A naso, l’unica
soluzione possibile sembra quella di rinchiudere l’intero PD in un unico
posto: i renziani, gli antirenziani, quelli che sono convinti della
loro collocazione, quelli che non riescono a trovare il coraggio di
andarsene e quelli che sono ancora lì soltanto perché non riescono a
decidere cosa sono in realtà, o in quanto ripugna loro l’idea di uscire
da quella che hanno sempre considerato casa propria e che ora dovrebbero
lasciare in mano a coloro che sentono come “estranei”.
Bisognerebbe chiuderli tutti insieme
a doppia mandata e poi lasciarli uscire soltanto quando hanno deciso
cosa fare: mantenere il PD in una posizione di centro con forti simpatie
per il centrodestra, riportarlo nelle posizioni di centrosinistra nelle
quali e per le quali era nato, oppure finire di distruggerlo
definitivamente con nuove diaspore e deporre il suo ricordo in un
mausoleo assieme a quelli dei tanti partiti italiani che non ci sono
più.
L’unica cosa che dovrebbe essere
proibita sarebbe quella di continuare ad arzigogolare sul nulla, su
bizantinismi che sicuramente avranno importanza per gli equilibri di
potere interno, ma che sono perniciosi – e lo si vede sempre più
distintamente – per l’intero Paese.
Lasciamo pur perdere che ben
difficilmente, se non perché Renzi ha scelto e tiene in pugno troppi
dirigenti e parlamentari, si può riuscire a capire come e perché l’ex
sindaco di Firenze sia ancora lì a fare il bello e cattivo tempo in un
partito che da quattro anni sta portando da una sconfitta all’altra e
del quale, sempre in quattro anni, è riuscito a più che dimezzare le
percentuali (da 40,81 a 18,72%) e a perdere oltre cinque milioni di
voti.
Ma ancora più ostico è tentar di
capire come non sia stato mandato a quel paese durante l’assemblea
romana (alla quale ha scelto di non presenziare), che avrebbe dovuto
decidere molte cose e non ha deciso nulla, se non di non decidere.
Riassumo brevemente: all’Ergife le dimissioni di Renzi sono diventate
«irrevocabili», anche se tutti erano convinti che fossero già state
dichiarate tali già dopo il 4 marzo, ma ancora una volta l’obbediente
Orfini è riuscito, pur tra fischi e urla, a rinviare la formalizzazione
delle dimissioni. Ufficialmente per lasciare spazio – quel pochissimo
che è rimasto dopo la discussione sul rinvio – per discutere sulla
situazione politica venutasi a creare dopo l’accordo tra Lega e 5stelle;
in realtà, per non arrivare subito alla designazione di un segretario
non più soltanto reggente e, quindi, al fine di concedere tempo
all’“irrevocabilmente dimissionario” per assicurarsi che non ci siano
sorprese lungo la strada che deve far arrivare sullo scranno che conta
un altro ubbidiente a tutta prova.
Poi, alla fine, come sempre, il voto
con un unanimismo di maniera nella speranza di far vedere al mondo di
essere sempre uniti, senza, però, risolvere nulla, senza riuscire
neppure a illudere se stessi, per non parlar degli altri. A questo
proposito merita riportare le parole pronunciate, dopo il voto dell’Assemblea PD,
da Olga D'Antona, ex deputato del PD, alla cerimonia in ricordo del
marito Massimo D'Antona, il giurista assassinato 19 anni fa dalle nuove
brigate rosse: «E Maurizio Martina cosa fa? Non può permettere tutto
questo. Ragazzi fate qualcosa, quello è entrato in casa nostra, ha
sfasciato tutto il mobilio e adesso si è messo a mangiare i pop–corn con
i piedi sul tavolo». E Rosi Bindi, “madre nobile” del PD, ha detto
senza mezzi termini che «la sinistra va ricostruita e questo significa
lo scioglimento del PD».
La domanda che mi pongo – e che
sicuramente è anche la vostra – è: perché perdere tempo a parlare di un
partito il cui recupero nella lotta contro il centrodestra e i
grillin–casaleggiani appare un’impresa sempre più evidentemente
disperata? La risposta è semplice: perché in quella lotta non si può
rinunciare a nessuno di coloro che ancora credono che ritrovare
nostalgici fascisti dichiarati, o populisti dotati soltanto di istinti
sovranisti e di esclusione, nei posti dove si può decidere sia un incubo
al quale non ci si può rassegnare. E anche nel PD ce ne sono molti che,
però, non si decidono né a ribaltare sul serio presidenza e segreteria,
né ad andarsene per tentare di creare qualcosa di nuovo; anzi,
d’antico. E certamente non di vecchio e inutilizzabile.
Tutti gli “Eppure…” li puoi trovare anche all’indirizzo http://g-carbonetto.blogspot.it/
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