giovedì 8 agosto 2013

Il razzismo in doppiopetto

Pubblico anche sul blog questo mio commento già apparso oggi sul Messaggero Veneto in carta e che si riferisce a un articolo scrittovi da Ferdinando Camon nel quale, dopo aver criticato l'atteggiamento della Lega nei confronti del ministro Kyenge, afferma che comunque la scelta di nominare Cécile Kyenge, è sbagliata.
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L’unica cosa che riesco ad apprezzare nel pezzo di Ferdinando Camon “Un ministro italiano sbagliato” è il passaggio in cui scrive «Attenzione a quello che ora dirò, me ne assumo la responsabilità» che, in un periodo di mezze frasi e di impossibili smentite non è davvero poco.
Ma, per il resto, devo ammettere che pochi articoli come questo sono riusciti a indignarmi perché, in definitiva, Camon condanna il razzismo becero e maleducato, ma approva quello – per usare un modo di dire probabilmente dimenticato e applicato a un altro “ismo” – “in doppiopetto”. Le parole, infatti, non si riferiscono a nulla di politico, anche se alla fine lo scrittore tira in campo l’egiziano Magdi Allam che è esponente della destra più conservatrice e del cattolicesimo più integralista (ha rinnegato la conversione con l’elezione di Papa Francesco) che, però, curiosamente considera un atto di razzismo contro gli italiani la designazione della Kyenge, ma non la propria elezione al Parlamento europeo.
Il ragionamento di Camon si sviluppa intorno allo jus soli di cui dice che «per cui uno viene qui e in un attimo è nostro concittadino», mentre invece, uno dovrebbe nascere qui e anche viverci. Ma gli equivoci non finiscono visto che attribuisce l’uso dello jus soli in America al fatto che i «colonizzatori si sono eretti a cittadini aventi ogni diritto, compreso quello di stabilire chi è e chi non è americano». Ma la stessa cosa avviene anche in Italia dove viene invece applicato lo jus sanguinis.
E allora, probabilmente, come dice inizialmente anche Camon, bisognerebbe affrontare il concetto di cittadinanza su livelli diversi che riguardano più l’aderenza alle regole, che al sangue, o al suolo. Lo dice inizialmente, ma poi lo dimentica completamente visto che afferma che la Kyenge è «un’ottima persona, ma che ragiona da extra-italiano».
A parte il fatto che, visti certi esempi italiani, probabilmente il ragionare da extra-italiano potrebbe essere considerato un pregio, vorrei sapere da cosa Camon trae questa convinzione: la Kyenge arriva in Italia a 19 anni; si laurea in medicina alla Cattolica di Roma; a trent’anni si sposa con un italiano e diventa italiana; conosce perfettamente la Costituzione e osserva le leggi di questa nazione; opera attivamente in associazioni interculturali che si occupano non soltanto da migranti; è stata insignita della cittadinanza onoraria da due comuni; da nove anni opera attivamente in politica.
Da Camon vorrei sapere cosa c’è di “extra-italiano” in questa biografia. Oltre, beninteso, il luogo di nascita e il colore della pelle.

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