giovedì 28 giugno 2012

I limiti della rassegnazione

Dalla disperazione si può uscire in due maniere soltanto: rassegnandosi e accettando di subire una specie di lobotomia capace di non farci sobbalzare davanti a ogni spregio alla nostra dignità, oppure arrabbiandosi e agendo di conseguenza per cambiare la situazione. Nel primo caso si rinuncia alle proprie caratteristiche di esseri umani e si è certi di essere sconfitti; nel secondo, invece, si riafferma il valore della propria umanità e si va incontro alla concreta probabilità di essere sconfitti, ma anche alla residua possibilità di riuscire a fare qualcosa di buono.
Per illustrare completamente la situazione disastrosa occorrerebbero pagine su pagine. Voglio soffermarmi soltanto su tre cose.
Con il pacchetto lavoro l’articolo 18 è stato sfregiato e lo sfregio è avvenuto con il voto favorevole anche di coloro che dovrebbero avere nel dna la difesa dei lavoratori e non quella dei cosiddetti “mercati”. Non mi sogno di pensare a iniziative rivoluzionarie nel senso proprio del termine, ma davvero è possibile per il centrosinistra massacrare, pur con qualche disagio, quelle che dovrebbero essere le sue radici?
Il ministro Fornero si permette di dire che il lavoro – semplifico, ma è proprio così, nonostante le immancabili e imbarazzatissime rettifiche – non è più un diritto. E tutti stanno lì a chiamarla ancora ministro e a non apostrofarla in maniere poco acconce perché ha giurato su un testo che neppure conosce, oppure che disconosce.
I rappresentanti del Pd regionale vota assieme all’Udc e decreta la fine di Film Commissione dei fondi destinati al film su Eluana per «dimostrare che il centrodestra è spaccato». Scusi, Moretton, ma chi se ne frega? È importante dimostrare che è spaccato, oppure che è sbagliato. Avete ancora, in quell’aula che ha ospitato anche giornate gloriose, l’idea che la politica significa ricercare il bene pubblico, oppure pensate che sia soltanto un giochetto per tentare di vincere le elezioni, quasi non sapeste che la gente vi guarda sempre più annichilita dalla vostra distanza?
Ma è possibile che le uniche apparenze di dissenso e di protesta in questo Paese siano rappresentate dal rancoroso razzismo della Lega, dal vanitoso classismo del Pdl e dal miopissimo populismo di un Grillo che elogia l’Iran e la Siria?
Ma davvero – mi rivolgo al Pd perché è la maggiore forza del centrosinistra – pensate di poter fare scemenze – il turpiloquio è caldamente sconsigliato – per l’eternità? Alla lunga la rassegnazione perde qualunque tipo di fascino.

domenica 17 giugno 2012

Poteri forti e antipolitica

Mario Monti non ha mai amato parlare, al di là delle occasioni obbligate ancor prima che ufficiali. E anche in quelle occasioni ha accettato di parlare, ma ha preferito non dire. Se nel messaggio all’Acri, che associa le Fondazioni di origine bancaria, ha strappato da questa sua abitudine di evitare di entrare nella sostanza dei problemi, allora vuol dire che qualcosa davvero sta accadendo e che con tutta probabilità non si tratta di nulla di piacevole.
Tra le tante cose ha detto: «L'Italia ha attraversato momenti difficili che purtroppo non sono dietro le spalle», e questo era francamente scontato. Poi ha affermato: «Non posso negare che avremmo potuto fare di più e meglio», e anche questa frase non desta eccessiva sorpresa visto che arriva da uno che non fa il politico di professione e che, quindi, non è preoccupatissimo di farsi rieleggere.
Ma sono due le espressioni sulle quali merita soffermarsi: «Il mio governo e io - ha detto Monti - abbiamo sicuramente perso negli ultimi tempi l'appoggio che gli osservatori ci attribuivano da parte dei cosiddetti poteri forti» e «La riforma della semplificazione e del lavoro sono state sottovalutate dal mondo dell'impresa. Penso alla riforme della pensioni».
Bene, quella dei poteri forti è davvero sorprendente: è una vita che sentiamo chi sta ai vertici dello Stato affermare che i poteri forti non esistono; e, allora, due domande. La prima: vogliamo per favore identificarli con nome e cognome, o almeno con la ragione sociale? La seconda: i poteri forti andavano bene a Monti fino a quando sostenevano il suo governo e diventano pericolosi soltanto adesso?
Noi siamo sempre stati convinti che in una repubblica che all’articolo 1 della sua Carta fondamentale recita «La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione», l’unico potere forte ammissibile sia quello che deriva dalle scelte del popolo. Non è che oltre che la politica, anche la tecnocrazia si faccia bellamente beffe di quella «cosa sporca – come diceva Giorgio Gaber in “Qualcuno era comunista” – che ci ostiniamo a chiamare democrazia»?
Altra cosa: ma non abbiamo sempre sentito affermare, dalla Fornero e dai suoi colleghi, che le riforme sociali e del lavoro sono «estremamente equilibrate». E, allora, anche qui due domande. La prima: ma allora era vero che l’occhio di riguardo è stato riservato agli imprenditori che ora lo stanno «sottovalutando»? La seconda: le lamentele dei lavoratori ex dipendenti e ora cassintegrati, esodati o disoccupati non meritano neppure di essere prese in considerazione? Non hanno alcun peso?
Non è la prima volta che si dice che il governo Monti, efficiente sul piano dei desiderata europei e anche nel cercare salvezza dell’Italia ben prima che quella degli italiani (la prima non porta necessariamente alla seconda), non sembra il massimo dal punto di vista dei valori democratici, ma ora sembra davvero sempre più pericolante l’edificio statale italiano che regge dal 1946, anche e soprattutto perché è la politica che davvero dimostra di essere incapace di capire alcunché. L’edificio va in fiamme e loro continuano a spartirsi l’Agicom come se nulla fosse mai successo, o a trovare modi per nascondere la valanga di scandali che entra quotidianamente nelle stanze della politica, o a combinare per salvare De Gregorio dagli arresti.
Ho già detto che sono lontano dalle posizioni populistiche di Grillo, ma francamente, se cerchiamo esempi di antipolitica, è più facile trovarli nei partiti cosiddetti tradizionali che in Cinque stelle.