sabato 22 novembre 2014

I valori non sono solo parole

Nella lettera di risposta da parte del presidente del Consiglio a “Repubblica” che ne metteva fortemente in dubbio la sua collocazione politica, Renzi sostiene di essere di sinistra e di agire in tal senso. Ebbene, questa lettera chiarifica molte cose, nel senso che non può più essere messa in dubbio né la netta cesura tra dichiarazioni e fatti, né la sua capacità di usare le parole non per rispettarne il loro significato, ma per usarle – soprattutto nelle aggettivazioni – come specchi deformanti che abbiano la capacità di catturare e riflettere un bagliore distraendo dal buio del contesto.

È vero: bisogna dargli atto che nel Parlamento europeo oggi il PD è «dentro la famiglia socialista», ma questo è avvenuto per «scelte strategiche» che sembrano riguardare più la sua personale collocazione iniziale in seno a un partito giustamente sospettoso, che la politica effettiva del partito stesso.

Dice che non «c’è un uomo solo al comando», ma come altrimenti si potrebbe spiegare la pochezza di un consiglio dei ministri che, tranne poche eccezioni, sembra fatto apposta per non aver la forza di tirare fuori le proprie idee e i propri eventuali dissensi? Quella del Pd sarà anche una «una sfida plurale», ma sta di fatto che ogni dichiarazione programmatica esce sempre e soltanto da una sola bocca e che da quella stessa bocca esce anche ogni reprimenda contro chi non è d’accordo.

Davanti all’accusa di una mancanza di rispetto nei confronti di una storia e di una rappresentanza, risponde: «Non è la mia intenzione, ho un profondo rispetto per il lavoro e per i lavoratori che il sindacato rappresenta». Viene da chiedersi: non fosse così, non si sarebbe limitato a non ascoltarli mai, ma li avrebbe cancellati? E continua: «Sono pronto sempre al confronto, da mesi giro l’Italia in lungo e largo, visitando aziende, stringendo le mani di chi lavora». È vero: da mesi gira per le aziende a stringere le mani agli imprenditori e, se ne stringe qualcuna a chi lavora – ammesso che non sia stato messo in ferie coatte nel giorno in cui era in visita e questo ricorda quel ventennio in cui ai dissidenti era tolta temporaneamente la libertà di movimento quando arrivava il capo del momento – si limita a stringerla. Fare politica seriamente non è stringere mani, ma ascoltare davvero i bisogni di tutti per tentare di migliorare la situazione.

Si lamenta giustamente che il sindacato non ha manifestato contro la Legge Fornero e oggi manifesta contro il Jobs Act. Ma l’errore è stato quello e non questo. E se dice che il sindacato oggi fa politica, dimostra di conoscere poco la Costituzione e anche che cos’è una democrazia compiuta in cui tutti i cittadini, individualmente o tramite rappresentanza, hanno il diritto-dovere di fare politica, di tentare di far star meglio se stessi e tutti gli altri. La democrazia non è soltanto andare a votare ogni cinque anni, anche se in una di quelle occasioni si riesce a raccogliere quasi il 41 per cento.

«Per noi – dice ancora – la sinistra è storia e valori; certo, è Berlinguer e Mandela, Dossetti e Langer, La Pira e Kennedy, Calamandrei e Gandhi. Ma è soprattutto un futuro su cui lavorare insieme per risolvere i problemi delle persone, per dare orizzonte e dignità, per sentirsi parte e avere orgoglio di essere non solo di sinistra, ma italiani». Mi piacerebbe molto che buona parte dei personaggi nominati da Renzi, che sono dei veri monumenti dell’umanità, ma che ho difficoltà a definire “di sinistra” e alcuni dei quali probabilmente in vita avrebbero avuto l’orticaria a sentirsi definire “di sinistra”, potessero esprimersi sulla politica di Renzi, soprattutto nel campo del lavoro e nella destrutturazione del nostro sistema democratico e costituzionale.

Vorrei ricordare che c’è anche gente di destra che onestamente pensa che le sue idee possano migliorare la situazione. Ma con la sinistra c’entrano ben poco perché sono proprio i valori cui fumosamente e fugacemente Renzi accenna di tanto in tanto a essere fortemente diversi.

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