sabato 6 luglio 2013

Se non i diritti, cosa?

Il presidente della Camera Laura Boldrini rifiuta un invito a una visita a una fabbrica Fiat «causa impegni istituzionali già in agenda», ma approfitta della missiva di risposta per dire a Sergio Marchionne quello che finora ben pochi politici hanno avuto il coraggio di affermare: «Affinché il nostro Paese possa tornare competitivo è necessario percorrere la via della ricerca, della cultura e dell’innovazione. Una via che non è in contraddizione con il dialogo sociale e con costruttive relazioni industriali: non sarà certo nella gara al ribasso sui diritti e sul costo del lavoro che potremo avviare la ripresa».
È una boccata di ossigeno nell’asfittica atmosfera della politica italiana; è una dichiarazione nella quale non mi sognerei di toccare neppure una virgola. Questo, ovviamente, se si è in sintonia con un concetto di socialità che è molto vicino a quelli di uguaglianza e di solidarietà.
Quindi ci si potevano aspettare commenti negativi da parte dei berlusconiani, ma probabilmente – tranne Cicchitto e Matteoli – erano distratti dai problemi innescati dalla rinascita di Forza Italia e, forse, di Alleanza Nazionale. Oppure dai leghisti che hanno sempre visto la Boldrini come il fumo negli occhi perché aiutava quegli extracomunitari che i seguaci di Bossi o di Maroni non riescono a vedere come uomini, ma anche loro dedicano tutta le loro attenzione alle possibili scissioni interne.
E, invece, i distinguo e le dissociazioni arrivano proprio dal centrosinistra, oltre che dal partito fondato da Monti. Segnatevi questi nomi: Esposito, Gozi e Giachetti. Sono figure marginali, ma indicano chiaramente che nel PD ci sono cose che non funzionano e che Epifani e Fassina, con le loro dichiarazioni tese soltanto ad annacquare le polemiche, certamente non risolvono.
Ma Esposito, Gozi e Giachetti – e sicuramente qualcun altro che la pensa come loro, ma non lo dice pubblicamente – si rendono conto che si sta parlando di erosione di diritti? E, allora, potrebbero spiegarmi perché esiste un partito di centrosinistra se non per difendere i diritti dei più deboli, visto che i più forti se li difendono da soli, se addirittura non se ne creano nuovi che assomigliano straordinariamente a degli arbitri.
Il dubbio è soltanto se non si rendono conto di questa realtà, oppure se la usano scientemente per alimentare la lotta tra le correnti del PD. E francamente non so dire quale delle due ipotesi sia la peggiore. Ci sarebbe da sperare, più semplicemente, che abbiano sbagliato partito in cui militare. Perché senza difesa dei diritti cos’è il Pd? Perché qualcuno che al sociale crede dovrebbe votarlo ancora?

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