lunedì 16 febbraio 2015

Il problema è nostro

Come dice da sempre Guglielmo Lucilli, ogni problema non deve mai essere visto come “suo”, ma sempre come nostro. E questo vale a qualsiasi livello. Se abbiamo un figlio in situazione di disagio, il problema è nostro, non suo. Dobbiamo viverlo e tentare di risolverlo insieme, non delegarglielo e pensare che il nostro compito sia soltanto quello di fare la morale e di rimproverare, e non, soprattutto, quello di capire le nostre colpe per quanto è accaduto e di impegnarci strettamente insieme a lui per risolvere il problema. E lo stesso vale anche per tante altre cose.
Vale per la crisi economica della Grecia che è tanto nostra che ora – ma era evidente già da molto tempo – rischia di minare le fondamenta stesse dell’Europa, se si continuerà a non capire che l’Unione deve essere sociale e politica molto prima che economica.

Vale per le crudeltà dell’Isis che stanno diventando davvero nostre soltanto perché si sono avvicinate geograficamente ai nostri confini e perché un ministro, in evidente ricerca di visibilità, ha scelto di parlare prima di pensare e di coordinarsi con i tanti altri che di quelle violenze sono già vittime. Ma che con attuale grande evidenza erano nostre già prima.

Vale per la disperazione dei migranti che scappano da guerre, fame, malattie, dittature, violenze, schiavitù. Che non possono non farlo, come non potremmo non farlo noi nelle loro condizioni. E che troppo spesso lasciamo morire nei loro viaggi della disperazione per risparmiare qualche soldo.

Vale per chi non riesce a trovare un lavoro, per chi non riesce a sostentare decorosamente la propria famiglia, per chi non può curarsi decentemente scontando una crisi economica che non potrà non innescare altre tensioni pericolosissime e subendo un’incapacità politica che permette che gli squilibri nella distribuzione della ricchezza raggiunga livelli tali da far pensare a una fredda determinazione proprio da parte della politica, o a una sua incredibile debolezza davanti ai ricchi.

Vale per chi in Italia vede in pericolo la democrazia davanti a certe parodie di partiti e agli attuali ostinati e inaccettabili metodi di forzare la mano legislativa a colpi di maggioranza per realizzare un teorico potere che poi, inevitabilmente, passerà ad altri e che, comunque, toglierà potere a chi la nostra Costituzione vorrebbe davvero appartenesse: quel popolo in cui esistono pure delle minoranze che hanno diritto di parola, anche e soprattutto se quella parola è capace di dimostrare che chi comanda – e non governa – sta sbagliando.

Vale in tutti questi casi e anche in tanti altri. E valeva anche nel passato mentre Hitler, Stalin, Mussolini, i colonnelli greci, i generali argentini e tanti altri della loro stessa risma distruggevano milioni di uomini.

In tutti questi casi del presente e del passato il problema non è mai “suo”, è sempre nostro.

Questo, ovviamente, se pensiamo di essere parte di una comunità e se decidiamo di comportarci di conseguenza. Di una comunità di grandezza assolutamente variabile che spazia dalla famiglia alla specie umana.

Perché nostra non deve essere soltanto la ricchezza: nostro deve essere sempre anche il debito. E non parlo soltanto di ricchezze e debiti pecuniari. Altrimenti, se non ci impegneremo con fatica, con pazienza, magari anche commettendo qualche errore, alla fine ci resterà soltanto il debito che deriverà da ogni problema che delegheremo totalmente agli altri con l’assurda e sbagliata convinzione che il non restarne coinvolti, che il non considerare mai la nostra responsabilità individuale in quello che ci succede attorno, possa assicurarci la tranquillità. Questo impegno è sempre stato il connotato e la spinta di quella vera sinistra che oggi non può non essere costruttivamente rimpianta.

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