giovedì 29 dicembre 2011

Democrazia sospesa

Con l’avvento del governo Monti si è sentito molto parlare di “democrazia sospesa”. Tanto che lo stesso presidente Giorgio Napolitano si è sentito in dovere di intervenire per affermare che la democrazia in Italia non è sospesa per nulla, ma che, anzi, continua nella sua pienezza.
Ho grande stima e ammirazione per il Presidente, ma secondo me questa volta si è sbagliato perché in questo momento la democrazia è davvero sospesa. Il fatto è, però, che si tratta sia di un passaggio inevitabile, sia di un momento di miglioramento e non di peggioramento.
Inevitabile perché la maggioranza non aveva la capacità, né la voglia di fare qualcosa e che la minoranza non riusciva ad avere anche in Parlamento quella maggioranza che possedeva nel Paese.
Di miglioramento e non di peggioramento perché almeno con Monti non si assisterà più all’acquisto di voti parlamentari, né alla realizzazione di leggi ad personam, né allo smantellamento della giustizia, né alla distribuzione di cariche politiche per meriti che certamente politici e tecnici non sono, né alla realizzazione di trucchi per arricchire se stesso o qualche amico sul tipo di quello praticato con la Protezione civile per evitare qualsiasi asta onesta e qualsiasi controllo nell’attribuzione e nella realizzazione delle cosiddette “grandi opere”.
Potremmo addirittura sperare di riavvicinarci davvero a una vera democrazia rappresentativa con l’abolizione dell’attuale legge elettorale che impedisce ai cittadini di scegliersi davvero i propri rappresentanti.
Ma, secondo me, l’errore del Presidente è grave non tanto perché dice una cosa irreale per difendere un governo che in questo momento non può assolutamente cadere, ma perché se si vuole che una democrazia non sia davvero sospesa, bisogna nutrirla accuratamente. E l’alimento più importante per la democrazia resta il dire la verità e i motivi delle scelte. Anche e soprattutto se tutto ciò può apparire – ed è – sgradevole.

martedì 6 dicembre 2011

La cura, i sintomi, la malattia

Mario Monti ha detto che la manovra del suo governo non è la malattia, ma è la cura della malattia. Si potrebbe anche essere d'accordo, pur se lascia molto perplessi una medicina che, con le sue tossine, va a minacciare ancora una volta i fisici più deboli senza andare a toccare quelli forti con ritrovati come la patrimoniale, o una tassa meno scherzosa sul denaro scudato, o la tassa sulle transazioni finanziarie, o altre cose già sentite mille volte in questi giorni.
Quello che lascia perplessi è che in realtà neanche la crisi che stiamo attraversando è la vera malattia: è soltanto il sintomo del vero morbo mortifero che, invece, si annida nella finanza e nella sua totale mancanza di regole oltre che di etica.
Mentre, infatti, la morsa degli speculatori si sta allentando un po' sull'Italia, i delinquenti della finanza internazionale cominciano ad accanirsi su altri Paesi, neppure la Germania esclusa, indifferenti al fatto che mandano alla fame, alla disperazione e, in certi casi, alla morte un bel po' di persone fatte di carne, sangue, sentimenti e dignità.
È lì che la cura dovrebbe essere applicata con durezza e determinazione, con solidarietà tra i vari Stati che, invece, si lasciano inspiegabilmente - a meno di non essere maliziosi - strangolare. È possibile che non possano essere messe in campo quelle regole certe che devono valere per tutti, ma non per chi ha in mano i cordoni della borsa? È possibile che lasciamo che la democrazia svapori per lasciare il posto a una plutocrazia che sembrava soltanto una frase a effetto e che, invede, è terribilmente reale? È possibile che lasciamo invadere e calpestare i nostri diritti senza neppure tentare uno straccio di vera resistenza?
La situazione potrebbe essere descritta come quella di un delinquente che tiene appesa la vittima su un precipizio. La vittima ha in mano una pistola (le regole, intendiamoci!), ma non può sparare al suo carnefice perché precipiterebbe e morirebbe con lui. Eppure la tentazione di sparare finisce per diventare ogni giorno inevitabilmente più forte.