giovedì 31 gennaio 2013

Principi, sacrifici e conquiste

La storia insegna molte cose e il film “Lincoln” ce lo ricorda soprattutto riportando la nostra attenzione sulla figura di Thaddeus Stevens, interpretato da un bravissimo Tommy Lee Jones: è un uomo – assieme a Lincoln stesso  che ha fatto capire come la parola “compromesso” – o “mediazione”, se si preferisce, o anche “rinuncia personale” – sia nobile se permette di raggiungere obbiettivi fondamentali che portino a un maggiore bene comune. Stevens, convinto portabandiera dell’assoluta uguaglianza di ogni essere umano, rinuncia a parlare con i toni netti e taglienti ai quali è abituato (e a chiedere subito anche il diritto di voto per la gente di colore) pur di ottenere, non allontanando i più tiepidi, l’emendamento costituzionale che cancella la schiavitù dagli Stati Uniti d’America.
Facendo le debite proporzioni, questa è una lezione che dovrebbe essere guardata con attenzione, assimilata e metabolizzata in Italia dal centrosinistra e dalla sinistra che dovrebbero capire che per loro è un dovere quello di essere capaci di restare uniti al fine di raggiungere gli obbiettivi fondamentali, per rimandare eventualmente a un secondo momento la voglia di sbranarsi a vicenda sui principi secondari. Sì, perché anche all’interno della categoria dei principi ci sono principi primari e principi secondari.
Voglio dire che la lotta per i propri ideali non deve mai cessare, ma che è decisamente meglio far tacere temporaneamente una parte di sé pur di avere la possibilità di lavorare insieme per raggiungere un obbiettivo primario, piuttosto che rinunciarvi per difendere orgogliosamente un obbiettivo secondario, laddove la parola “secondario” può anche essere assimilato al concetto di “successivo”.
E, a proposito di parole, torniamo alla negatività insita nella parola “compromesso” che ha un indubbio sapore spregiativo. E allora sostituiamola con "mediazione" e non facciamoci troppo caso perché alla fine non si tratta di parole, ma di ideali e la mia convinzione è che è lecito – anzi, doveroso – sacrificare temporaneamente qualche pezzetto di se stessi pur di riuscire a lasciare chi ci seguirà su un gradino sociale più alto di quello su cui siamo vissuti noi, un gradino più alto dal quale sia possibile conseguire nuove conquiste.
A Stevens va la gratitudine dell’intero genere umano per il sacrificio che ha saputo fare, pur di fare un decisivo passo in avanti sulla strada che lui non sarebbe riuscito a percorrere fino in fondo, ma che così aveva aperta e resa possibile.
A noi resta il compito di capirne l’esempio e di avere la forza di imitarlo. Perché ci vuole più forza a continuare a pensare a nuove soluzioni che a credere di avere già tutte le verità in nostro possesso.

domenica 27 gennaio 2013

Monti fa resuscitare la lotta di classe

Per la prima volta comincio un mio blog con una fotografia. E lo faccio perché temo che altrimenti non ci si crederebbe: il presidente del consiglio uscente e candidato per le prossime elezioni, Mario Monti, affiancato ad Alberto Bombassei, uomo di punta dell’Assindustria. Il fatto è che i due non sono seduti vicini a un convegno sull’economia, sulla crisi, o sul lavoro: stanno partecipando a un comizio elettorale.
E l’incredibile non è che un industriale scenda in politica - la notizia era già conosciuta e già altri industriali avevano seguito questa strada - ma che l’uomo di riferimento della sua lista, continui a dire che è lui – e soltanto lui – ad avere in mente una linea politica equilibrata per la tanto agognata ripresa e che contemporaneamente accusi – lui, proprio lui – la Cgil e la sinistra in genere di essere conservatrici e di lavorare contro il bene dei lavoratori.
Credo che al professor Monti bisognerebbe ricordare che la via Crucis degli esodati è stata inventata e resa concreta dal suo governo; che se vogliamo trovare qualcosa di davvero conservatore è difficile pensare a qualcosa di diverso dalla maggioranza degli industriali; che se pensiamo alla ripresa, appare fantascientifico affidarsi a quella stessa maggioranza di industriali i quali hanno fatto calare l’efficienza dell’industria italiana nelle classifiche mondiali anche quando lo Stato, al di là delle proprie possibilità, li aiutava con frequenti e non trascurabili interventi diretti e indiretti. Come, del resto, sarebbe criminale, oppure idiota, affidarsi alle banche per le quali l'interesse pubblico esiste soltanto se, casualmente, coincide con quello loro.
Ma non è nemmeno questo l’aspetto più importante della fotografia perché, al di là di tutto, la domanda che ci si pone è questa: è stato Bombassei ad appiattirsi sulle posizioni di Monti in cambio di promesse esplicite? Oppure è stato Monti ad appiattirsi sulla parte di Confindustria rappresentata da Bombassei in cambio di altre promesse in termini di voti?
E a dire il vero, tutto sommato, anche sarere la risposta a questa duplice domanda è superfluo, perché in qualunque caso sappiamo già in partenza che a perderci saranno i lavoratori, i precari, i disoccupati, gli esodati.
Forse Monti non se ne rende conto, ma – proprio lui che continua a dire che i concetti di Destra e sinistra sono ormai superati – sta facendo tutto il possibile per ridare forza a quella lotta di classe che altri erano riusciti così efficacemente ad addormentare.