mercoledì 10 agosto 2016

Dove vogliono, quando vogliono

I politici si dividono in almeno quattro categorie: quelli onesti (che sono più di quelli che comunemente si dice), quelli onesti e preparati (che invece sono davvero pochissimi); quelli che impiegano la maggior parte del loro tempo a fare propaganda per sé e per il proprio partito; e quelli che, facendo propaganda, sono talmente spudorati da far capire che ritengono tutti gli altri poco più che scemi.


Renzi appartiene indubitabilmente a quest’ultima categoria. Come tutti coloro che sono abituati a falsare la realtà, sa benissimo che bisogna sempre cominciare dicendo qualcosa di vero e, infatti, lui comincia con una realtà palmare, che già tutti conoscevano: ammette, infatti, di avere sbagliato nel personalizzare il referendum. Glielo avevano detto tutti, ma a negare anche ben oltre l’evidenza erano sempre lui e, tra i tanti obbedientissimi, soprattutto la ministra Boschi alla quale, però, bisogna dare almeno un’attenuante, visto che dopo quello che ha detto ieri («Chi vota no offende il Parlamento», che ha avuto bisogno di una spiegazione da parte del suo ufficio stampa e propaganda: «Si riferiva soltanto alla sinistra PD») ha dimostrato ancora una volta che, ancor prima di imparare a scrivere una legge, avrebbe bisogno di imparare a parlare.

Ma torniamo a Renzi che, dopo aver detto una verità lapalissiana, ha subito riportato il tono del discorso sul binario della propaganda più becera, quella che fa capire che chi ne è l’autore ritiene la gente una massa di scemi e ignoranti. Renzi, infatti, riferendosi al suo tentativo di riforma costituzionale, ha detto con una faccia da pokerista consumato: «Pensate che bello mettere sul fondo della povertà i 500 milioni risparmiati sui costi della politica». Ora vi chiedo: in questo caso dareste più credito a un presidente del Consiglio che comunque ormai ha legato il suo destino politico all’esito del referendum costituzionale, oppure alla Ragioneria dello Stato? Perché se siete orientati a dare maggiore fiducia a un ente che non è politico in quanto rimane in piedi a prescindere dai risultati delle elezioni, allora non di 500 milioni di risparmi si tratterebbe con lo stravolgimento del Senato, bensì di 57,7 milioni che la Ragioneria calcola partendo – cosa che evidentemente per Renzi e Boschi è troppo faticosa, o troppo astrusa – dal bilancio di Palazzo Madama, da cui si evince che su un costo totale della struttura che si aggira sui 540 milioni, gli eletti “pesano” per 98 milioni, cioè per circa il 18 per cento. Calcolando che ai nuovi senatori un rimborso spese (per viaggio, vitto e alloggio) bisognerà pur darglielo, i risparmi finali si assesteranno tra il 10 e il 15 per cento, cioè proprio tra i 50 e i 60 milioni di cui parla la Ragioneria. Molto meno di quello che costerà il secondo turno previsto dall’Italicum e molto meno di quello che è costata la decisione di Renzi di non voler accorpare alle amministrative il cosiddetto “referendum sulle trivelle”. Probabilmente quella volta era tanto distratto dalle necessità delle compagnie petrolifere da non riuscire a pensare al fondo della povertà. E, comunque, vale la pena di perdere parte della propria democrazia per 57 milioni che corrispondono circa a un ottavo della spesa prevista (prima delle future revisioni) per il terzo lotto della terza corsia autostradale, quella che va da Fossalta a Gonars?

Possiamo anche lasciar perdere il tentativo di paragonare i sostenitori del no a Bertinotti perché a tutti appare ridicolo il paragone a livello d’importanza tra la diminuzione di un’ora settimanale sull’orario di lavoro e lo stravolgimento di una Costituzione che ha salvato l’Italia dal dopoguerra a oggi arginando spesso anche le velleità di tanti politici che, trovandola scomoda per far diventar realtà in fretta i propri desideri, hanno tentato di stravolgerla.

Quello che, invece, importa, è che Renzi oggi dice – e la Boschi pedissequamente ripete – che «ora bisogna dire la verità sul merito della riforma». E allora mi piacerebbe sapere, chi o che cosa finora gli ha impedito di dirla, ma anche cosa finora lui ha detto agli italiani. Poi credo sia necessario anche fissare dei paletti perché, sul piano dell’informazione, la Rai, dopo la sostituzione di alcuni direttori, è sempre più schierata sul fronte renziano, mentre i giornali non possono non annotare le centinaia di interventi istituzionali del presidente del Consiglio ai quali non corrisponde, però, la possibilità di altrettanti momenti dedicati ai sostenitori del no.

Ora si vede che Renzi ha trasformato anche le Feste dell’Unità (cambiate loro il nome, per favore: non ha più senso) in momenti di propaganda sulle sue tesi. E allora ai sostenitori del no non resta che dire che sono totalmente d’accordo con Renzi: «Ora bisogna dire la verità sul merito della riforma». E l’unico modo per farla apparire, questa verità, è contrapponendo le ragioni del no a quelle del sì. I comitati del no sono pronti a farlo, dove i sostenitori del sì vogliono e quando vogliono, anche più volte in ogni comune. E, proprio per rispetto della verità attendono una risposta a questo invito.

Tutti gli “Eppure…” li puoi trovare anche all’indirizzo http://g-carbonetto.blogspot.it/

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