Matteo
Renzi torna tronfio dall’incontro con la Confindustria di Bergamo e
afferma di aver presentato «una manovra di sinistra» e che «se questo
discorso l’avesse fatto qualcun altro, la Cgil avrebbe applaudito».
Ad
ascoltare Renzi spesso si resta sorpresi, ma questa volta non posso
evitare di chiedermi se sia possibile che mi sia sbagliato tanto nel
criticare il suo operato ritenendolo assolutamente squilibrato a destra?
È sicuramente possibile perché non possiedo il dono dell’infallibilità
di cui lui si ritiene, invece, dotato. Ma a questo punto diventa
obbligatorio analizzare un po’ meglio il suo programma.
Abbassare
l’Irap può essere considerato di sinistra? Probabilmente sì, ma visto
che era anche tra i desideri di Berlusconi e Monti, oltre che in quelli
di Prodi e Letta, può essere considerato anche di destra. O, forse, è
soltanto una necessità economica a prescindere da chi sia al governo.
Poi sicuramente conviene alle imprese; soltanto sperabilmente ai
lavoratori.
Anche
l’idea di togliere l’obbligo di versare i contributi per i primi tre
anni di lavoro per gli assunti a tempo indeterminato sembra una bella
idea, anche se pure i predecessori di Renzi avevano messo in progetto
alcune ipotesi simili. Ma due sono le obiezioni ed entrambe minacciano
molto di più la felicità del dipendente piuttosto che quella del datore
di lavoro.
La
prima si riassume in una domanda: chi mai assumerà qualcuno, se non
avrà lavoro da far fare a un nuovo assunto? Della seconda ho già scritto
recentemente e considera il fatto che tre anni senza contributi da
versare con contratti a tutele crescenti e che nei primi anni saranno
debolissime, e con la quasi totale cancellazione dell’articolo 18, se
non in casi estremi, potrebbe far accelerare la già triste giostra dei
turnover aziendali anche se nominalmente nessuno – tranne i lavoratori e
i sindacati – parlerà più di precariato, ma soltanto di necessità
aziendali contingenti.
Difficile,
dunque, dare credito a Renzi quando si erge a campione della sinistra
nel campo del lavoro. Se possiamo permettercelo, gli suggeriamo di
investirsi di questo onore e onere quando arriveranno al pettine gli
enormi nodi del Decreto Lupi che, in termini di edilizia e di opere
pubbliche, continua imperterrito su quella strada che la destra ha
sempre voluto chiamare libertà e che, invece, ha la sostanza
dell’arbitrio. Le cosiddette liberalizzazioni previste da Lupi
consistono, infatti, in cancellazioni di quei controlli e di quelle
garanzie che, se applicate a suo tempo, avrebbero impedito lo scempio
portato a Genova, ma non solo lì, da un’acqua costretta in tante
condotte forzate a cielo aperto create dalla dilagante cementificazione.
Ecco,
un governo che tenta di qualificarsi con politiche che dice di essere
di sinistra dovrebbe opporsi strenuamente a quella distruzione
dell’ambiente che porta morti e a immense spese pubbliche non per
proteggere i cittadini, ma soltanto per riparare i danni. Dicono: “Ma
Lupi e di destra”. Davvero? Ve ne sietre accorti ora? E accettare i suoi
vaneggiamenti è forse di un governo di centrosinistra?
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