giovedì 8 giugno 2017

Cercando una discontinuità

Per Dante non ci sono dubbi: i bugiardi, i falsari, i truffatori – quelli di cui parla nel trentesimo canto dell’Inferno – sono evitati da tutti perché puzzano e sono tanto rabbiosi, forse perché i loro tentativi di imbroglio non sono andati a buon fine, che finiscono per azzuffarsi tra loro. Sembra una descrizione ante litteram di parte dell’attuale politica italiana in cui a dominare non sono coloro che operano per il bene di tutti, ma quelli che fuori dal Parlamento sarebbero incriminati per millantato credito e che dentro il Parlamento si accusano l’un l’altro di tentata truffa, dimenticando bellamente tutte le proprie promesse non mantenute, tutti i tradimenti effettuati a scrutinio segreto.

Talvolta, come nel caso di questo mostro di legge elettorale che pretende di richiamarsi al modello tedesco con il quale, però, ha più differenze che rassomiglianze, il caos che ne deriva può rivelarsi addirittura benefico facendo naufragare l’ulteriore progetto di allontanare sempre più la gente da quel potere di scelta che dovrebbe essere sacrosanto se ci si vuole richiamare alla parola democrazia senza arrossire. Sta di fatto, però che, se naufraga la legge, non scompare l’inclinazione alla bugia.

Questa volta – e non è la prima – sono i grillini a essere colti con le mani nel sacco grazie a un intoppo – casuale? – del tabellone elettronico che ha reso palese quello che doveva essere un voto segreto su un emendamento, ma sentire il capogruppo PD, Ettore Rosato, dire che «Oggi il M5S ha dimostrato che la sua parola non vale nulla» non può non far sorridere perché sostanzialmente è vero, ma si passa allegramente sopra il fatto che i franchi tiratori sono sempre stati una specialità del PD e che questo non si è verificato soltanto con la mancata elezione presidenziale di Romano Prodi. Anche se quello è stato il vertice dello schifo di un partito che cancella il proprio fondatore per le necessità di un altro capo.

E anche Emanuele Fiano, il dem relatore della legge, sprofonda nel ridicolo scrivendo su twitter che «Non siamo abituati a fare accordi politici con persone che dicono una cosa e ne fanno un'altra». Come se Berlusconi fosse un esempio di consequenzialità tra il dire e il fare e dimenticando che uno dei migliori professionisti nel promettere e non fare è proprio Matteo Renzi.

Ma il problema non è tanto nella legge elettorale che probabilmente - ma non ancora sicuramente visto che era comoda per i quattro giocatori al tavolo - naufragherà e che comunque sarà sostituita da qualcosa di indigeribile e che avrà come unica caratteristica certa quella di evitare che siano gli elettori a decidere chi li deve rappresentare. Il dramma è che non si vede come si potrà interrompere questo circolo vizioso che viene alimentato proprio da coloro che vi abitano già stabilmente e che non vogliono permettere ad altri di inserirsi per cambiare qualcosa.

Giustamente Nadia Urbinati parla de “L’età dell’indifferenza” da parte degli elettori e altrettanto giustamente specifica che questa indifferenza non è nei confronti della politica, ma riguarda i partiti che ormai sono «giudicati misere machine elettorali finalizzati a favorire coloro (i pochi) che più sono attratti dall’esercizio del potere e dai privilegi a esso associati».

L’unica strada per uscire dalla palude è conosciuta da tempo, ma è poco frequentata ed è quella di mettersi in gioco, non necessariamente per andarsi a sedere su qualche scranno, ma soltanto per parlare, discutere, esporre le proprie idee; impegnarsi, insomma, quantomeno a non restare desolantemente muti davanti a tutte le tante brutture psedopolitiche che vediamo accadere ogni giorno.

E poi ci vorrebbe una vera discontinuità con questo Parlamento di eletti con una legge elettorale non costituzionale che vuole fare altre leggi elettorali che già puzzano di incostituzionalità e che devono essere frettolosamente cambiate in commissione per ripulirle almeno dalle macchi più evidenti. E l’unico modo per creare questa discontinuità è quella di tornare alle origini con un’elezione puramente proporzionale e con preferenze per scegliere un Parlamento che debba avere come compiti precipui quelli di mantenere i conti a posto e di individuare finalmente delle regole serie e certe. E poi di ridare la parola agli elettori.

Si dirà che sarebbe ben difficile formare una maggioranza. È anche probabile, ma tutti sondaggi affermano che anche con i colpi di genio di Renzi, Berlusconi, Grillo e Salvini, non ci sarebbe alcuna maggioranza possibile. E si tornerebbe in breve alle urne senza neppure avere cambiato le regole.

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