venerdì 22 gennaio 2016

La tentazione

Verdini e i suoi diventano determinanti al Senato per dare via libera alla riforma costituzionale e Renzi, ineffabile, afferma che si tratta soltanto di una cosa casuale e che non per questo Verdini entra in maggioranza. Ma circa ventiquattr’ore dopo i verdiniaini sono “premiati” con tre vicepresidenze di commissione. Questa volta le rassicurazioni di Renzi appaiono difficilmente digeribili addirittura per la frantumatissima sinistra del PD, ma molto probabilmente per l’ennesima volta l’ex sindaco di Firenze continuerà a imporre le sue volontà senza eccessivi problemi reali. 

Il medesimo Renzi continua a esaltare i cosiddetti “risultati raggiunti” e a tacere ostinatamente sulle cose non fatte soltanto perché odorerebbero vagamente di sinistra e rischierebbero di indisporre, oltre che Verdini, qualche alfaniano, anche se non lo stesso Alfano che ha dimostrato capacità digestive degne di uno struzzo.
 
Lui stesso, oltre che il ministro Boschi, nuota sempre più al largo nelle perigliose acque del mare dei conflitti di interessi, ma piuttosto che parlare di queste cose, per le quali manca ancora una legge seria, preferisce presentare come nuova una legge già esistente contro gli assenteisti e, per ulteriore precauzione, fa di tutto per distrarre gli italiani ingaggiando un scontro con Junker alzando vertiginosamente i toni su argomenti di tipo europeo sui quali già da anni si discuteva, ma quasi soltanto per ingannare il tempo.

Nel frattempo trova ancora l’occasione di legare nuovamente il suo destino politico al risultato del referendum costituzionale: «Se perdo il referendum, la mia carriera politica finisce lì». Cerca, insomma, di far diventare plebiscito sulla sua persona un referendum sulla Costituzione e, obbiettivamente, la tentazione di cedere a questa lusinga ci sarebbe perché liberarsi in un colpo solo dell’attentato alla nostra Costituzione e del capo della fazione che cerca di abbatterla sarebbe davvero una bella prospettiva.

Ma a questa tentazione è necessario resistere perché deve restare sempre chiaro a tutti che l’uscita di scena da parte di Renzi in caso di vittoria degli italiani che vogliono mantenere intatti i principi fondamentali che hanno ispirato i padri costituzionali, sarebbe soltanto un effetto collaterale. Assolutamente piacevole, d’accordo, ma pur sempre collaterale.

Deve restare sempre chiaro a tutti, insomma, che al referendum non si andrà per confermare, o meno, la fiducia a Renzi, ma per scegliere se mantenere intatti i caposaldi della nostra democrazia, oppure per cambiarli. Ad alcuni potrà anche sembrare giusto che qualche cambiamento ci sia, ma il voto deve mettere a confronto proprio le due tesi contrapposte sulla democrazia e sulla Costituzione, non su un piccolo personaggio che si sente grande soltanto perché è riuscito ad arrivare a palazzo Chigi senza mai essere stato eletto dagli italiani, ma soltanto, al massimo, da una parte dei toscani, o dalla maggioranza di coloro che hanno partecipato alle primarie del PD, spesso senza essere neppure vagamente vicini a quelli che erano gli ideali fondativi del PD stesso.

Questo referendum deve essere assolutamente focalizzato sugli aspetti democratici e costituzionali e non su quelli politici perché soltanto così potrà diventare una specie di vaccinazione democratica che potrebbe rendere impossibile continuare a veder sedere sulla sedia del presidente del Consiglio altri energumeni politici incapaci di pensare in termini di democrazia reale e non soltanto di computo di voti che, tra l’altro, ormai, visti i profondi mutamenti del quadro politico parlamentare rispetto alle ultime elezioni – per la maggior parte indotti dallo stesso Renzi – hanno ben pochi legami reali con quello che davvero pensano gli italiani e che, come è stato dimostrato negli ultimi decenni, molto difficilmente i sondaggi riescono a mettere a fuoco.

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