Giornata
di grande – e giustissima – indignazione contro Beppe Grillo, che, per
fare il suo spettacolino quotidiano e per attaccare un po’ tutti, non
trova di meglio che parodiare “Se questo è un uomo”, la poesia con cui
Primo Levi apre il suo omonimo libro, e cambia con Photoshop l’immagine
dell’ingresso del campo di Auschwitz, inserendo anche l’agghiacciante
scritta “Arbeit Macht Frei” nella sua polemica di giornata.
È
assolutamente giusto che le organizzazioni ebraiche, quelle degli ex
deportati, quelle della Resistenza, i partiti di sinistra e ogni privato
cittadino che non abbia voluto dimenticare la storia del secolo scorso
si indigni e alzi la voce. E non è per nulla sorprendente che Grillo
continui a rovistare nei maleodoranti abissi del cattivo gusto. Quello
che sorprende – e forse non dovrebbe più – è che gli italiani continuino
a indignarsi a settori. Dov’erano coloro che oggi si sentono offesi
quando Grillo offendeva a rotazione moltissime altre categorie? Perché
stavano zitti e magari sogghignavano sotto i baffi?
Intendiamoci:
le critiche da fare a tutte le categorie di cittadini e lavoratori
italiani sono tantissime e fondate, ma nessuna di queste categorie è
composta soltanto da reprobi e nessuna è da cancellare tout court. Nelle
cose che non vanno le responsabilità sono sempre individuali e non
collettive. Nessuno può mettersi la coscienza a posto davanti ai nostri
quotidiani misfatti sociali dicendo: «Sono stato zitto, ma nemmeno gli
altri parlavano».
Meriterebbe
ricordare quello che ha detto Bertold Brecht rimasticando un discorso
tenuto dal pastore Martin Niemöller nel 1946: «Prima di tutto vennero a
prendere gli zingari. E fui contento perché rubacchiavano. Poi vennero a
prendere gli ebrei. E stetti zitto, perché mi stavano antipatici. Poi
vennero a prendere gli omosessuali, e fui sollevato, perché mi erano
fastidiosi. Poi vennero a prendere i comunisti, ed io non dissi niente,
perché non ero comunista. Un giorno vennero a prendere me, e non c'era
rimasto nessuno a protestare».
Il silenzio è sempre colpevole.
E,
a proposito di silenzio, come si può tacere davanti ai ripetuti vecchi e
nuovi incontri di Matteo Renzi con il condannato Silvio Berlusconi?
L’ex cavaliere è figura di riferimento per tantissimi italiani e
influisce notevolmente nel loro comportamento sociale e politico? È
vero, ma queste considerazioni, pur con le debite proporzioni e i
distinguo del casoi, erano vere anche per Totò Riina. Però giustamente
le trattative Stato-mafia sono oggetto di indagini della magistratura.
La giustizia che ammette eccezioni non è giustizia. E un governante che,
per qualsiasi motivo, rinuncia al concetto di giustizia porta
sicuramente lo Stato che governa sull’orlo di un baratro.
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