sabato 23 aprile 2016

La sincerità di Davigo


Conosco Piercamillo Davigo da molti anni e ho tanta stima della sua persona che non mi è possibile restare in silenzio mentre la cosiddetta politica si scaglia contro di lui. E questo non per cercargli scuse di cui non ha sicuramente bisogno, ma soltanto per ristabilire la verità di quello che ha detto e, conseguentemente, per mettere nella giusta luce le repliche che sono arrivate a pioggia.
 
Il neoeletto presidente dell’Associazione nazionale magistrati, a leggere l’intervista sul Corriere e le sue dichiarazioni all’Università di Pisa, ha detto alcune cose che qui di seguito riassumo. «I politici non hanno smesso di rubare; hanno smesso di vergognarsi. Rivendicano con sfrontatezza quel che prima facevano di nascosto ».

Poi: «La situazione è peggiorata rispetto a Tangentopoli».

E ancora: «La classe dirigente di questo Paese, quando delinque, fa un numero di vittime incomparabilmente più elevato di qualunque delinquente di strada; e fa danni enormi».
Tutte affermazioni molto difficili da controbattere. E, infatti, le violente reazioni, da Matteo Renzi in giù, si attestano su due altri argomenti. Il primo dice che non è giusto dire che tutti i politici rubano. Il secondo, invece, sostiene che non bisogna alimentare lo scontro tra politica e magistratura.

Il primo argomento è usato in maniera chiaramente strumentale perché Davigo non si è mai sognato di affermare che tutti i politici rubano; anzi. Nell’intervista al Corriere, gli chiedono: «Non esistono innocenti; esistono solo colpevoli non ancora scoperti. Lo disse davvero?». Ed egli risponde: «Certo. Ma in un contesto preciso. Mi citano fuori contesto per farmi passare per matto. Parlavo di appalti contrattati tra partiti e imprese: chiunque avesse avuto un ruolo in quel sistema criminale, non poteva essere innocente; uno onesto nel sistema non ce lo tenevano». E chi lo ha sentito nelle varie volte che è venuto a parlare in regione ricorderà certamente che spesso ha detto che «Non è accettabile la frase che dice: “Sono tutti ladri”. Se la sento dire, mi arrabbio e ribatto che io non rubo».

Il secondo argomento, invece, sa di antica voglia di non far venire a galla le cose che non vanno; non per eliminarle dalla realtà, ma semplicemente dalla vista. Davigo non alza il livello di scontro con la politica; semplicemente mette in rilievo alcune realtà incontrovertibili: «Prendere i corrotti è difficilissimo. Nessuno li denuncia, perché tutti hanno interesse al silenzio: per questo sarei favorevole alla non punibilità del primo che parla. Il punto non è aumentare le pene; è scoprire i reati». E anche per questo difende le intercettazioni dall’ennesimo attacco volto a depotenziarle.

Per capire come si comporta Davigo è utile ricordare che un giornalista gli ha chiesto: «Perché il giorno della sua elezione all’Anm, parlando di Renzi, ha detto: “Quel ‘brr che paura’, rivolto alla magistratura è una cosa che non mi è piaciuta per niente”?». E il neopresidente di Anm ha risposto: «Perché non mi è piaciuta per niente». Insomma una risposta che dimostra ancora una volta che predilige la verità alla diplomazia.
 

Ora è questo il punto: la verità non serve per essere detta a qualsiasi costo e fine a se stessa, ma perché senza verità è addirittura inutile cominciare a discutere, se si vuole costruire qualcosa. È chiaro che chi è al vertice e preferisce comandare piuttosto che governare non ama particolarmente la verità, ma è altrettanto chiaro che, se si vuole tentare di uscire dalla palude nella quale ci siamo cacciati, la verità qualcuno deve pur cominciare a dirla. E soprattutto nel campo della giustizia dove la verità – per quanto è umanamente possibile – dovrebbe essere inscindibile dalle indagini, dai procedimenti e dalle sentenze. Sulla verità in politica, invece, il discorso è più complesso in quanto la politica è diventata sempre più propaganda e sempre meno convinzione nei valori nel nome dei quali si dice di agire. Quindi, proprio come nella pubblicità, la verità diventa un orpello spesso inutile, se non addirittura dannoso.

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