domenica 1 luglio 2018

Il pericolo maggiore

È difficile credere che praticamente nessuno, tranne Salvini, si renda conto che il 2019 potrebbe diventare un momento di forte discontinuità nella storia dell’Europa, un vero spartiacque tra il progresso e il regresso. Tra meno di un anno, infatti, saranno celebrate le nuove elezioni europee e una vittoria dei sovranisti e delle destre xenofobe potrebbe innescare una serie di tensioni e reazioni tali da distruggere il castello della stessa Unione Europea, da far ricostituire le frontiere nazionali e da far cancellare la moneta unica. Sarebbe il pericolo maggiore: più una catastrofe, insomma, che un regresso.

Vi sembra un eccessivo e ingiustificato pessimismo? Non è così: pensate soltanto a quanti leader politici, al di là di Salvini e Orban, stanno vagheggiando la nascita di una specie di “Internazionale del nazionalismo”, idea che potrebbe sembrare uno dei tanti ossimori intrinsecamente senza senso, ma che, invece, possiede una dose di pericolosità di cui temo si sia persa la coscienza di quanto dovrebbe metterci paura, perché quando i nazionalismi e le frontiere rinascono, quando le etnie e le religioni tornano a essere determinanti nelle scelte sociali, ci si avvicina sempre e inevitabilmente a soprusi e a conflitti che, visto che troppi pensano di possedere ogni verità, diventa difficilissimo comporre prima che possano trasformarsi in veri e propri scontri di forza.

E se dal punto di vista politico i pericoli sono consistenti, da quello economico una dissoluzione della moneta unica sarebbe una catastrofe per i cittadini delle nazioni finanziariamente più esposte: il ritorno alle monete nazionali, infatti, preluderebbe a inevitabili – o, meglio, volute – svalutazioni intese a far aumentare l’export, ma destinate a mordere pesantemente e almeno temporaneamente il potere d’acquisto degli stipendi, ma ancor più pesantemente e definitivamente le pensioni, finendo non per riequilibrare situazioni di pesantissima diseguaglianza, ma per renderle ancora più profondamente inique.

Davanti a un Salvini che sta maramaldeggiando e, con l’aiuto dei suoi luogotenenti sui territori, sta cercando di capitalizzare paure reali, ma soprattutto indotte, come dall’assurda scelta di far scortare i medici dagli alpini in congedo, nessuno sembra pensare che i sondaggi di oggi tra meno di un anno potrebbero diventare voti e che, visto il sistema puramente proporzionale, il risultato potrebbe dare alla Lega un buon numero di seggi da portare in dote al gruppo di populisti e nazionalisti antieuropei.

I 5stelle sono troppo impegnati a difendere le loro poltrone per azzardarsi a contraddire il capo degli ex secessionisti del Nord, tanto che Di Maio, molto affezionato al suo ruolo di vicepresidente del Consiglio, rimbrotta senza esitazioni il presidente della Camera, Fico, suo compagno di partito, che condanna l’idea di chiudere i porti ed esalta l’opera delle Ong che si adoperano per salvare la vita dei migranti nel Mediterraneo.

Berlusconi è molto preoccupato soprattutto dal fatto che il suo ex alleato di minoranza, ora che ha davvero il potere in mano, finisca per danneggiare i suoi affari televisivi, e, quindi, sta ben attento a non contraddirlo; cosa che fa anche la Meloni, un po’ perché condivide i trucidi principi salviniani, un po’ perché capisce che, senza quell’alleanza, il suo partito rischierebbe di sparire dalle attribuzioni di seggi.

Intanto la sinistra, tra ambizioni individuali e di gruppetto, continua a non trovare il bandolo di una matassa che dovrebbe portare almeno a un’unità di intenti, se non a un’identità di idee. Si ostina a parlare di unità insistendo «sulle tante cose che ci uniscono» e trascurando completamente di parlare di «quelle poche che ci dividono», che numericamente saranno anche di meno, ma che sono quelle che da sempre finiscono per lacerare rapporti già logori in partenza.

Dal canto suo, il PD non smette di vivere in un suo mondo che sembra non avere più alcun addentellato con quello reale. Mentre Salvini avanza con la decisione di un carro armato, invadendo in continuazione anche campi che non sono suoi, il PD continua a interrogarsi senza la minima fretta su tra quanti mesi fissare il congresso, a discutere di possibili futuri candidati al ruolo di segretario, ma a evitare testardamente di individuare gli errori che hanno causato il disastro e anche a tracciare programmi futuri, a tentar di far vedere agli elettori quali sono le sue proposte sociali per riparare alle tensioni e diseguaglianze che stanno affondando la nostra società e il nostro Paese.

E la responsabilità del PD è di molto superiore a quella degli altri perché è l’unico partito dichiaratamente di centrosinistra che possa sperare di riconquistare in tempi accettabili una massa gravitazionale capace di attrarre i tanti satelliti che una volta gli giravano attorno puntando a influire sulle sue decisioni e che oggi lo hanno abbandonato quasi dappertutto al suo destino. È ovvio che mi sto riferendo al vero PD, non a quell’entità che di quel partito ha mantenuto il nome, ma ha stravolto completamente la sostanza.

Tutti gli “Eppure…” li puoi trovare anche all’indirizzo http://g-carbonetto.blogspot.it/

Nessun commento:

Posta un commento