mercoledì 4 gennaio 2012

Credibilità e democrazia

Ci risiamo: l’articolo 18 torna alla ribalta e come sempre chi lo ripropone lo fa dicendo “È l’Europa che ce lo chiede”. Se non ricordo male, l’Europa ha anche chiesto più equità, suggerendo quella patrimoniale che nella maggior parte degli Stati europei è già vigente; ma di questa richiesta europea questo governo, come quello precedeente, sembra bellamente dimenticarsi.
Il rendere sempre più difficile la vita di chi lavora come dipendente è una richiesta che parte sempre da Confindustria e dalla destra. E come Berlusconi tentava di portare avanti l’attacco al lavoro di propria iniziativa, così Monti lo fa dicendo che “Siamo stati chiamati per fare queste cose e dobbiamo farle anche senza l’accordo di tutti”. E aggiunge: “Dobbiamo farle per combattere il nostro deficit di credibilità”.
Il fatto è che Monti parla soltanto di credibilità da parte dei mercati e non si preoccupa minimamente della credibilità da parte degli italiani in un governo non eletto, ma chiamato per non far affondare la barca. Una credibilità interna che, a parte la materia del contendere, viene fortemente minata anche dalla forma, con la riesumazione della formula dei dialoghi separati con le varie sigle sindacali, una formula particolarmente cara al fortunatamente ex ministro del Lavoro Sacconi, probabilmente il peggiore della storia d’Italia, che ha portato alle stelle la tensione sociale massacrando i lavoratori e continuando a lasciare sull’orlo del baratro economico quelle aziende che già non vi erano cadute dentro.
Se si tratta di scegliere tra credibilità e democrazia, io non ho dubbi nello scegliere la seconda. Per ricostruire un benessere economico di quei pochi che ancora lo hanno e di quelli che non ce l’hanno più potrebbero volerci alcuni decenni di altri sacrifici; per ricostruire una democrazia svilita e dileggiata, oltre che sospesa, potrebbe volerci ancora molto più tempo. E in entrambi i la risalita sarebbe dubbia: nel primo perché i fantomatici mercati sembrano del tutto impermeabili alle dimostrazioni di buona volontà, nel secondo perché nei periodi di scarsa democrazia acquistano nsempre maggiore potere proprio quelli che la democrazia vogliono affossare. Quello che sta succedendo in Ungheria dovrebbe far pensare tutti.

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