martedì 26 novembre 2013

Da dove arriva la politica

Sarebbe stupido illudersi che dal momento successivo alla sua giusta ed eccessivamente ritardata espulsione con ignominia dal Senato, di Berlusconi si possa non sentir parlare più. Sicuramente noi ne faremmo a meno, ma saranno certamente lui e i suoi ripetitori umani a non permettercelo.
Eppure sarebbe necessario distrarsi dalle sue urla scomposte per capire che nel resto del mondo si sta muovendo ancora qualcosa che si chiama politica. E non mi riferisco certamente né all’ennesimo voltafaccia di Casini che, dopo aver detto che su Berlusconi voterà diversamente da Alfano, ora, per tenersi come sempre tutte le porte aperte, spinge per un rinvio; né ai dibattiti tra gli aspiranti segretari del PD tra i quali l’unica cosa di davvero politico che ho sentito la si deve a Cuperlo: «Noi siamo la sinistra, non la parte buona della destra».
Mi riferisco alla Politica con la “P” maiuscola che finalmente si sete risuonare nuovamente in maniera forte, anche se l’origine è del tutto inconsueta, anche se non più troppo sorprendente. Mi riferisco alle parole scritte da Papa Francesco nella sua esortazione apostolica “Evangeli gaudium” con la quale pone sulla nostra e sua strada alcuni macigni come «Devo anche pensare a una conversione del papato»; «Questa economia uccide con la legge del più forte, dove il potente mangia il più debole»; «Un mercato divinizzato in cui regnano speculazione finanziaria, corruzione ramificata, evasione fiscale egoista».
O, ancora: «La crescita in equità esige qualcosa di più. Lungi da me il proporre un populismo irresponsabile, ma l’economia non può più ricorrere a rimedi che sono un nuovo veleno, come quando si pretende di aumentare la redditività riducendo il mercato del lavoro e creando in tal modo nuovi esclusi», per arrivare al «dolore e nostra vergogna per i peccati di alcuni membri della Chiesa» e a «Chiedo a Dio che cresca il numero di politici capaci di entrare in un autentico dialogo che si orienti efficacemente a sanare le radici profonde e non l’apparenza dei mali del nostro mondo. La politica, tanto denigrata, è una vocazione altissima, è una delle forme più preziose della carità, perché cerca il bene comune» ribadendo che «Non possiamo più confidare nelle forze cieche e nella mano invisibile del mercato».
Vorrei proprio sapere quanti di coloro che siedono in Parlamento leggeranno queste parole che dovrebbero mettere completamente in ombra la fine politica di un omuncolo megalomane, egoista ed evasore. La speranza è che d’ora in poi molti dei nostri rappresentanti riprendano a leggere qualcosa di politica. Poi, un po’ alla volta, forse riprenderanno anche a farla, sognando, progettando, pensando al bene di chi bene non sta.
Potrebbe addirittura essere che un po’ di gente torni a votare.

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