domenica 8 febbraio 2015

La battaglia per il referendum

Debora Serracchiani, nella sua veste di vicesegretario del PD, ha perfettamente ragione quando dice: «Berlusconi che parla di deriva autoritaria è quasi commovente», rispondendo alla frase «Avvertiamo il rischio che vengano meno le condizioni indispensabili per una vera democrazia e che ci si possa avviare verso una deriva autoritaria». Il problema è che nella sostanza l’ex cavaliere ha ragioni da vendere e che adesso sbraita soltanto perché questa “deriva autoritaria” non sarà lui a gestirla, anche se da un ventennio tentava di realizzarla.
 
Da sempre considero lo stravolgimento assoluto del Senato e la nuova legge elettorale due iatture da evitare a qualsiasi costo, ma adesso la cosa diventa ancora più pericolosa e più urgente perché sempre più vicino alla realtà è quello che fino a poco tempo fa sembrava soltanto un incubo: il Partito della Nazione, che già nella sua esposizione semantica è un ossimoro creato per imbrogliare la gente, visto che partito significa dividere da altri e nazione postula un’unità da non scalfire.

L’incubo diventa realtà perché dopo l’ingresso nel PD di Migliore e di altri esponenti di SEL, ora assistiamo al rientro di personaggi come Ichino, Maran e altri di SC, mentre si stanno spalancando le porte anche a buona parte dei fuoriusciti del M5S. Ne uscirà un guazzabuglio politico indistinguibile.Maria Elena Boschi afferma che il PD è un partito aperto e Pierluigi Bersani ribatte dicendo che il PD non può essere una porta girevole attraverso la quale si può entrare e uscire a piacimento. Ma questo è soltanto un aspetto – e probabilmente il minore – della faccenda.

Il punto fondamentale è che se si proseguirà su questa strada l’esistenza del Parlamento non avrà più alcun senso, se non quello di fare da paravento a un regime più o meno autocratico, perché tutto sarà discusso e votato nell’assemblea del Partito della Nazione e poi le decisioni saranno portate a Montecitorio soltanto per sottoporle a una scontata ratifica di una maggioranza straripante e praticamente invariabile in cui le opposizioni faranno soltanto da figuranti senza diritto di pensiero, oltre che di parola. Anche perché sempre più è guardato con insofferenza l’articolo 67 della Costituzione, quello in cui si dice – difendendo, appunto, l’essenza della democrazia – che i parlamentari non hanno “vincolo di mandato”.

Aggiungete a questa nuova realtà che non ci sarà più nemmeno una seconda Camera capace di riformare gli errori della prima e il quadro diventa completo. Oltre che terrorizzante.

E non ci si venga a dire che chi la pensa come me è soltanto un oppositore di Renzi e dei suoi: diamo loro pure atto di totale buona fede, ma non possiamo non pensare a come sarebbe l’Italia oggi se nel 1992 il Berlusconi vincitore delle elezioni avesse trovato queste regole già in vigore. E a cosa potrebbe succedere in futuro se qualche altro personaggio poco raccomandabile dovesse conquistare Palazzo Chigi.

Chiediamoci, per favore, perché tanti italiani hanno sacrificato la vita durante il fascismo e durante la Lotta di Liberazione con il sogno di una democrazia stabile. Chiediamoci perché i padri costituenti sono stati così attenti a creare contrappesi capaci di disinnescare ogni tentazione autoritaria. Chiediamoci se l’Italia in cui dilaga la corruzione è più virtuosa – e quindi dotata di anticorpi sociali – di quella del 1948.

La realtà è che non siamo mai stati così vicini alla realizzazione di una parte fondamentale del cosiddetto “Piano di rinascita democratica” di Licio Gelli.

La battaglia per il referendum previsto dalla Costituzione in caso di leggi di revisione costituzionale approvate con meno di due terzi dei parlamentari (sempre sperando che questo avvenga davvero) deve cominciare già da oggi.

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