Nel suo
recentissimo “L’animale politico”, Gianluca Briguglia comincia
ricordando una dichiarazione di Margaret Thatcher: «Non esiste una cosa
come la società. Esistono uomini e donne. Ed esistono famiglie». Si
sarebbe tentati di definirla agghiacciante, ma, in realtà, è ingenua
ancor prima che stupida, perché già in sé contiene l’ammissione che
esiste uno stimolo naturale all’associazione e, quindi, i presupposti
per negare se stessa: i singoli, infatti, hanno in sé l’impulso a vivere
in coppie e a formare famiglie; e le famiglie avvertono una spinta
altrettanto naturale a creare uno spazio civile e politico che diventa
etico in quanto dona umanità ai suoi membri che proprio in quell’ambito
possono mostrare doti e virtù, educarsi e crescere culturalmente,
mettere a disposizione degli altri i propri talenti per poter
contemporaneamente godere dei talenti degli altri, uscire dalla barbarie
individualistica per dare forma, appunto, a una società.
Il problema è se questa società
possa e debba essere anche politica. Una risposta affermativa appare
obbligata perché il dialogo e la mediazione sono fondamentali nella
ricerca della felicità propria e comune. Eppure, a guardare il mondo in
cui sembra che ci siamo rassegnati a vivere, si sarebbe tentati di dire
esattamente il contrario perché, visto che la semplificazione è il
contrario della politica, la parte dominante della nostra classe
politica sembra essersi specializzata proprio in quella semplificazione
che è figlia diretta della cancellazione del passato e del futuro per
pensare soltanto al presente, considerando il successo elettorale come
il massimo bene possibile, e subordinando tutto, salute e felicità
compresa, al denaro.
È certo che nella lista delle cose
imprescindibili che ognuno deciderebbe di portare con sé in un’isola
deserta, nessuno includerebbe il denaro, ma è altrettanto vero che nei
Paesi industrializzati (e non solo in quelli) la trasformazione di
denaro in potere è giunta a tal punto da costituire il pericolo più
grave per le democrazie perché, essendo sedi primarie di potere,
subiscono inevitabilmente una specie di assalto in cui chi riesce a
superare le difese, e a entrare nei palazzi in cui si decide, punta a
utilizzare il potere non più a favore della polis, ma di sé stesso, o
dei gruppi che possono assicurargli un ritorno di qualche tipo.
Nemmeno la Thatcher credeva nella
sua frase, ma la usava per respingere le richieste di un welfare
migliore; anzi, per distruggerlo tout court. Ma la Thatcher era e si
dichiarava di destra. La domanda è: come fa un governo che si
autodefinisce di sinistra a elargire i famosi 80 euro alle persone, ma a
scaricare le spese riducendo certi servizi per la società? Come fa a
ridurre oggettivamente gli spazi di scelta della popolazione e quelli di
democrazia perché ritiene necessario privilegiare la cosiddetta
governabilità? Come fa ad accusare tutti gli oppositori – interni ed
esterni – di “fare ricatti”, quando è il primo soggetto a parlare
soltanto per aut aut rifiutando qualsiasi discussione reale e qualsiasi
mediazione possibile?
E, a proposito di denaro e di
corruzione, come fa a lasciare – anche se soltanto ufficialmente – a un
proprio ministro la scelta se dimettersi o no davanti a uno scandalo nel
quale si è scoperto un nuovo apice di corruttela? Il messaggio è
fondamentale e così Renzi ha dimostrato che per lui l’unica cosa
importante è la sopravvivenza del suo esecutivo; non dare l’immagine di
un governo che vuole – e non soltanto a parole – la pulizia – nelle cose
pubbliche. Sembra quasi che lui, cattolico praticante, che non abbia
sentito il recentissimo l’intervento dei vescovi che su Berlusconi hanno
sottolineato che una cosa è l’assoluzione giudiziaria, mentre ben altra
cosa è l’assoluzione morale. Ma, del resto, la stessa idea l'aveva già
data quando proprio con Berlusconi, quella volta già colpevole anche per
la magistratura, oltre che per l'etica, si era messo a decidere come
cambiare la Costituzione in Italia.
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