Poco meno di una
ventina di giorni fa Debora Serracchiani, dal palco della Leopolda, ha
affermato: «Chi a sinistra del Pd dice che lo spazio c'è solo fuori dal
nostro partito si assumerà la responsabilità di lasciare spazio ai
populismi». Credo che questa, mentre l’anno vecchio se ne sta andando,
sia una frase perfetta per capire cosa si vorrebbe avere da quello
nuovo. Anzi, per meglio dire, cosa si vorrebbe avere in restituzione da
quello nuovo: quel diritto alla speranza che, praticamente con l’unica
eccezione legata a Prodi, ci è stato sempre più sottratto dai governi
che si sono succeduti da Craxi fino a Renzi.
Debora Serracchiani in pratica vuole
dirci che nel nostro futuro o ci sarà ancora il PD, o le alternative
possono essere soltanto la destra antieuropea, xenofoba e razzista di
Salvini con Berlusconi e Meloni come ruote di scorta, o la democrazia
illiberale, autocratica e antieuropea di Grillo. È la cancellazione,
insomma, di ogni speranza di miglioramento.
Per essere sincero, non escludo di
poter votare, pur con molti sforzi, per il meno peggio e per il non
populista in situazioni di ballottaggio, ma non è nemmeno detto che
nelle macerie che ci circondano possa essere individuato un meno
“peggio” e un non populista. Perché, se vogliamo dirla tutta, populista è
anche chi fa finta di essere di sinistra e si proclama tale, ma fa cose
di destra, salva le banche e affossa i risparmiatori, aiuta gli
industriali e non i lavoratori, continua a cercare risorse nei soliti
modi senza andare mai a colpire i grandi patrimoni, ma preferendo
risparmiare sui malati e continuando a definire “sprechi da evitare”
quelli che in realtà sono furti da punire.
Sono tutti punti sui quali tenterò
di tornare nei prossimi giorni. Per oggi vorrei soltanto augurare a
questo Paese che qualcosa possa cambiare e sia in grado di offrirci un
ventaglio di scelte più ampio, che possa portare a un cambiamento, che
possa ridare tridimensionalità a quei valori di sinistra di cui molti si
riempiono la bocca, ma che si guardano bene dal mettere in pratica.
E contemporaneamente vorrei anche
sottolineare che la speranza, se si vuole che possa tornare a essere un
diritto, ancor prima deve essere un dovere. Se si pensa davvero,
insomma, che qualcosa possa e debba cambiare in meglio, che si possa
riprendere a sperare, allora è necessario impegnarsi su quello che
ognuno sa fare meglio, ma anche sulle cose che si devono ancora
imparare. Tutto questo, ovviamente, se si è davvero convinti che la
propria dignità sia importante.
Tutti gli “Eppure…” li puoi trovare anche all’indirizzo http://g-carbonetto.blogspot.it/
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