venerdì 12 dicembre 2014

Le due ipotesi

Il ministro Lupi ha dovuto fare marcia indietro e revocare la precettazione dei lavoratori dei trasporti per lo sciopero generale di oggi. L’importante è che l’ha fatto dopo una dichiarazione di Renzi che ricordava che il diritto di sciopero è costituzionalmente inalienabile e che può aver agito così, o perché ne è convinto, o in quanto sente che la corda si sta tirando davvero troppo e che il rischio scissione all’interno del PD si sta facendo davvero forte. Quale delle due ipotesi sia vera lo potrà dire soltanto il prossimo futuro e il comportamento dello stesso Renzi nei confronti di altri diritti.
 
Perché è proprio l’atteggiamento nei confronti dei diritti a essere fondamentale per distinguere la sinistra dalla destra. La sinistra punta, con la politica, ad allargare la sfera dei diritti. La destra, invece, sente i diritti come dei paletti, degli ostacoli che finiscono per limitare la libertà di manovra della politica. E, infatti, è la centralità dei diritti fondamentali nel sistema costituzionale che ha fatto parlare alcuni esponenti di destra di “diritti insaziabili”, che si impadroniscono di spazi della politica. Ed è anche in base a questo che, nel tempo che stiamo vivendo, i diritti sono indicati da sempre più persone come un lusso incompatibile con la crisi economica. Si nega, insomma, il diritto di avere diritti.

Ma è proprio nel momento in cui la promessa dei diritti è tradita, o quando si restringono o si cancellano i diritti già acquisiti, che si ferisce mortalmente una democrazia che non può essere soltanto un insieme di procedure. Perché non sono i diritti ad essere insaziabili, lo è la pretesa dell’economia di stabilire quali siano i diritti compatibili con se stessa. Dunque, quando si ritiene che i diritti siano un lusso, in realtà si dice che sono lussi la politica e la democrazia. Quando si dice che i mercati “chiedono”, si conferiscono alla sfera economica le prerogative della politica e dell’organizzazione democratica della società.
 

I diritti non invadono mai la democrazia, ma impongono di riflettere su come debba essere esercitata la discrezionalità politica. Ed è proprio in tempi di risorse scarse che è giusto rimettere al centro di tutto i diritti individuali per reagire alla spersonalizzazione di una società che non ha più visioni future, tenendo ben presente che questi diritti possono sostanziarsi soltanto in un contesto socialmente propizio e politicamente costruito. Contrapponendo i diritti alla politica si corre il rischio di perdere i primi e di vivere con una politica svuotata di diritti, principi etici e valori. E allora il concetto di diritto perde sostanza e diventa soltanto un vuoto simbolo da sbandierare quando si vuole imporre altrove, in maniera imperialistica, la cultura occidentale – oggi il neoliberismo – mentre intorno crescono le diseguaglianze, la povertà, le discriminazioni, il rifiuto dell’altro, perché viene negata la dignità stessa della persona. Altri tempi rispetto a quando le più forti innovazioni furono decise dai vinti, l’Italia nel 1948 e la Germania nel ’49, che non si aprono con riferimenti a libertà e uguaglianza, ma al lavoro nella prima, e alla dignità nella seconda, per sottrarre l’uomo a qualsiasi potere esterno.

In crisi oggi sono i diritti al lavoro, all’istruzione, alla salute, alla sanità, alla parità di genere, all'identità, alla casa e così via. Desidero soffermarmi, invece, sul diritto alla democrazia che, come tutti i diritti, non è naturale, ma è stato conquistato con sofferenze e sacrifici dei disobbedienti, degli oppositori e dei resistenti e che deve essere sempre attentamente salvaguardato perché non è detto che la perdita della democrazia debba necessariamente essere un evento clamoroso e traumatico; anzi, per evitare reazioni, spesso assomiglia a un lento trascolorare verso una qualche forma di oligarchia. È quello che sta succedendo da un bel po’ di tempo, anche nel nome di quella cosa apparentemente magica e in realtà terrorizzante, che si chiama “governabilità”.

Per arrivare a questo scopo la nostra bella Costituzione viene ignorata, oppure si tenta di cambiarla. Per dare un solo esempio, non è forse un evidente colpo alla democrazia la cancellazione della rappresentatività diretta di quel Senato che serviva proprio a moderare quel potere che si sarebbe stabilizzato un’unica Camera?

E vediamo che anche le leggi elettorali possono servire ad allontanare sempre di più il démos, il popolo, dal kràtos, dal potere, come quell’Italicum, nato dall’unione delle menti di Renzi e del pregiudicato Berlusconi, che riesce a peggiorare anche il Porcellum, irridendo la sentenza della Corte Costituzionale. Lo smodato premio di maggioranza alla lista o alla coalizione ricorda molto da vicino la famosa “legge truffa” del 1953. Ma quella fu avversata dalla sinistra, mentre questa è sostenuta, oltre che dalla destra, anche da chi vorrebbe farsi passare per la sinistra.
 
Poi, mentre il concetto di rappresentanza assume contorni sempre più sfumati, fino quasi a scomparire, continua a essere proibita ai cittadini la possibilità di scegliersi i propri rappresentanti con le preferenze, lasciando la scelta tutta in mano ai capi di partiti sempre più personali. Dicono che le preferenze si prestano a maneggi illegittimi e illegali. Possibile, ma non è che le scelte dei capi abbiano brillato per trasparenza, saggezza e lungimiranza. Anche i videopoker si prestano a truffe e raggiri, e fanno ingrassare la malavita, ma in quel caso ci si limita ad arrestare quei pochi che si riescono a cogliere con le mani nel sacco. Di eliminare i videopoker nessuno parla. Come, in realtà, nessuno parla di combattere davvero l'evasione fiscale che è, assieme alla corruzione, la vera palla al piede del nostro Paese.

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