venerdì 2 dicembre 2016

Le buone compagnie

Sembrerà strano, ma non ho mai sentito dare del fascista a Togliatti, né del comunista ad Almirante. Eppure per decenni hanno votato nella stessa maniera contro le proposte politiche della DC. Quindi, secondo il modo di ragionare di Renzi e degli esponenti del Sì, avrebbero dovuto far parte di qualcosa di simile a quell’“accozzaglia” che, nella loro visione delle cose, esiste tra coloro che votano No. “Accozzaglia” che non esisterebbe, invece, al loro interno perché evidentemente – contenti loro – si sentono molto vicini a personaggi come Verdini e De Luca.

E un’“accozzaglia”, sempre dal loro punto di vista, sarebbe stata, a rigor di (loro) logica, anche la Resistenza visto che contro i nazifascisti hanno combattuto insieme monarchici e comunisti, liberali e socialisti, popolari e repubblicani, militari e pacifisti.

Appare davvero impossibile che la loro capacità di ragionamento sia talmente bassa da considerare reale quest’accusa di frequentare cattive compagnie. E, quindi, questo mantra, che si sente ripetere da Renzi e dai suoi sempre più frequentemente man mano si avvicina il momento del voto e appare chiaro che proprio “nel merito” il No ha molte argomentazioni migliori rispetto al Sì, non può che essere catalogato tra le frasi destinate a tentare di far presa sulle fasce più distratte dell’elettorato. Sotto la propaganda, niente.

Come giustamente scrive Zagrebelsky, rispondendo a Scalfari, «l’argomento della cattiva compagnia avrebbe valore solo se si credesse che entrambi gli schieramenti referendari debbano essere la prefigurazione di una futura formula di governo del nostro Paese. Non è così. La Costituzione è una cosa, la politica d’ogni giorno un’altra. Si può concordare costituzionalmente e poi confliggere politicamente».

C’è ben poco da aggiungere a queste parole, se non il fatto che, al tirar delle somme, gli unici che sono “entrati nel merito” sono stati proprio quelli del No, mentre quelli del Sì si sono aggrappati a vuoti slogan, a timori di governi non renziani e di ritorsioni economiche dall’estero. Oltre che, naturalmente, ad elargizioni ai genitori dei neonati, ai diciottenni, che casualmente sono al loro primo voto, ai pensionati, a un’attenzione mai prima neppure sfiorata per gli italiani all’estero, e alla miracolosa chiusura alla vigilia del voto di contratti nazionali di categoria che non soltanto non si chiudevano da tantissimi anni, ma che addirittura erano osteggiati perché si volevano privilegiare i contratti di secondo livello.

Credo che, a poche ore dal voto, più che alle cattive compagnie sia il caso di guardare alle buone compagnie. E mi riferisco a tutte le persone con le quali ho avuto il privilegio di lavorare in questi lunghissimi mesi di campagna referendaria in un Comitato che è nato dal basso, tra gente che sente in sé ideali di sinistra, senza alcun apporto iniziale di qualche esponente politico; che è stato composto soltanto da cittadini che si rifiutavano – e si rifiutano ancora – di diventare sudditi; che non hanno nessuna ambizione di arrivare a cariche politiche, ma che si muovono soltanto perché sentono che è loro dovere farlo; perché hanno elaborato il concetto che, se spesso sentiamo parlare di “diritto di resistenza”, dovremmo parlare, invece, di “dovere di resistenza”; pacifica, democratica e civile, ma sempre resistenza. E, infatti, non si riesce a capire perché siamo tanto pronti a reagire alle invasioni dei nostri territori – di una nazione, o di un privato cittadino che siano – e siamo tanto insensibili davanti alle invasioni dei nostri diritti.

Credo sia in caso di guardare alle buone compagnie anche e soprattutto perché ritengo assolutamente giusto quello che scrive anche Pierpaolo Suber nel suo profilo Facebok quando ricorda che, qualunque sarà il risultato referendario, questo paese si troverà spaccato e dovrà trovare le risorse etiche, culturali e civili per ricostruire un dialogo democratico che è stato violentemente spezzato con modalità che sono sostenute da ambizioni personali e non dalla ricerca del bene del Paese. E saranno quelle buone compagnie le uniche in grado di lavorare per riunificare il Paese perché sono convinti che il bene del Paese è superiore al proprio tornaconto personale.

Tutti gli “Eppure…” li puoi trovare anche all’indirizzo http://g-carbonetto.blogspot.it/

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