaglianze, sovvertimento sociale della scala di valori che troppo spesso sono stati confusi con i prezzi, distruzione progressiva dell’ambiente che, appunto, viene “consumato”. Ma anche il consumismo, come la povertà, purtroppo non può essere abolita con decreto.

Forse qualcuno dovrebbe dirlo non tanto a Di Maio, al quale addirittura Salvini ha già risposto dicendo che «Mi piacerebbe anche abolire il cattivo tempo e i pareggi del Milan, ma purtroppo con decreto non ci riesco», bensì ai tanti che stanno festeggiando qualcosa che può essere efficace propaganda, però non soltanto è lontana dalla soluzione dei nostri problemi, ma, anzi, rischia addirittura di aggravarli.

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