giovedì 29 ottobre 2015

Il trattino

Pare incredibile come un piccolissimo segno grafico – un trattino – possa diventare protagonista del dibattito politico. Eppure era già successo quanto il Friuli – Venezia Giulia è diventato Friuli Venezia Giulia e molti si erano assurdamente illusi che la cancellazione di una lineetta potesse corrispondere alla cancellazioni delle differenze e delle diffidenze esistenti tra due storicamente diverse.
Ora si discute se inserire nuovamente il trattino tra le parole “centro” e “sinistra”, oppure se lasciare le due parole unite tra loro, sottintendendo che quel piccolo segno lascia pensare a un’alleanza, mentre la sua assenza fa presupporre un’unione. Per la restaurazione del trattino si esprimono il prodiano Franco Monaco e il deputato pd Carlo Galli; a guardare con orrore alla sua restaurazione è Arturo Parisi che afferma che non avrebbe senso dividersi per poi allearsi; in pratica, ricreando l’Ulivo dopo che si è fatta tanta fatica per costruire il PD. Come se la fatica fatta per realizzare una cosa sbagliata potesse renderla automaticamente giusta.

Per fortuna, mentre alcuni discutono se tenere o meno il trattino, altri si danno da fare. Sono stati presentati svariati ricorsi contro l’Italicum alle Corti d’appello con lo scopo di finire in breve davanti alla Consulta a denunciare l’incostituzionalità di una legge che non ha tenuto conto dei principi affermati dalla stessa Corte Costituzionale nella sentenza che ha cancellato il Porcellum. E sono stati presentati in Cassazione anche due quesiti referendari, mentre si sta già cominciando a lavorare per il referendum nel quale si conta di affossare la cancellazione del Senato.

E intanto, mentre anche Corradino Mineo è uscito dal gruppo PD al Senato, in previsione delle importanti amministrative di primavera si comincia già a tentare di costruire una nuova realtà di sinistra che difficilmente potrebbe già puntare a vincere, ma che ha lo scopo di raggruppare tutti gli insoddisfatti del PD – molti dei quali altrimenti non andrebbero neppure a votare – per far capire al PD che la sua svolta a destra non è accettata e che soltanto tornando a guardare socialmente e politicamente a sinistra e non distruggendo il nostro patrimonio costituzionale questo partito potrà avere ancora un futuro.

Alle preoccupazioni di Parisi che spera che il PD non subisca scissioni, si può tranquillamente rispondere che con l’Ulivo vinceva Prodi che realizzava cose di sinistra. Con il PD vince Renzi che realizza cose di destra. Non si tratta soltanto della presenza, o meno, di un trattino, ma di vera e propria sostanza politica e sociale. Per dirla con un linguaggio caro a Bersani, di una ditta totalmente diversa da quella di una volta.


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domenica 18 ottobre 2015

Giusto e ingiusto

A Udine il presidente del consiglio pro tempore, Matteo Renzi, ha detto che «abbassare le tasse non è né di destra, né di sinistra: è giusto». Ed è rimasto lì ad aspettare gli applausi che doverosamente spettano a ogni frase a effetto. Teoricamente tutti potrebbero limitarsi ad applaudire e ad annuire davanti alle acrobazie oratorie dell’ottimista toscano e poi passare a pensare a come spendere i tanti euro che rimarranno loro in più in tasca.
Ma i meno distratti non possono non ricordare che in un libretto che Renzi vuole cambiare a tutti i costi in alcune sue parti – e soprattutto nello spirito – e che si chiama “Costituzione”, si precisa, all'articolo 53, che «Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva» e che «Il sistema tributario è informato a criteri di progressività». E, quindi, che tagliare, sia le tasse di poche centinaia di euro ai meno abbienti, sia quelle di alcune migliaia di euro ai più ricchi non soltanto non è giusto, ma finisce per realizzare una progressività al contrario.

Dalla frase di Renzi, comunque, deriva, lapalissianamente, che aumentare le tasse non è né di destra, né di sinistra: è sbagliato. E, allora, proviamo a non dimenticare che, nei vari sistemi per recuperare i soldi della mancata tassazione della prima casa, c’è pure quello di inserire nel reddito – e, quindi da tassare – anche la cosiddetta “indennità di accompagnamento” che va ad aiutare a provvedere alle esigenze di chi non è più in grado di camminare, o di provvedere ai comuni atti della vita a causa di un’invalidità al 100 per cento.
È vero che, non essendo legata al reddito, l’accompagnatoria potrebbe riceverla anche Berlusconi, ma sta di fatto che finora andava ad alleviare le condizioni di vita di migliaia di famiglie che soltanto così potevano assistere, o far assistere, un loro congiunto davvero invalido. Ora questa novità crea una serie di disastri non soltanto economici, ma soprattutto umani: intanto, visto che è tassata, diminuisce; poi, facendo aumentare il reddito, può non soltanto rischiare di far scattare nuove aliquote, ma, soprattutto, di togliere ai “beneficiari” il diritto ad altri aiuti e abbattimenti.

Ma anche in questo caso, della progressività costituzionale e, quindi, obbligatoria nella contribuzione ai bisogni dello Stato tra poveri e ricchi, nell’attuale governo nessuno sembra fare la minima attenzione. 

Il fatto è che quando Renzi dice che una cosa «non è né di destra, né di sinistra, ma giusta», dimostra di sapere benissimo cos’è di destra, ma di avere soltanto vaghissime idee di cosa sia di sinistra. E che, quindi, anche il suo concetto di giusto ne risulta piuttosto nebuloso.

