martedì 20 marzo 2018

La certezza del rovescio

A Catania la procura ha deciso il sequestro della nave di una Ong spagnola e l’incriminazione del capitano e del capomissione contestando loro «l’associazione per delinquere finalizzata all’immigrazione clandestina». Non ha importanza il fatto che lo sbarco dei migranti salvati in mezzo al Mediterraneo non abbia avuto nulla di clandestino in quanto è stato effettuato alla luce del sole e con l’aiuto delle forze dell’ordine, né che la nave spagnola sia arrivata in Italia perché Malta faceva difficoltà a concedere l’approdo. Il diritto va seguito con stolida certezza, anche se l’illuminato ministro Minniti l’ha trasformato in “rovescio” istituendo, in pratica, il “reato di solidarietà”, anticipando le probabili mosse di un Salvini, o di un Di Maio, o di entrambi, se e quando saranno a Palazzo Chigi.

E dello stesso reato sembra essere colpevole, oltre confine, anche una guida alpina francese che sta rischiando cinque anni di prigione perché “colpevole” di aver aiutato a raggiungere alla svelta l’ospedale più vicino una donna incinta che stava tentando di arrivare in Francia su un sentiero coperto dalla neve a duemila metri di quota con marito e due figlioletti di 2 e 4 anni.

Ma se il cosiddetto “diritto” italiano e quello francese (non parliamo di quelli ungherese, ceco, slovacco, polacco, austriaco e forse di qualcun altro ancora) ragiona così, perché Udine dovrebbe fare eccezione? E, infatti, la prima uscita pubblica del candidato sindaco accettato dal centrodestra dopo molte titubanze e tensioni, Pietro Fontanini, è tesa soprattutto a far capire che il primo problema del capoluogo del Friuli è quello che Minniti ha tentato di risolvere in maniera così illuminata: quello dei migranti e, quindi, della cosiddetta “sicurezza”.

I numeri indicano che, in realtà, i reati sono in calo? «I numeri – risponde Fontanini – contano poco. Se c’è una diffusa percezione di insicurezza significa che è necessario invertire la direzione per non peggiorare ulteriormente le cose». Quindi, il fatto che i reati stiano calando non è importante; come importante non è tentare di far ragionare, proprio sui numeri, i cittadini, ma seguire pedissequamente, a caccia di voti, le loro sensazioni, a prescindere dal fatto che siano giustificate, o meno.

Il modo? Semplice: «Riproporre la sperimentazione delle squadre di sicurezza già avviata a Pordenone per aiutare le forze dell’ordine a controllare il territorio». In pratica, le ronde. Facendo diventare anche qui “rovescio” il diritto. Perché – forse è meglio ricordarlo a chi non frequenta spesso quella lettura – la Costituzione, all’articolo 117, sottolinea che, tra le varie materie in cui «lo Stato ha legislazione esclusiva», al punto H, c’è «l’ordine pubblico e la sicurezza, a esclusione della polizia amministrativa locale» che, intanto, deve essere dipendente – e quindi stipendiata – da un ente locale, ma che, anche se recentemente armata per scopi di eventuale legittima difesa, deve rimanere comunque impiegata soltanto in riferimento a possibili reati di tipo amministrativo. Nella Repubblica italiana, infatti, il mantenimento dell’ordine pubblico continua a essere affidato esclusivamente, tranne che all’interno di proprietà private, alle forze dell’ordine, appunto.

E non sono minimamente previste forze di polizia privata (magari in divisa verde, o adesso azzurra, per richiamare l’idea politica, oppure bruna, per rifarsi ai più conosciuti predecessori) che abbiano il diritto di fermare chicchessia; né italiani, né stranieri; né di pelle bianca, né di alcuna sfumatura più scura; né di lingua italiana fluente, né incerta. Per capirci, se qualcuno che non appartiene alle forze dell’ordine pretendesse di fermarmi per un controllo, io – rispettosissimo di polizia, carabinieri e guardia di finanza – risponderei educatamente di no e me ne andrei avanti, se di buona luna; risponderei in maniera decisamente meno educata e comunque andrei avanti, se di cattiva luna, o se l’insistenza dei “rondoni” diventasse eccessiva.

Ma il problema reale – non servirebbe neppure dirlo visto che la realtà dei numeri viene considerata priva di valore – non è quello della sicurezza, bensì di una ben marcata eterofobia ben spiegata con la frase «Dobbiamo far percepire ai migranti che Udine non sarà più una città di buonisti, ma una città nella quale si pretende il rispetto delle regole». Ai migranti, non ai cittadini tutti, come se il rispetto delle regole non riguardasse tutti, o come se i residenti e gli italiani in genere fossero totalmente alieni da qualsivoglia forma di infrazione delle leggi e delle regole.

Con tutto il rispetto per Fontanini, vorrei almeno fargli notare che in nessun caso, per quante ronde lui possa sognare di far circolare per le strade, tutta Udine diventerà mai come vorrebbe lui. Perché qualcuno – anzi, visto il comportamento tenuto finora dai cittadini, una grandissima parte della popolazione – continuerà a rimanere “buonista”, come ama definirla lui, ma, più semplicemente e più realmente, solidale con chi soffre e chiede aiuto, con chi non ha e domanda soltanto di che vivere in pace. Forse l’attuale differenza sociale e politica maggiore tra chi ha diritto di voto è proprio quella di interrogarsi se, davanti a chi soffre, ci si domanda per prima cosa da dove viene, che lingua parla, se la sua pelle è abbronzata, o è così naturalmente, oppure, semplicemente, chiedersi se ha fame, o se sta male, e come si può aiutarlo.

Mi piacerebbe che qualcuno tentasse di spiegarmi, se è vero che non ha più senso parlare di "destra" e "sinistra" e se le ideologie hanno fatto il loro tempo e devono sparire, perché questa tesi debba riguardare soltanto le ideologie di sinistra e di inclusione, e non quelle di destra e di esclusione.


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