domenica 29 maggio 2016

I beni più preziosi

E per fortuna che Renzi e i suoi hanno chiesto di moderare i toni. Lasciamo pur perdere gli affondo del trio Renzi–Boschi–Napolitano che ritengono che chi non approvi le loro mire è inciucista/ultradestra/offensivo (ma l’elenco potrebbe continuare a lungo), ma adesso ci si mette anche il ministro Franceschini che, con leggerezza, dice che votare NO al referendum costituzionale «è un vero atto contro il Paese». Poi specifica che non si deve usare «una riforma attesa da trent’anni per l’obbiettivo finale di buttare giù Renzi», ma il concetto non cambia, sia se la reprimenda è rivolta all’intera Italia, sia se è limitata alla sinistra del PD. Il concetto non cambia, perché comunque, secondo Franceschini, il destino della Costituzione e quello di Renzi sono inestricabilmente connessi. Se penso che nel 2009 ho guardato con simpatia alla sua elezione a segretario del PD, mi vengono i brividi.
A Franceschini sarebbe utile ricordare che l’iniziativa di unire strettamente il destino di questo governo al risultato del referendum, non è stata decisa da nessuno se non da Renzi stesso. E che allora sarebbe facile rispondere a Franceschini che lui pretenderebbe che gli italiani votino sì alla riforma Boschi soltanto per salvare Renzi e il suo governo, di cui casualmente Franceschini fa parte.

Ma sono anche altri gli argomenti da portare per discutere su un argomento che non mi appassiona affatto perché come ho già detto più volte, a me del destino politico di Renzi importa poco o nulla, mentre mi importa molto del destino democratico di un Paese nel quale vivranno mia figlia, mia nipote e i loro coetanei.

Per prima cosa sarebbe il caso che tutti – a partire proprio da coloro, come i politici, che dovrebbero pensare al bene del Paese – si ricordassero che la Costituzione è più importante di qualsiasi governo. Dovrebbero, insomma, cominciare a parlare davvero del merito della riforma costituzionale e non del destino di un uomo che sa che si fa meno fatica a comandare che a governare e che non si rende conto che sono alte le probabilità che a comandare la prossima volta non sia lui, ma potrebbero essere Grillo, o Salvini.

Ma poi, sempre per quel mio pallino di seguire il dettato della Costituzione, sarebbe il caso che Renzi si ricordasse che lui non se ne può andare e basta: senza aver avuto una sfiducia dal Parlamento, deve presentare le dimissioni al Presidente della Repubblica e poi aspettare che il Capo dello Stato lo mandi alle Camere per la fiducia. Questo darebbe al PD il potere di decidere sulla sorte del suo segretario. Chissà cosa deciderebbe?

Ripeto ancora una cosa: che non capisco perché dovremmo disperarci se Renzi non ci fosse più. Quanti presidenti del Consiglio sono caduti? Tantissimi. Eppure la Repubblica Italiana esiste ancora e ogni volta gli italiani hanno scelto quale fosse l’alternativa migliore – o meno peggiore – possibile.

Dal mio punto di vista molte volte gli elettori hanno sbagliato, ma il succo della democrazia consiste proprio nel fatto che l’infallibilità non esiste e che non sempre chi vince con i numeri è nel giusto con i principi. E anche di questo i padri di quella Costituzione che ora Renzi ambisce a distruggere erano pienamente consci e hanno agito di conseguenza.

È evidente che non so cosa potrebbe uscire dalle urne, soprattutto con una legge folle e – credo fortemente – anticostituzionale. Quello che so con certezza è che Renzi, per salvare se stesso e il suo governo – sta mettendo sui piatti della bilancia non soltanto il bene preziosissimo della Costituzione, ma anche quello ancor più prezioso dell’unità del Paese che, già fortemente minata dal ventennio Berlusconiano, ora rischia di uscire da questa vicenda ridotta in macerie. 

Caro Franceschini, anche questo deve essere pagato nel nome di Renzi?

Tutti gli “Eppure…” li puoi trovare anche all’indirizzo http://g-carbonetto.blogspot.it/

Nessun commento:

Posta un commento