Un’ultima cosa: probabilmente per il fatto che sono sempre andato a votare alle primarie del PD, e, quindi, da quel partito sono considerato “simpatizzante”, questa mattina presto ho ricevuto una mail firmata dai vicesegretari Lorenzo Guerini e Debora Serracchiani e dal tesoriere Francesco Bonifazi, nel quale mi si chiede di abbonarmi all’Unità perché « è un patrimonio di tutto il Paese, ma è soprattutto un nostro pezzo di storia di cui avere cura». E poi si aggiunge che «ogni suggerimento, critica, idea è non solo benvenuta, ma preziosa per fare un altro passo avanti». Un suggerimento lo regalo volentieri: abbiate davvero cura di quella testata e tornate a fare un giornale e non più un illeggibile foglio di propaganda e di idolatria del capo e allora volentieri potrei anche pensare, se non di abbonarmi, almeno di tornare a leggerlo.

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giovedì 15 ottobre 2015

Chi fa più male?


«Portare dai 1.000 ai 3.000 euro la soglia di utilizzo del contante farà crescere evasione e sommerso». La reazione di Bersani è immediata, ma, probabilmente per non far danno alla “ditta”, per il momento tutto si esaurisce lì.
Cuperlo, sempre attento a non perdere il suo aplomb, dopo aver rivendicato il suo ruolo nella mediazione che ha portato all'intesa con Renzi sul nuovo Senato, afferma: «Siamo leali, ma coerenti».

Michele Gotor non molla neppure per un momento il suo cipiglio, ma annuncia il ritiro degli emendamenti alla parte della riforma del Senato che regola l'elezione del presidente della Repubblica e dice: «Ci va bene il testo così com'è, impedisce che la maggioranza possa scegliere il presidente da sola». Poi, sul soccorso portato a Renzi da Verdini, aggiunge: « I vertici del Pd dicono che l'ingresso dei verdiniani in maggioranza è fantapolitica, ma io credo che, se ci saranno rischi per la tenuta del governo, il tema si porrà».

Speranza, l’unico ossimoro formato da una sola parola, prende posizione sul dopo­Marino: «Per non consegnare Roma alla destra o ai 5Stelle, non ci vogliono diktat del Pd dall'alto, vanno fatte le primarie». Probabilmente con la stessa decisione con cui aveva affermato che «i senatori devono essere eletti direttamente dai cittadini».

È una domanda difficile da porre, e da porsi, e sulla quale meditare a lungo prima di dare una risposta, tanto da motivare un silenzio mai così lungo; ma alla fine appare inevitabile: al centrosinistra, inteso non soltanto come somma di ideologie, ma anche come possibilità politica di portare avanti i suoi ideali distintivi, stanno facendo più male Renzi e i suoi ubbidienti accoliti, oppure Bersani, Cuperlo, Gotor, Speranza e i loro scompaginati compagni, ovviamente non nel senso comunista del termine, ma semplicemente in quello che vuole indicare coloro che credono di fare un tratto di strada insieme?

È una domanda pesante per chi ha sempre avuto grande fiducia in Bersani, ma è anche inevitabile perché a essere responsabili dell’indebolimento della nostra democrazia non sono soltanto quelli che, con fredda determinazione, decidono di farlo perché vogliono un sistema politico e, quindi, sociale, nel quale il potere si coaguli nelle mani di pochi, se non soltanto di uno, ma anche quelli che non fanno il possibile per opporsi. Magari indebolendo Renzi con azioni credibili che facciano preventivare un’uscita in massa dal Pd non soltanto da parte dei suoi elettori tradizionali, ma anche da parte di coloro che si illudono di rappresentarli.

Si dirà: ma loro stanno facendo opposizione dall’interno. E fino a qualche tempo fa questa tesi non mi convinceva, ma neppure me la sentivo di considerarla totalmente sbagliata. Il problema è che adesso ha mostrato indiscutibilmente la corda. Per bene che vada, la minoranza interna del PD riesce a ottenere qualche briciola di accomodamento negli aspetti meno importanti delle decisioni portate avanti da Renzi che non ha usato un cavallo di Troia per distruggere il PD, inteso come partito di centrosinistra, bensì è stato lui stesso il cavallo di Troia che ora sta aprendo le porte della cittadella per far entrare tutti coloro che riterranno per loro utile entrare nel nuovo Partito della nazione, che è l’obbiettivo vero del comportamento tutt’altro che democratico dell’ex sindaco di Firenze e dei suoi fiancheggiatori che addirittura hanno dichiarato apertamente che il presidente del Senato avrebbe dovuto mostrare gratitudine al PD – tra l’altro, comunque a un altro PD – per essere stato eletto.

Ora soltanto il referendum popolare potrà bloccare la sciagurata riforma del Senato che per oltre il 99 per cento è rimasta identica a come Renzi la voleva. Nulla potrà impedire che gli evasori e gli elusori possano tornare a esultare per l’allargamento delle maglie della rete che avrebbe dovuto pescarli. A Roma non ci sarà più un sindaco approssimativo, ma sicuramente autonomo e deciso a combattere Mafia capitale, e potrà tornare a spadroneggiare il PD che, nella sua veste romana, fa davvero rabbrividire. Intanto davanti all’ingresso sempre più massiccio di gente di destra in un teorico partito di centrosinistra, si sprecheranno i mugugni, ma ci si fermerà lì. E poi, quando sarà chiaro che restare nel PD di Renzi è senza speranza per chi ragiona a sinistra, sarà decisamente tardi per creare un polo di sinistra che possa nuovamente far sentire il suo peso su una politica italiana che di idee di sinistra non sente parlare più da tempo.

E, allora, è più che giustificata la domanda: fanno più male al centrosinistra Renzi e i suoi obbedienti accoliti, oppure gli scompaginati oppositori a parole, ma molto raramente a fatti politici concreti?

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